MEDIO ORIENTE
La Terra Proibita
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19.3.2010 – venerdì – giorno 19
Goreme (TR) (8.20) –
Duzce (TR) (17.40)
km 528
viaggio h 9.20, guida h 5.19
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Al risveglio, il freddo cielo della Cappadocia mi regala una bella sorpresa; apro la finestra della mia stanza e vedo un gruppo di colorate mongolfiere che si stanno levando in cielo.
Magnifico spettacolo, anche se, probabilmente, lo spettacolo migliore se lo stanno godendo in questo momento i passeggeri di quelle mongolfiere, guardando la Cappadocia dall’alto. Ma non li invidio; in un viaggio non si può vedere tutto, non si può sperimentare tutto: ci vorrebbe moltissimo tempo e forse nemmeno basterebbe; e rischieremmo di restare sempre insoddisfatti. La Cappadocia mi basta vederla da terra: è già abbastanza bella e il mio viaggio, in moto, mi piace già tanto così.
In sella alla moto, l’occhio va subito al termometro: -2°! Non deve essere stata una notte facile per lei, qui fuori, con l’unico sottile riparo del suo telo. Partirà? L’impianto elettrico, rabberciato ad Aqaba, mi darà problemi? La batteria araba, di marca e provenienza sconosciuta, riuscirà a farla partire? Sono alcuni secondi di incertezza quelli che passano prima della pressione del pulsante di accensione; ma la moto parte al primo colpo, senza esitazione. E io continuo a chiedermi perché mai, giorni fa, in condizioni certo più favorevoli (caldo e centinaia di chilometri appena fatti nella stessa giornata), ha avuto tanti problemi; indagherò a fondo in Italia.
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Goreme è splendida; il centro storico della città è costruito dentro e intorno le caratteristiche formazioni rocciose della Cappadocia, che ho già ammirato ieri al tramonto qui vicino. Un paesaggio fiabesco, quasi irreale. Le rocce bucherellate, le guglie che si alzano al cielo, spruzzate di neve qua e là.
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Il Museo all’Aperto di Goreme è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità; è un insieme di chiese, cappelle e monasteri bizantini, scavati nella roccia. L’ingresso è a pagamento e a pagamento è anche l’ingresso a una delle chiese al suo interno; ma vale assolutamente la pena, poiché si tratta davvero di un ambiente unico. Parcheggio la moto di fronte e comincio la visita.
La prima cosa che colpisce è l’ambiente naturale, un insieme di formazioni rocciose di forma conica, con pinnacoli di varie altezze. Quello che però lo rende ancora più speciale è l’intervento umano, in questo ambiente naturale a sua volta unico: le rocce (di morbido tufo) sono state scavate in molti punti per ricavare cappelle, chiese e monasteri, risalenti all’epoca bizantina. Tutte le cappelle sono ben segnalate, con cartelli plurilingue (turco, inglese e francese). Visito le diverse chiese e monasteri: cappella di San Basilio, cappella di Santa Barbara, chiesa di Sant’Onofrio… Internamente le pareti sono ricoperte di disegni, realizzati soprattutto con ocra rossa; molti sono geometrici, spesso sono raffigurate anche scene di vita religiosa ed episodi biblici. Molti volti, però, sono cancellati, in ossequio alla regola (imperante per un certo periodo) che vietava raffigurazioni umane. Sono immagini molto suggestive, in buono stato di conservazione, anche per il relativo buio presente nelle cappelle.
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La mia visita è finita e mi rendo conto che anche il mio viaggio è terminato; questa infatti era l’ultima sosta “turistica” programmata; ora l’obiettivo è tornare a casa, a quasi 3.500 km…sperando che la moto regga.
Ma c’è ancora qualcosa che mi manca e cui tengo. Non ho visto i “Camini delle fate”, le particolari formazioni rocciose immortalate in tante foto turistiche della Cappadocia; ne parla anche la guida, ma è un po’ evasiva sulla loro esatta localizzazione, accenna a gite organizzate con agenzie turistiche, cosa incompatibile con i miei tempi.
Indugio, quindi, presso la moto, guardando la cartina (dovrebbero essere qui vicino) e consultando la guida. Si avvicina un turco; si presenta come Sinan, proprietario di un albergo qui in città (parla discretamente italiano); lo ringrazio, ma ho già pernottato a Goreme e sono in partenza, di ritorno in Italia. Chiacchieriamo un po’ e salta fuori che conosce diversi motociclisti italiani e proprio un gruppo di loro ha ospitato pochi mesi fa nel suo albergo, di passaggio durante un viaggio in Egitto; incuriosito, faccio qualche domanda, e scopro che si tratta proprio del gruppo di motociclisti che conosco, alcuni dei quali avevo contattato per ricevere informazioni prima del mio viaggio; in particolare Sinan conosce molto bene l’organizzatore di quel gruppo, che è anche mio amico.
Sinan è felice dell’incontro, mi dà il suo biglietto da visita e mi chiede di salutare l’amico comune italiano; si offre anche di accompagnarmi a vedere i Camini delle Fate; accetto con piacere.
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Arriviamo al luogo. È stupendo: decine di formazioni rocciose, come lunghi camini, si innalzano al cielo, con una roccia sulla cima. Sono il prodotto dall’erosione, che ha scavato il morbido materiale tutto intorno al “camino”, lasciando solo la parte presente sotto la roccia di materiale più duro, creando quindi queste fantastiche costruzioni naturali. Sono estasiato, come anche i (pochi, per fortuna) turisti che vedo lì vicino. Sono presenti anche alcune piccionaie. Ringrazio Sinan: il mio viaggio non poteva avere una conclusione migliore.
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