ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876
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2.7.2011 - sabato - giorno 30
Ochiai (7.00) [+7]
Fukuoka (22.48) [+7]
km 515
viaggio h 15.48, guida h 6.25
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Oggi è una giornata molto importante per me, sia per i "contenuti", che dal punto di vista tecnico: visita di Hiroshima e, stasera, tagliando all'Honda Dream di Fukuoka, dove devo cambiare le gomme (e l'olio) e cercare di riparare qualcosa della moto (stop e frecce).
Sveglia alle 4.30, voglio sfruttare la luce (qui l'alba è alle 4.54, e il tramonto alle 19.32), in modo da avere il tempo per arrivare a Fukuoka a un'ora tale da fare il tagliando in giornata.
La moto è bella asciutta, sola nel "suo" gazebo; arrivo subito al vicino casello e imbocco l'autostrada Chugoku verso sud (in Giappone quasi tutte le autostrade hanno un nome, ben segnalato sui cartelli, che per fortuna sono anche in inglese).
Noto al casello il cartello che vieta l'ingresso, oltre che a bici e moto 125 cc (sempre), alle moto con due persone (se chi guida ha meno di 20 anni o ha la patente da meno di 3).
La giornata è un alternarsi tra cielo coperto, pioggia e qualche raro raggio di sole.
Procedo tranquillo verso sud alla solita folle velocità di 80 km/h. Per la verità qualche libertà me la prendo, ma comunque non supero i 100.
Oggi incontro i primi motociclisti, tutti giapponesi.
I motociclisti giapponesi sono strani. Ho girato in moto oltre 60 paesi in 4 continenti; dovunque incontro un motociclista, questo normalmente si ferma e si scambia qualche parola. Mi chiedono da dove vengo, dove vado...
Qui no. Il motociclista giapponese non si avvicina, non rivolge la parola, non saluta quando lo incroci.
Nemmeno il giapponese "normale" lo fa (a meno che ovviamente non ci hai a che fare direttamente, nel qual caso è una sequenza di inchini), ma da un motociclista non me lo aspettavo. Probabilmente la causa è, oltre alla rigida educazione ricevuta, che porta a non manifestare i propri sentimenti e a non "infastidire" l'altro con iniziative non richieste, una certa timidezza, dovuta anche al fatto che non conoscono l'inglese, quindi, se iniziassero una qualunque conversazione, sarebbero in difficoltà.
Infatti mi sto rendendo conto di una cosa comunque in Giappone: pochi conoscono l'inglese e quei pochi spesso solo a livello elementare. Perfino tra i giovani. Sembra strano che un paese così tecnologicamente all'avanguardia, la seconda potenza economica mondiale (da quest'anno la terza, appena superata dalla Cina), abbia una così scarsa conoscenza della "lingua franca" del nostro pianeta. Certo, immagino che chi ha continui rapporti internazionali l'inglese lo conosca, ma, a livello "normale", sono proprio messi male.
Dicevo quindi che i motociclisti giapponesi non si avvicinano. Ma allora mi avvicino io! Non mi perdo certo d'animo e, da buon italiano, "attacco bottone" senza ritegno. Nemmeno un giapponese può resistere di fronte a un italiano che vuole conversare e così, tra una stretta di mano (alla pacca sulla spalla non arrivo), un sorriso e un minimo di comunicazione sulle rispettive moto ed esperienze (usando parole semplici e molti gesti, arte in cui gli italiani sono insuperabili), si riesce a "conversare".
Ma devo sempre prendere l'iniziativa io; SEMPRE.
Continuo lungo l'autostrada. In una stazione di servizio ho la conferma che la criminalità (almeno quella comune, "spicciola") in Giappone è scarsa: credo che difficilmente in Italia un automobilista lascerebbe il portafoglio in vista sul sedile dell'auto.
Un'altra piacevole sorpresa sono le stazioni di servizio delle autostrade. Ordinatissime (e su questo c'erano pochi dubbi), ma soprattutto con appositi spazi, coperti, per le moto, spesso posti accanto ai parcheggi per portatori di handicap. Ovviamente non sono mai occupati da auto.
Nella stazione di servizio successiva ritrovo i 2 motociclisti di prima; ma vedo che non si avvicinano quando li saluto e quindi mi limito a sorridere e li "lascio in pace".
Questo qui invece sembra proprio stanco: lasciamolo riposare.
