gold-wing.it - "La meta è la strada"

    HOME    

     MOTO            VELA       PENSIERI        LINK           CERCA   
Sei in: MOTO - ITALIA GIAPPONE E RITORNO - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 34

ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876

Andata
10 11 12 13 14 15 16 17 18  
Corea
19 21 22 23 24 25 26 27 28  
Giappone
29 30 31 32 33 34 35 36 37 38

(Altaj: 49/51)

 
Ritorno
39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59
Conclusioni
Ringraziamenti
Motoguida

clicca per il giorno precedente

6.7.2011 - mercoledì - giorno 34
Kyoto (9.01) [+7]
M.Fuji (Lago Yamanaka) (18.42) [+7]
km 435
viaggio h 9.41, guida h 5.37
Gps Garmin
GPX
Google Earth

Fotoalbum del giorno

Ho fatto tardi ieri sera, ma c’era da sistemare la moto. Quindi stamattina riesco a partire solo alle 9. Il programma è di arrivare al monte Fuji.
E’ una bella giornata; finalmente è il sole che mi accoglie quando scendo in strada dall’albergo a prendere la moto.


Un ultimo sguardo alla grande pagoda, che svetta oltre il grande recinto del To-ji, un po’ di meraviglia nel notare davanti a me una Fiat 500 nuova (versione con guida a destra, quindi per il mercato giapponese), ed esco da Kyoto.
                                                                                  

Una buona colazione sull’autostrada Meishin, diretto verso Nagoya, avvicinandomi alla quale scopro che c’è una nuova autostrada (non segnata sulla carta in mio possesso, che mi permette di passare a sud di Nagoya, proseguendo poi in direzione del monte Fuji).
L’attraversamento di Nagoya è spettacolare; la grande città è alla mia sinistra, il mare a destra; l’autostrada passa quindi sul grande porto, con una serie di ponti e viadotti.


Accanto all’autostrada, un grande parco di divertimenti, con le montagne russe che rivaleggiano in altezza con le torri dei ponti.


Bene, questa autostrada trovata all’ultimo momento mi ha fatto risparmiare un po’ di tempo (e soldi, ricordo infatti che le autostrade giapponesi sono carissime, circa 20 cent al km) e quindi stimo di poter visitare almeno il versante sud del Monte Fuji entro oggi.
Dopo Nagoya, la lunga autostrada Tomei che porta fino a Tokyo (ma la mia meta è prima, il Monte Fuji).
Quasi 40°, poco mitigati dalla presenza dell’oceano Pacifico alla mia destra.
Passo accanto al lago Hamana, tranquillo specchio d’acqua costiero: la strada lo supera con un ponte, passando tra lago e oceano.
Se la giornata di ieri mi ha ricordato la storia millenaria del Giappone (con la visita agli antichi templi di Kyoto), il percorso di oggi mi rammenta il suo presente: scorrono infatti, accanto all’autostrada costiera, i nomi della città di Hamamatsu (sede della Suzuki) e Iwata (Yamaha). Ieri sono passato da Kobe (sede della Kawasaki) e tre giorni fa da Kumamoto (sede della grande fabbrica Honda). Ecco completato il quartetto delle grandi case motociclistiche giapponesi.
Supero una colonna di veicoli militari; questo mi ricorda che il Giappone, che dopo la guerra rinunciò ad avere un esercito (si chiamava semplicemente forze di autodifesa), ora ormai (anche su pressione degli alleati americani) ha un esercito vero e proprio, che interviene anche all’estero in missioni internazionali.
Curiosi alcuni tratti di autostrada, dove dei cartelli indicano “Left Route” e “Right Route”: ma entrambe portano allo stesso posto.
Ormai sono a 35 km in linea d’aria dalla cima del Monte Fuji; se fossi fortunato potrei già vederlo, tanto più che oggi è una giornata di sole. Ma non sono fortunato. Guardo davanti a me, ma le nubi, dispettose, sono proprio lì, davanti a me, dove (secondo i miei calcoli) è il monte più alto del Giappone (m 3.776), il suo simbolo, il vulcano universalmente riprodotto nell’iconografia del Giappone.
Sapevo che è difficile vedere i Monte Fuji, tranne in inverno, quando spesso la buona visibilità consente di godere della sua visione. Ma arrivare in moto in Giappone in inverno è improponibile.
Sono a 24 km: mi sembra di vederlo, ma niente da fare, le nubi sono lì, proprio lì, proprio sulla cima del vulcano.


