ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876
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4.7.2011 - lunedì - giorno 32
Tarumizu (7.17) [+7]
Honai(Shikoku) (21.22) [+7]
km 485
viaggio h 14.05, guida h 8.17
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Fotoalbum del giorno
La camera d'albergo è bella; non lussuosa, ma bella e soprattutto tipica giapponese.
Ieri sera potevo scegliere tra letto e tatami: il letto costava di più e allora, visto che ho sperimentato che comunque i materassi giapponesi sono duri, ho scelto il tatami.
Un salottino, diviso dal resto della camera dai tipici separatori scorrevoli, con ampia finestra sulla baia.
C'è anche una presa e un cavo per connettersi a internet in camera.
Uscendo dal parcheggio dall'albergo, noto di nuovo gli alti muri verso il mare e mi chiedo se servano a riparare da uno tsunani o dalla marea.
Dirigo verso sud, verso Capo Sata (Sata-misaki), l'estremo sud del Giappone (o meglio, estremo sud del gruppo delle 4 isole principali, collegato tra loro da strade o, nel caso di Hokkaido, ferrovia).
La vegetazione è ormai subtropicale (sono a circa 31° di latitudine, come Alessandria d'Egitto). La strada costiera è bella, anche se comunque stretta e si deve fare attenzione, anche perchè comunque un po' di traffico c'è.
Un episodio simpatico e significativo della gentilezza che ho incontrato in Giappone. Sto seguendo un'auto sulle belle curve di questa strada; non la "presso", ma si vede chiaramente che la mia moto è più veloce. Ad un certo punto noto che l'auto mette la freccia a sinistra, rallenta e accosta in una pizzaola; la passo subito e l'auto riparte. Ringrazio con un rapido gesto della mano.
Isolette-templi lungo la costa.
L'ultlimo tratto della strada è quasi immerso nella vegetazione.
Arrivato a un piazzale, la strada finisce; devo lasciare la moto e continuare a piedi.
Sono a una latitudine di 30° 59,977' N. Circa 600 metri dal capo (in linea d'aria, a piedi saranno di più).
A piedi attraverso prima una galleria (dove pago un biglietto)
e poi arrivo a un piazzale erboso, da dove parte un vialetto pedonale. In fondo si vede (piuttosto lontano, speriamo bene) l'osservatorio presso il capo.
Iil vialetto pedonale è molto suggestivo, anche se con questo caldo e umidità preferirei una corsa in moto che una passeggiata a piedi. E completamente immerso in una vegetazione tropicale (meglio, così è all'ombra).
Ad un certo punto passo accanto ad un tempietto. Spettacolari alcune piante lì vicino.
Quando il vialetto sbuca fuori dalla fitta vegetazione, spettacolari alcuni scorci sulla costa e gli scogli sottostanti.
L'osservatorio è sempre più vicino.
Ormai vedo il capo, con le isolette circostanti, su una delle quali c'è il celebre faro, il più antico del Giappone (1871).
Raggiungo l'osservatorio che, stranamente, sembra piuttosto malridotto e con una scarsa manutenzione: pareti scrostrate, gradini malmessi, contrastano con l'immagine di efficienza del Giappone, immagine che, comunque, finora ho riscontrato con questa unica eccezione.
Il vento è forte, ma non è niente rispetto a quello che trovo quando salgo sul piano superiore dell'osservatorio. Bellissimo il panorama.
Un disco metallico indica il punto geografico:
Capo Sata (Sata-misaki): 30°59'36" (cioè 30°59,6).
E' una strana sensazioni trovarsi qui, dove il Giappone finisce.
Mi vengono in mente le parole del libro che ho letto prima di partire, "Autostop con Buddha", di Will Ferguson; parole che riflettono in pieno i miei sentimenti attuali; parole che riporto, perchè non saprei descrivere meglio quello che sento in questo momento:
"Capo Sata è dove finisce il Giappone.
Se si voltano le spalle al mare e si guarda verso nord, ci si trova con l'intero Giappone sospeso sopra la testa come una spada. E' un territorio vulcanico, lungo e stretto: uno stato insulare che si protende - senza mai arrivare a toccarli- verso i suoi vicini. E' una terra che ispira metafore. L'hanno paragonata a una cipolla: uno strato dopo l'altro a ricoprire... il nulla. Qualcuno l'ha definita un labirinto, una fortezza, un giardino. Una prigione. Un paradiso. Ma per alcuni il Giappone non è niente di tutto questo. Per qualcuno, il Giappone è una via da percorrere. E Capo Sata è là dove la via finisce."
Capo Sata (Sata-misaki): 30°59'36".
Adesso è ora di andare a nord. Ho tutto il Giappone davanti.
Ripercorro a piedi la strada fino a dove ho lasciato la moto e qui, finalmente, un po' di fresco appena comincio a sentire l'aria del movimento. Dopo 200 m riattraverso la linea del 31° parallelo: sosta d'obbligo.
Ma la sosta è stata molto utile; infatti, ripartendo, mi rendo conto che ero ripartito dal capo... sul lato sbagliato della strada, cioè a destra! La guida a sinistra è infida, puoi guidare per giorni, ma, appena ti distrai, l'istinto può prendere il sopravvento. Scampato pericolo!
Bella strada verso nord.