In Giappone per guidare moto oltre i 400 cc ci vuole una patente speciale, molto difficile da ottenere e costosa; per questo la magigor parte delle moto sono di piccola cilindrata, ma comunque vedo anche moto più grosse, evidentemente di chi è riusciro ad ottenere quella patente.
Alcune moto molto belle e ben tenute. Noto anche che spesso lasciano tutto sulla moto e... nessuno tocca nulla.
Ci siamo, ecco l'uscita per Hiroshima; sono un po' emozionato.
Arrivo alla città e percorro il lungofiume, fino al ponte che imbocco per raggiungere in centro cittadino e il Parco della Pace.
E infine arrivo al Parco della Pace (Peace Memorial Park). L'emozione aumenta, ma ancora non è nulla rispetto al dopo.
Oltre il fiume che delimita il Parco della Pace, c'è il Dome, la cupola del Centro Espositivo Industriale, sopra il quale esplose la bomba atomica.
Tutte le persone che vi erano presenti, morirono all'istante; è uno dei pochissimi edifici che non sopravvisse (sia pure solo nella struttura) alla bomba; la maggior parte della città era infatti in materiali "poveri", come legno, e fu completamente distrutta.
Non è possibile parcheggiare nel parco (e nemmeno io, che quando sono in viaggio non guardo tanto per il sottile per i parcheggi moto e mi fermo anche in zone che sarebbero vietate, mi sento di "profanare" un simile luogo) e quindi devo uscirne per trovare qui vicino un posto per la moto.
Lo trovo a pochi metri (piuttosto caro, come tutti i parcheggi in Giappone) e quindi torno a piedi verso il parco.
Ritorno al Dome, che è posto al di qua del fiume. Hiroshima ha deciso di lasciarlo, come era dopo l'esplosione, a perenne monito.
E, guardando il Dome, forte è il grido: mai più!
Nel parco della Pace, arde la Fiamma della Pace: sarà spenta solo quando sarà distrutta l'ultima arma nucleare.
Il cenotafio delle vittime della bomba atomica.
L'arco del cenotafio incornicia la Fimma della Pace e il Dome. ogni tanto passa qualcuno e si ferma in preghiera.
MAI PIU'!
Sono emozionato. Credo sia impossibile visitare Hiroshima e non emozionarsi, non essere costretti a riflettere.
Ma il luogo forse più commovente, quello di fronte al quale è davvero difficile trattenere le lacrime, è il monumento per la Pace dei Bambini (a forma di gru), dedicato a Sadako Sasaki.
Sadako era una bambina che, a 11 anni (nel 1955), scoprì di essere malata di leucemia. Decise di costruire 1.000 gru di carta; in Giappone infatti la gru è simbolo di longevità e felicità e Sadako era convinta che, se fosse riuscita a farle, sarebbe guarita. Purtroppo morì prima di riuscirci e questa impresa fu completata dai suoi compagni di classe.
La storia di Sadako ha commosso tutto il Giappone e da allora, da tutto il paese, provengono ancora numerose gru di carta che sono appese al monumento.
Le gru di carta che continuano ad arrivare da tutto il Giappone (presso il monumento per la Pace dei Bambini).
Finita la visita al Parco della Pace, riprendo la moto e parto verso Fukuoka, dove mi aspettano per il tagliando. Prima però, soffocato dal caldo (40°) e dall'umidità, mi concedo un buon gelato. Anche perchè, questo non me lo potevo proprio perdere: un gelato italiano in Giappone!
In autostrada, una stazione di servizio in stile westwern, con tanto di gadget della Route 66.
Supero il lungo ponte che collega l'isola di Honshu (la più grande del Giappone) a quella di Kyushu (la più meridionale della 4 principali (le altre due sono Skikoky e Hokkaido). Tutte queste 4 isole sono collegate tra loro da ponti stradali o (Hokkaido) gallerie ferroviarie.
Arrivo a Fukuoka; un po' faticoso l'attraversamente della città, per la pioggia, il traffico intenso, gli svincoli complessi, anche su più piani (se ne sbaglio uno mi trovo dall'altra parte della città).
Cerco il concessionario Honda Dream, con cui ho appuntamento (fin dall'Italia) per il tagliando (soprattutto l'indispensabile cambio gomme: le mie hanno km 16.000 e, anche se posso arrivare a 20.000, ne devo fare altrettanti per tornare a casa).
Lo trovo (grazie al gps), parcheggio la moto davanti all'officina e mi presento.
