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Sei in: MOTO - ITALIA GIAPPONE E RITORNO - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 29

ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876

Andata
10 11 12 13 14 15 16 17 18  
Corea
19 21 22 23 24 25 26 27 28  
Giappone
29 30 31 32 33 34 35 36 37 38

(Altaj: 49/51)

 
Ritorno
39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59
Conclusioni
Ringraziamenti
Motoguida

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1.7.2011 - venerdì - giorno 29
Sakaiminato (J) (17.35) [+7]
Ochiai (19.10) [+7]
km 98
viaggio h 1.35, guida h 1.28

Gps Garmin
GPX
Google Earth

Fotoalbum del giorno

E’ il gran giorno: oggi arriverò in Giappone!
Il primo impatto non è il massimo: piove! Mentre la nave si avvicina alle coste giapponesi, scruto il cielo, ma è inutile: non c’è un solo varco, è un muro compatto di nubi. Il monsone continua a scaricare pioggia, ininterrottamente.
Siamo ottimisti: può solo migliorare.
Un peschereccio sfila davanti alla nave, a ricordarmi l’importanza della pesca nel Giappone.


La nave è quasi invasa da un numeroso gruppo di ciclisti coreani: credo che si rechino in Giappone per una gara; girano per i corridoi della nave in perfetta tenuta ciclistica, casco in testa, con gli zainetti dei loro bagagli.


La rampa di uscita dalla stiva si abbassa abbastanza presto e dopo un po’ un membro dell’equipaggio mi chiede di seguirlo per andare alla moto. Bene, sono appena le 10 del mattino, non pensavo di sbrigarmi così presto. Infatti non è finita, sono appena all’inizio!
Guido la moto fuori dalla nave, ma sono solo pochi metri, fino al parcheggio della zona doganale. E lì la devo lasciare (unica moto), in mezzo a container appena scaricati (o da imbarcare). Credo che sia il parcheggio più caro della mia storia, poiché mi costa circa 100 euro! Ma queste sono le regole della dogana. Tra l’altro il pagamento è accettato solo in contanti, niente carta di credito (o valute diverse dagli yen); e non vedo uffici di cambio nelle vicinanze. Fortuna che, prudentemente, ho con me una discreta somma in yen, cambiati nella mia banca prima della partenza.
Vado quindi negli uffici della compagnia marittima, che mi assisterà in tutte le formalità connesse all’entrata in Giappone.
Ho già il Carnet de Passage, indispensabile per entrare in Giappone con un proprio veicolo. Ma (come temevo), non basta. Devo farlo autenticare dalla JAF (l’ACI giapponese). Vabbè, che sarà mai? Un timbro e via (è pure gratis). No, non è così semplice.
Innanzitutto la sede della JAF non è qui al porto (Sakaiminato), ma in un'altra città (Matsue) a circa 20 km. E per arrivarci, “ovviamente”, non posso usare la mia moto (che, fino a che non c’è quel timbro che le permetterà di avere il via libera dalla dogana) non può circolare in Giappone). Mi chiedo chi è quel “genio” che mette una sede della JAF in una città a 20 km dal porto, visto che il porto è l’unico accesso al Giappone, dove per guidare veicoli stranieri è necessario un documento rilasciato appunto dalla JAF! Certo, la JAF fa anche altro, ma nulla che interessi a uno straniero che arriva in Giappone; mi sembra una mancanza di rispetto verso gli stranieri o quanto meno una leggerezza incredibile.
Per arrivare a Matsue ho due possibilità: bus o taxi. Il bus è economico, il taxi veloce; ma il bus è lento (e devo trovare il la stazione di partenza e di arrivo), il taxi caro. In condizioni normali, sceglierei il bus, ma non sono in condizioni normali. Infatti, dopo il timbro della JAF (che così attesta di aver controllato il mio Carnet), dovrò andare all’ufficio doganale perché… controlli quello che la JAF ha controllato (sì, detto così, sembra assurdo… e in effetti lo è).
Il problema è che l’ufficio doganale chiude alle 17; inoltre oggi è venerdì, quindi riapre solo lunedì mattina. Perdere 2 giorni e mezzo dei miei preziosi 8 giorni in Giappone è ovviamente inaccettabile, quindi la scelta è obbligata: taxi, costi quel che costi.
E il taxi costa: 5.670 yen (€ 49), solo per l’andata! Non ho ancora fatto un km in Giappone, e sono già partiti € 200 (100 per il parcheggio in dogana e 100 per il taxi, contando anche il ritorno).
Godiamoci questo “lussuoso” giro in taxi. Il taxi è piuttosto vecchio, ma perfettamente tenuto. Noto il sistema di apertura delle porte posteriori, comandato dal conducente: le porte non si limitano ad aprirsi, ma si spalancano proprio, permettendo la comoda discesa del passeggero; forse lo fanno per impedire che il passeggero apra la porta senza controllare dietro. Il tassista non conosce l’inglese, ma io gli faccio vedere il biglietto che mi ha scritto la mia agenzia marittima; per sicurezza gli faccio anche spiegare tutto dall’impiegata che segue la mia pratica.
Durante il tragitto noto la guida a sinistra; cerco di memorizzare bene questo fatto, poiché fra un po’ (spero) toccherà a me guidare.
Arrivo a Matsue, alla sede della JAF; saluto (e pago) il tassista.
     