A 19 km dalla cima inizia la salita, dal versante sud. A 16 km (quota m 220) si sembra quasi di toccarlo, lo “percepisco” davanti a me, ma non lo vedo; mi devo accontentare della foto in un cartello.


Sono ormai a 7,5 km dalla cima, quota m 1.250; la strada è bella, con numerose curve nel bosco, e anche molto apprezzata dai motociclisti giapponesi che, a bordo di grosse sportive, mi superano numerosi (io procedo tranquillo e comunque, si fronte a certi bolidi, potrei poco).


Inizia l’ultimo tratto. A 5 km, quota m 1.700.


Cala la nebbia (le nubi che vedevo prima sulla cima del monte).


Finisce la strada, a 2,8 km dalla cima, quota m 2.400.
                                                                                     

Parcheggio la moto in quello che sembra un parcheggio moto, di fronte alla scalinata che segna l’inizio del sentiero pedonale per raggiungere la cima.


Il Monte Fuji è una tradizionale meta per i giapponesi, che, numerosi, lo ascendono (nei mesi di luglio e agosto). La salita non è particolarmente difficoltosa, ma lunga e faticosa. Non ho una particolare voglia di compiere l’ascesa, a parte che comunque non ne avrei il tempo. Vedo numerosi giapponesi che si apprestano a salire o ne discendono.
Sosto un po’ nel piazzale sperando che le nubi si alzino, illudendomi in un piccolo squarcio nel muro compatto che si staglia davanti ai miei occhi. Ma è, appunto, una illusione, e la cima resta nascosta.


Devo quindi accontentarmi delle immagini presenti sui manifesti che annunciano che la stagione delle ascensioni è aperta.
    

Qualcos’altro però attira presto la mia attenzione e non riguarda la montagna. Arriva un piccolo gruppo di motociclisti giapponesi, tra cui due winger! E’ raro trovare Gold Wing in Giappone e beccarne addirittura due è una vera fortuna. Finora l’unico winger incontrato è stato lo “scostante” pilota del 1500 visto a Kyoto, che quasi non rispose al mio saluto.
Questi non me li perdo, anche perché sono fermi e non possono scappare.
Sono due bellissime Gold Wing 1800 bianche, ricche di accessori. I piloti sono padre e figlio e non si sottraggono a una breve conversazione e a una foto insieme. Sono Gold Wing prodotte in Giappone (anche se poche, Honda Japan le vende anche per il mercato interno). Come notato prima, sono piuttosto accessoriate, in particolare quella del padre, molto ricca di cromature.
                                                                                    


Intanto la situazione meteo non è cambiata; sono le 16.30, il sole (quello dietro le nubi) tramonterà alle 19.03, meglio quindi cominciare la discesa; temperatura 16°. Domani proverò l’ “attacco” al vulcano dal versante settentrionale: per oggi è andata così.
Saluto il monte Fuji coperto dalla nebbia


e i due winger che ripartono;


noto la targa a ricordo di Sir Rutherford Alcock (“First British Minister to Japan”), il primo straniero che scalò il Monte Fuji (nel 1860), e mi dirigo lungo la stessa strada che mi ha portato fin qui.
Mi sorpassa subito a razzo un motociclista giapponese, in tenuta un po’ “casual” (scarpe da tennis, calzini corti e pantaloni al ginocchio).


A valle la nebbia svanisce, ma ovviamente la cima del monte Fuji è sempre invisibile. Decido di dormire in campeggio; ne ho visti pochi in Giappone, ma qui dovrebbero essercene: la zona si presta e la mia guida ne segna alcuni, soprattutto nella zona dei Cinque Laghi del Fuji (Fuji Go-ko), sul versante orientale del vulcano. Dirigo in quella direzione e giungo al lago Yamanaka (in giapponese Yamanaka-ko, ko vuol dire appunto lago, come comprendo dopo diversi tentativi di pronunciare il quasi impronunciabile), il più grande dei cinque.
E’ in una bella posizione, a una quota di quasi m 1.000 e da qui è magnifica la vista sul Monte Fuji…. o meglio, lo è quando il vulcano si vede. Ora mi devo accontentare di vedere le nuvole che lo ricoprono. Però so che è lì.