Costeggio la costa orientale del'isola di Kyushu, prevalentemente su strade ordinarie.
La vegetazione è lussuregiante e in alcuni punti sembra invadere la strada, quasi ad avvolgerla in un abbraccio soffocante.
Ci avevate creduto? Ho scherzato un po': la foto è scattata in un tratto di strada dismesso, ma mi piaceva l'inquadratura. Dà inoltre l'idea di cosa fa la vegetazione appena la si lascia libera.
Per fortuna oggi sta piovendo poco; non c'è il sole, ma almeno generalmente resto all'asciutto.
Curioso un cartello che mi ricorda che a destra c'è solo il mare, che, a quanto pare, regala belle albe.
Arrivo a Saganoseki, nel nord di Kyushu, dove mi imbarco per Misaki (isola di Shikoku).
Shikoku è collegata con ponti stradali a Honshu (l'isola principale del Giappone), cui è collegata anche Kyushu, ma non c'è collegamento stradale diretto tra Kyushu e Shikoku.
Appena entro, si avvicinano dei marinai dell'equipaggio che in pochi secondi legano perfettamente la mia moto; non avrei potuto far meglio.
Il tratto è breve, ma il mare è molto agitato.
Decido di approfittare della traversata per cenare (tutto tempo guadagnato).
Vedo molte famiglie giapponesi che mangiano e mi chiedo dove hanno preso il cibo, visto che non c'è ristorante o bar. Capisco dopo che se lo sono portato da casa oppure il bar ha aperto solo pochi minuti (io mi ero attardato alla moto, oltre al fatto che sono salito per ultimo)
Vedo solo distributori automatici; la scelta è "ampia".
Non male (anche economico: € 3); certo, ho mangiato di meglio, ma bisogna adattarsi.
Ho preso il traghetto alle 18.49, il sole tramonta alle 19.24. Ho calcolato il tempo in modo che l'incipiente buio mi trovi sul traghetto (tanto non devo guidare io); l'intenzione è di trovare un albergo nel porto di sbarco e iniziare l'esplorazione dell'isola di Shikoku domattina.
Programma perfetto se non fosse per due particolari.
Il primo è quello che trovo appena si abbassa il portellone della nave e sbarco.
Il diluvio!
Non pioveva quando sono uscito sul ponte durante la navigazione, ma, appena si apre il portellone ed esco sul piazzale del porto di Misaki, un diluvio mi accoglie. E' l'acqua più forte che abbia preso durante il mio viaggio. Sembra che tutto il fine monsone si sia concentrato in questo luogo e in questo momento.
Prendere acqua nel momento in sui si sbarca da un traghetto è uno dei momenti peggiori. Non avevo indossato l'antipioggia: non pioveva fino a pochi minuti fa e, chiuso nella stiva della nave, non potevo accorgermi delle variazioni delgi ultimi minuti (inoltre indossare l'antipioggia inutilmente, con questo caldo e umidità, significa sì ripararsi da una possibile pioggia, ma fare un bagno di sudore, anche se il mio antipioggia è in goretex).
Basta quindi il tempo di scendere dalla nave e arrivare in banchina e sono già bagnato. Arrivo alle prime case e sono zuppo: e' buio e non c'è alcun riparo.
Il secondo particolare che non avevo previsto è che nel porto di Misaki non c'è alcun albergo, nè altra forma di alloggio. Mi sembra strano: credevo che, essendo un porto di sbarco di traghetti, ci fosse qualche possibilità di pernottamento, ma le persone che trovo in giro (pochissime: sono ormai sono le 20.20 e i pochi negozi sono quasi tutti chiusi) mi dicono che l'alloggio più vicino è presso l'altro porto di sbarco dei traghetti (quello che avevo scartato perchè più lontano e a me piace percorrere il massimo di percorso via terra con la moto e non con traghetti o altro), a Yawatahama, km 35 da qui.
Non ho molta scelta. Non perdo nemmeno tempo a coprirmi, tanto ormai sono zuppo; col movimento della moto è più facile che mi asciughi piuttosto che bagnarmi più di quanto lo sia adesso.
Il 35 km fino all'albergo sono infernali: buio pesto (nessuna luce di paese), un diluvio d'acqua incessante, strada stretta, tortuoso e con numerosi saliscendi, su questa stretta lingua di terra che si protende all'estremo ovest sell'isola di Shikoku. Peccato, deve essere molto panoramica e mi ero immaginato di percorrerla con la luce di domattina, con begli scorci a desta (sud) sull'oceano e a sinistra (nord) sul Mare interno del Giappone.
Spesso rallento a qualche volta addirittura mi ferma, quando la situazione diventa insostenibile per la visibilità. Cerco anche se c'è qualche alloggio, ma ninete da fare, solo qualche raro bar o ristorante.
Ci metto oltre un'ora per percorrere questi 35 km, ma alla fine arrivo a Honai (presso il porto di Yawatahama); qualche giro, qualche domanda e trovo un albergo. Quasi allaga l'ingresso quando entro.
E' piccolo (accetta solo contanti), ma una camera libera ce l'ha.
Sono bagnato fino alle mutande. In camera stendo tutto ad asciugare, ma credo che non sarà asciutto entro domattina.
La doccia l'avrei già fatta in moto...
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