Gli impiegati sono gentilissimi; appena il tempo di accomodarmi di fronte alla scrivania dell’addetto... e arriva già il the per me. Spiego quello che mi serve; per fortuna l’impiegato l’inglese lo conosce, anche se poco; è sufficiente comunque mostrare il mio carnet e mimare con le mani quello che voglio fare il più presto possibile, mentre dalla mia bocca esce un chiarissimo “wrooomm”!
L’impiegato mi spiega che ci vorrà circa 1 ora: per mettere un timbro?! Certo che la burocrazia giapponese sembra abbastanza complessa. Nell’attesa, mi chiede se voglio pranzare. Sono appena le 11.30, ma in viaggio gli orari devono essere flessibili, poiché l’imperativo è sfruttare bene il (prezioso) tempo; rifletto che, se mangio adesso, potrò guidare la moto appena la riavrò, senza perdere tempo, utilizzando quindi al meglio le poche ore di luce del pomeriggio (qui il sole tramonta alle 19.23, e sta piovendo).
Accetto l’invito e andiamo a piedi a mangiare in un locale lì vicino. Prima regola in Giappone: si attraversa sulle strisce, sempre; non esiste che, per comodità, un pedone “tagli” il percorso di qualche metro; se c’è un passaggio pedonale anche a diverse decine di metri, il pedone passa di là. Ovviamente le auto si fermano, ma questo era noto: non siamo in Italia.
Il locale è un po’.. americaneggiante (non l’ho scelto io, ma il giapponese); serve soprattutto carne alla griglia ed è pieno di gente, in gran parte giovani. Vabbè, non sarà il massimo del cibo tipico giapponese, ma a me la carne arrosto piace.
Mangiamo un paio di hamburger (buoni e non cari) e torniamo alla JAF.
Il mio documento è pronto. Chiedo qualche cartina (la mia non è molto particolareggiata: in Italia non ne vendono di dettagliate del Giappone) e mi forniscono (gratis, le distribuisce proprio la JAF) le cartine di tutte le regioni del Giappone che devo attraversare; non mi piacciono molto come qualità grafica e sono completamente in giapponese, ma almeno sono dettagliate. Ringrazio.
Mi chiamano un taxi e torno al porto: altri 56 euro (totale quindi 105: il tassista del ritorno è stato un po’ più lento).
Al porto mi affidano all’addetto del parcheggio della dogana (Akira, quello cui ho pagato prima 100 euro) che mi porta al vicino ufficio che controlla il mio Carnet. L’ufficio è deprimente; 4 impiegati della dogana che non fanno quasi nulla: uno distrattamente preme un tasto della tastiera del computer alla folle velocità di un tasto al minuto; un altro fissa con sguardo assente lo schermo del pc, chiudendo ogni tanto gli occhi e arretrando la schiena nel tipico gesto di chi sta per addormentarsi e… temo che cada dalla sedia da un momento all’altro; il terzo è quello che sta controllando il mio documento, ma con uno sguardo talmente assente che scommetto che sta pensando all’incipiente finesettimana: ci mette 10 minuti per leggere una pagina e mettere 2 timbri; il quarto è il più giovane ed è l’unico che sembra davvero indaffarato, perché va da una parte all’altra dell’ufficio per spostare faldoni di carte: probabilmente perché è giovane e a qualcuno tocca lavorare.
Non è un gran bello impatto con l’efficiente Giappone.
Torno alla moto che adesso sarà completamente perquisita: devo scaricare tutti i bagagli che sono completamente e accuratamente controllati. Intanto l’agenzia marittima si sta occupando della mia assicurazione, perché, tanto per non farmi mancare nulla, devo stipulare un’assicurazione per circolare con un veicolo in Giappone (quella italiana non vale). Attendo circa due ore nella sala d’aspetto che tutti i documenti siano pronti: per fortuna c’è un efficiente (almeno questo!) collegamento wi-fi e quindi mi collego col mio pc.
Finalmente Tatiana mi avvisa che tutto è a posto: posso prendere la moto e partire. Chi è Tatiana?
Tatiana è la responsabile dell’agenzia marittima; non è giapponese, è russa; eccola (bel sorriso), insieme ad Akira:


Si parte, il Giappone è davanti a me!


