ITALIA - GIAPPONE E RITORNO
3.6/31.7.2011 - km 33.876
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15.6.2011 - mercoledì - giorno 13
Usol'e Sibirskoe (6.27) [+7]
E Ulan Udè (18.21) [+7]
km 668
viaggio h 11.54, guida h 8.46
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La mattina, quando carico i bagagli, mi rendo conto che ormai ha ceduto anche una delle due serrature della borsa destra: la posteriore regge ancora, ma l'anteriore ormai è andata (conseguenza dell'incidente) e quindi devo trovare il modo di chiudere la borsa che altrimenti resta parzialmente aperta davanti e quindi prenderebbe aria e acqua. Risolvo con un altro elastico (dopo quello che tiene chiuso il baule centrale):
Il quartiere dove è posto l'albergo pare piuttosto degradato e semiabbandonato:
Supero Irkutsk e la strada, attraverso un zona montuosa, mi porta al grande lago Baikal.
L'ho già visto due anni fa, durante il viaggio in Mongolia, ma è sempre una grande emozione.
Il lago Baikal è la più grande riserva d'acqua dolce del mondo (il 20% del mondo, esclusi i ghiacci) e il lago più prondo km² 31.722, lungo km 636, largo mediamente 48, profondo m 1.642, volume km³ 23.615: un volume d'acqua pari ai 5 Grandi Laghi americani.
Le sue acque sono purissime; molto apprezzato l'omul, una specie di salmone, che infatti è abbondantemente venduto e consumato (secco e affumicato) lungo le sue rive.
La strada costeggia il Baikal, purtroppo con pochi scorci sul lago (anche per la fastidiosa presenza della ferrovia tra strada e lago).
Arrivo al grande delta del fiume Selenga (proveniente dalla Mongolia), principale immissario del lago, e lo risalgo fino a Ulan Udè.
Presso Ulan Udè supero il bivio della strada che porta in Mongolia: da qui per me è strada nuova, mai percorsa prima. Sono a 10.000 km da casa.
Continuo a risalire il fiume Selenga:
Lì in fondo c'è la Mongolia:
Caratteristici (diffusi in tutta la Russia) i punti di controllo per veicoli: con la moto avrei difficoltà a salirci:
La strada abbandona il fiume e comincia a salire sull'altopiano.
Improvvisamente riconosco l'inconfondibile rumore di una moto e ben presto li vedo. Sono due e vengono dalle direzione opposta alla mia.
Il gesto è automatico, sia in me che in loro: rallentiamo e ci fermiano. Non ci si può incrociare in questi territori e non fare due chiacchiere.
Sono due motociclisti polacchi, entrambi su Africa Twin (è la moto più comune tra i motociclisti che incontro, esclusi gli indigeni, insieme ai GS). Ci salutiamo calorosamente, comunicando in inglese. Ma più che la lingua possono il sorriso e le strette di mano. Provengono da est, quindi la strada che devo percorrere: mi tranquillizzano sulla strada, confermandomi che è stata completata, ed è buona, tranne qualche tratto più vecchio: comunque niente di impossibile. Viaggiano "a tappe", cioè lasciano la moto in qualche posto per un po', tornano a casa e poi riprendono l'anno successivo.
Ci salutiamo e riprendiamo la nostra strada. "Curioso" il teschio animale montato sul cupolino di una delle due moto.
Questa zona (la provincia di Ulan Udè) è abitata da polazioni di orgine mongola, come testimoniato anche dalle tipiche strisce di stoffa di preghiere:
La strada si distende sull'altopiano, deserta:
Molti mi "accusano" di pensare solo ai km, di non godermi il viaggio, di non fermarmi mai; certo non sono un tipo che "se la prende comoda", ma mi piace il mio modo di viaggiare, e credo di godermi il viaggio quanto chi ha ritmi molto più "blandi"; non riuscirei a viaggiare a ritmi non miei, mi sembrerebbe di viaggiare col freno a mano tirato, la vivrei come una costrizione.
Mi piace viaggiare libero, senza limiti; e adesso, mentre io e la mia moto corriamo, liberi, veloci, sull'altopiano, protesi verso est, consapevole di avere davanti a me ancora migliaia di chilometri di strada da percorrere, sono felice.
Ma ogni tanto mi fermo anch'io, p.e. per guardare una farfalla, delicata e splendida forma di vita sull'altopiano siberiano apparentemente deserto:
Ancora alcune ore di felicità e poi è il momento di trovare da dormire.
Pioggia violenta nell'ultimo tratto.
Ammiro il tramonto dalla mia camera:
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