E qui la delusione. Non mi aspettavo di essere accolto col tappeto rosso, però, per un motociclista che arriva dall'Italia, in moto, tutto via terra (tranne ovviamente il traghetto), dopo 16.000 km e un mese di viaggio, arriva inoltre perfettamente puntuale, alle 15.30 del giorno stabilito (anzi in leggero anticipo), nonostante l'incidente in Siberia, mi aspettavo un minimo di attenzione in più, un po' di "calore", quanto meno una certa preparazione.
Invece niente; mi presento e loro dimostrano di non saperne nulla. Mostro loro le e-mail (me le ero stampate in Italia) che avevo spedito (e cui avevano risposto) per prenotare il tagliando e soprattutto le gomme per la mia moto (Bridgestone, specificando il modello della moto e quindi le uniche Bridgestone adatte alla mia moto); faccio capire che mi aspetto un lavoro efficiente e rapido, perchè non ho tempo da perdere e loro devono mantenere le promesse.
Dopo un po' di disorientamente, il capofficina torna con dei fogli, per me incomprensibili (tutti in giapponese), ma individuo il mio nome (Anglana-san). Bene, hanno trovato le mail! Ma non le gomme!
"Come, non ci sono le mie gomme?!"
Il giapponese balbetta qualcosa, è disorientato; io lo incalzo: "Tirale fuori, capito? Tira fuori le MIE gomme!"
Dopo un po' (e diverse telefonate molto agitate), saltano fuori un paio di Bridgestone; bene, problema superato. Gli dico di fare un controllo generale (compatibilmente al tempo: devono finire oggi) e in particolare di cambiare l'olio e cercare di sistemare frecce e stop (che non funzionano dopo l'incidente).
Lavori in corso:
Per l'olio stranamente (mi avevano detto che non lo usano in Giappone) riesco a trovare il Motul (che uso in Italia), ma non (come sembrava da una scritta pubblicitaria in concessionaria) il mio 5100 10w40, bensì uno strano (e carissimo) 300V 0w30 (170 euro per 4 litri); a parte il costo, non metto un olio così strano nella moto, ripiego su un "normale" Repsol sintentico 10w40, ad un costo accettabile di 85 euro per 4 litri, comunque il doppio del mio Motul 5100 in Italia. Strano il Giappone.
Il meccanico nota un problema alle pastiglie del freno anteriore destro: sono molto consumate e il problema è che non le hanno di ricambio! Strano, questo è materiale di consumo che qualunque officina Honda dovrebbe avere. Forse è perchè di Gold Wing qui ne circolano pochissime. Io credevo che queste pastiglie fossero comuni ad altri modelli Honda e non le ho portate con me a differenza della Mongolia perchè non le avevo mai consumate così presto.
Chiedo al meccanico quanta strada possono fare queste pastiglie e lui dice 200 km; gli rispondo che devono farne 16.000. Fa un giro di telefonate per trovarle ma non ci riesce. Gli suggerisco di farmele avere a Kyoto, dove passero fra 3 giorni, presso il locale concessionario Honda (ha lo stesso nome: Honda Dream). Poi il meccanico scopre che il problema non sono le pastiglie (comunque da cambiare), ma il disco anteriore destro, che secondo lui è consumato. Controllo sul mio sito sulla mia scheda di manutenzione, e in effetti quei dischi hanno 200.000 km. Cambierò almeno le pastiglie a Kyoto, visto che nemmeno lì i dischi ci sono.
I meccanici comuque sono lenti, troppo lenti; non so se perchè lavorano "come da manuale" o perchè non conoscono questo modello (anche se una Honda, la Gold Wing è costruita in USA e comunque qui ne girano pochissime).
sono passate le 20 e ancora devono sostituire la gomma posteriore.
Nell'attesa, do un'occhiata nel negozio, dove vedo diversi modelli non importati in Europa. Ne approfitto anche per sostituire i miei guanti, ormai a brandelli (per età e per la caduta in Siberia).
Ma il problema più grosso arriva ora.
Un meccanico (sono in 3/4 a lavorare intorno alla mia moto) ha smontato la mia gomma posteriore e l'ha tolta dal cerchio; prende la gomma nuova (l'anteriore è già a posto) e comincia a stallarla sul cerchio, con l'apposita macchina.
Esita. Guarda la gomma; guarda il cerchio; guarda la moto. Io guardo lui. Lui guarda il capofficina, che gli si avvicina. Parlano per un paio di minuti.