Non potrò fare molta strada oggi: ormai sono le 17.30 (meno di 2 ore al tramonto) e piove. Decido di puntare verso l’interno, dovrebbe essere quasi tutta autostrada e in questo modo mi avvicinerò a Hiroshima, che ho previsto di visitare domani.
Prima cosa: ricordarsi di guidare a sinistra.
Dopo un po’ di affollata strada ordinaria, imbocco l’autostrada, che sale verso le montagne dell’interno. Nuvole basse coprono i monti, sotto la pioggia incessante.


E’ un’autostrada di montagna, non particolarmente veloce e piuttosto tortuosa, anche con alcuni tratti a carreggiata unica. E’ però sorprendente (anche se in parte previsto) vedere il limite velocità (comunque a tutte le autostrade giapponesi: 80 km/h!
E lo rispettano! Io un po’ meno, ma non mi prendo troppe “libertà”: resto comunque sempre sotto i 100 km/h, perché ho letto che i poliziotti giapponesi sono piuttosto severi.
La prima autostrada dopo quasi un mese è giunta al momento giusto: la pioggia monsonica, infatti, è piuttosto forte e sono felice di non affrontarla su una strada ordinaria.
Noto che non ho visto nessuna moto in giro, dal momento dello sbarco ad ora; capisco che la giornata è infame, ma proprio nessuna moto, di nessuna cilindrata.
L’asfalto è perfetto (anche se comunque devo prestare attenzione per la pioggia incessante). Almeno in questo il Giappone non mi delude.

E’ quasi il tramonto, decido di trovare da dormire. Esco dell’autostrada (carissima: 15 euro per 70 km!), chiedo di un albergo al casellante, che cerca di spiegarmi dov’è un albergo, ma, non conoscendo nemmeno come si dice destra o sinistra in inglese, gli riesce un po’ difficile spiegarmelo; lo ringrazio e, con l’aiuto del gps, trovo un albergo nel paese di Ochiai. Nel parcheggio, dove tutte le auto sono parcheggiate perfettamente (non c’è nemmeno un centimetro di carrozzeria oltre le strisce bianche) noto un gazebo: non capisco a cosa serva, lì, vuoto, ai margini dell’area di sosta. Gli attribuisco io una funzione: sarà il parcheggio della mia moto per questa notte. Fatto! Ci sta perfettamente, al riparo dal monsone.


Alla reception… non parlano inglese. Mi arrangio e mi faccio capire. Spiego anche che ho parcheggiato la moto sotto a un gazebo, chiedendo se c’erano problemi a lasciarla lì (non che abbia intenzione di spostarla, ma lo chiedo così, per cortesia).
Non caro, temevo peggio: Y 6.800 (€ 59)
In ascensore scopro che il ristorante dell’albergo… non proprio giapponese.
    

Incredibile: arrivo in moto dall’Italia in Giappone, quasi un mese di viaggio e oltre 15.000 km, e cosa trovo nell’albergo dove mi fermo per casa? Un ristorante italiano!
Scendo a cena (non esiste proprio che vada in giro per il paese sotto la pioggia a cercare qualcosa di più tipico: i loro “cibi strani” avrò occasione di provarli nei prossimi 8 giorni) e saluto il cuoco (giapponese, come tutto il personale: di italiano c’è solo il cibo, spero almeno quello) che è contentissimo di avere per cliente un italiano. Non finisce di sorridere e inchinarsi, ma, a parte la forma (in Giappone è praticamente impossibile conversare con qualcuno senza qualche inchino), comprendo che è proprio felice.
Nel menù non c’è molta scelta, almeno come prima: pizza o pasta (solo alla carbonara). Chiedo cosa c’è nella pizza: non c’è mozzarella, ma un formaggio… poco definito: “mi dia la pasta” rispondo deciso, anche se con un po’ di apprensione. Gli raccomando di tirarla fuori al dente, che non mi faccia scherzi che sono italiano.
La pasta alla carbonara è buona e mi sorprende davvero piacevolmente. Faccio i complimenti al cuoco, che è estremamente contento di riceverli da un italiano. Prezzo onesto (€ 9).


E il primo giorno di Giappone è andato. Speriamo nel tempo.

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