Trovo subito un campeggio, ma sembra chiuso. Come mai? Siamo in una zona turistica e ormai è luglio. Forse è perché la stagione ufficiale non è ancora cominciata (mi sembra che inizi il 15 luglio); certo mi sembra strano, uno spreco. Ma è quello che vedo quando entro nel campeggio che mi fa davvero arrabbiare, così come, purtroppo sempre più di frequente, lo vedo quando campeggio in Italia. Numerosi camper e roulotte occupano buona parte del campeggio, veicoli che ormai di mobile hanno solo il nome, ormai stanziali; un insulto al concetto stesso di campeggio, che presuppone si lasci l’ambiente in cui si sosta così come lo si è trovato, dopo che la sosta è terminata. Che si utilizzi la semplice tenda o un accessoriatissimo e lussuoso camper, il concetto è lo stesso, altrimenti non è campeggio: è abusivismo edilizio, è un affronto alla natura, è lo snaturamento del campeggiare.


Riparto, costeggiando il lago, cercando un altro campeggio, che secondo le mie informazioni dovrebbe essere qualche chilometro avanti. E infatti dopo un po’ trovo il cartello “Camp Site Misaki km 2.2”. Bene, ci siamo. Vedo alla mia sinistra (oltre alle solite nuvole basse che purtroppo continuano a coprire il Monte Fuji) una stretta penisola sul lago (misaki in giapponese vuol dire appunto capo), presumo quindi che il campeggio con tale nome sia su quella penisola.
Dopo però gli indicati 2,2 km ancora nulla, nessun cartello che mi indichi di svoltare a sinistra (cioè verso il lago, dove presumibilmente è posto il campeggio); strano, i giapponesi sono precisi e se hanno indicato 2,2 km tanti devono essere, al massimo saranno 2,3 ma non di più.
Continuo un po’: nulla. Torno indietro: nulla, ritorno “avanti” fino ad arrivare ad un ristorante sul lago, dove chiedo informazioni: mi confermano che il campeggio c’è, ma devo tornare indietro, dove appunto, secondo i mie calcoli e il cartello di prima, dovrebbe esserci il campeggio. Torno indietro, percorrendo la strada quasi a passo d’uomo, per essere sicuro di non saltare alcuna indicazione utile. Quando il mio contachilometri (e il gps) mi dice che sono dove dovrebbe essere il campeggio, mi fermo, ma non vedo nulla. Nulla tranne questo.


Come può facilmente capire chiunque conosca il giapponese… si tratta del cartello che indica il campeggio. Ma io come cavolo facevo a riconoscerlo! Certo che sono strani questi giapponesi. Mi sento comunque un po’ ridicolo quando chiedo a un passante dov’è il campeggio e lui, quasi stupito, mi indica il cartello, come a dire “non sai leggere?!”. Certo che so leggere, caro mio, siete voi che non sapete scrivere! In tutto il mondo, in qualunque lingua siano scritti i cartelli, i campeggi si indicano con l’apposito simbolo internazionale; poi il resto puoi scriverlo anche in giapponese, ma vi costava tanto mettere il simbolo del campeggio per indicare un campeggio?!
Entro quindi nel campeggio, che è a pochi metri.


Non c’è nessuno, né all’ingresso a controllare, né dentro a campeggiare; è il sogno del campeggiatore (almeno di quelli come me): un campeggio tutto per me. Gratis, con tutti i servizi. Il primo problema è… scegliere il posto; problema si fa per dire; guardo un po’ il lago e mi sistemo a poca distanza dalla riva.
Il sole è ormai basso, sotto la linea delle nubi e delle montagne. (sono le 18.42, 21’ al tramonto).
C’è una gran pace: solo io, la mia moto, il lago e, dietro le persistenti nubi, il Monte Fuji.


Mi preparo la cena, in questo mio primo campeggio in Giappone.


clicca per il giorno successivo

gold-wing.it © - tutti i diritti riservati - gold-wing@libero.it
                                     dal 12.2.2007