Poi vedo che cominciano a rimontare la vecchia gomma sulla mia moto!
Cosa?! Ma che succede. Il capofficina mi si avvicina e mi spiega che la misura della nuova gomma è sbagliata: è una 180/60 R 16, invece della mia 160/80. Praticamente è la gomma del 1800, che io non posso montare! Invece la gomma anteriore è la stessa del 1800, perchè ha le stesse misure, tant'è che io uso sempre quella del 1800, che è radiale a differenza di quella nata per il 1500. Per il posteriore invece sul 1500 si deve mettere la sua, che ha misure diverse (e purtroppo non è radiale), non può andare quella del 1800!
Sono senza parole! Ma dopo un po' le parole mi vengono e le riverso tutte addosso al capofficina, che non finisce più di scusarsi e inchinarsi. E' un colloquio strano quello che avviene tra noi due; nessuno dei due capisce cosa dice l'altro, ma ognuno lo comprende perfettamente.
Calmatomi un po', faccio capire al meccanico che lui la gomma me la deve trovare per forza: l'attuale ha 16.000 km, ne devo fare almeno altrettanti per tornare a casa e le gomme arrivano a 20.000 km al massimo, o poco più; dove le posso cambiare? In Siberia?
L'unica possibilità è farmele avere al concessionario di Kyoto (dove già dovrò fermarmi per le pastiglie freni).
Il meccanico mi dice che farà il possibile per farmele avere lì e mi chiede se può avvertirmi con una e-mail. Avvertirmi? Ma allora non hai capito!!! Tu me le DEVI trovare, non esiste proprio che non ce la fai. Chiama chi ti pare: chiama Bridgetone, Dunlop (le fanno anche loro), Honda Japan, chiama chi ti pare ma fammele trovare a Kyoto fra 3 giorni!
Mi chiede ancora quanto mi trattengo a Kyoto. Ma allora non capisci proprio?! Io non mi fermo MAI in NESSUN posto. A Kyoto arriverò il pomeriggio e ripartirò la mattina dopo: non posso permettermi di perdere tempo. Quindi di ai tuoi colleghi di farsi trovare pronti e non fare scherzi!
I meccanici si riemettono al lavoro, rimontano la vecchia gomma posteriore, sistemano lo stop (le frecce non ce la fanno, ci sarà un filo interroto da qualche parte e non riescono a trovarlo) e mi riconsegnano la moto alle 22.10.
meccanici sono un po' stanchi, ma lo sono anch'io, soprattutto per lo stress di trovarmi in questa situazione.
Mi preparano il conto e pago: l'olio (di cui avevo già detto) costa il doppio che in Italia, ma anche la gomma anteriore (con quel prezzo in Italia ne compravo due): strano per delle gomme che sono costruite proprio in Giappone. Si vede che qui i prezzi sono maggiori che in Italia. Invece come manodopera non pago di più, ma forse perchè mi hanno fatto uno sconto per scusarsi del disagio.
Ecco i meccanici della Honda Dream di Fukuoka; esausti ma sorridenti, alle 22.10 (la foto è fuori fuoco, ma non l'ho fatta io).
Finito tutto, chiedo al capomeccanico (come d'accordo) di accompagnarmi a un albergo: ormai è tardi e non mi va di cercarne uno, in questa grande città. Lo seguo in moto (lui nella sua auto) e, ormai è notte, finalmente vado a dormire. Sono quasi le 23 quando arrivo in albergo.
Una curiosità: anche qui (è la seconda notte in Giappone), le solite tazze-bidet, viste la prima volta in Corea.
Credo che siano comuni qui in Giappone, tant'è che ricordo di averla vista perfino in una stazione di servizio in autostrada (quella western della foto di prima).
Questo è un modello "semplice", ce n'è anche con più funzioni. Le istruzioni sono chiare e mi strappano un sorriso, uno dei pochi di una serata molto pesante.
Domani andrò ancora a sud; con una gomma nuova e una vecchia, le frecce che non funzionano, gli stop con una riparazione che non so quanto dura, un disco anteriore che sembra stia per "lasciarmi", le pastiglie anteriori che secondo il meccanico possono fare solo 200 km (solo domani ne dovrei fare quasi 600 e altri 1.000 fino a Kyoto, dove "forse" le troverò).
Ma io sto bene, la moto comunque non vuole saperne di fermarsi e oggi ha piovuto solo per metà giornata.
Sono ottimista.
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