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Sei in: MOTO - MEDIO ORIENTE: LA TERRA PROIBITA - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 7
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MEDIO ORIENTE
La Terra Proibita

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7.3.2010 – domenica – giorno 7
Nord Nuweiba (ET) (6.37) –
Sud Suez (ET) (18.54)
km 649
viaggio h 12.17, guida h 8.11

Ho dormito magnificamente nel mio bungalow, riparato dalla zanzariera, con la moto parcheggiata fuori la porta.

E il risveglio non è da meno: appena apro la finestra e la porta, vedo il Mar Rosso e la spiaggia. Ammiro una magnifica alba, col sole che sorge dietro le montagne dell’Arabia Saudita. La situazione invoglierebbe a restare, prendermela comoda, ma mi basta vedere la moto (anzi, anche solo pensarla) che ritorna irrefrenabile la voglia di partire.

Tornato sulla litoranea, punto verso nord (ripercorrendo la via fatta ieri) e raggiungo in breve il punto da dove parte la strada verso l’interno del Sinai. Il solito posto di blocco militare e finalmente via, verso il deserto!

La strada è molto bella; si insinua, tortuosa, in uno stretto canyon, con le rossastre rocce del Sinai illuminate dal sole ancora basso. Paesaggio davvero spettacolare e posso anche rilassarmi, poiché il fondo stradale è ottimo. Dopo qualche chilometro, sbuco nella parte settentrionale del Sinai, quella più tipicamente desertica, piatta a perdita d’occhio.

Lunghi rettilinei, qualche roccia isolata qua e là. Il caldo comincia a farsi sentire (quasi 30°) e il giubbotto di pelle ormai lo sento un po’ pesante. Mi fermo per la colazione in una struttura isolata nel deserto, frequentata da beduini. I beduini del Sinai appartengono a diverse tribù, molte delle quali hanno forti legami con i beduini del Negev (Israele), Giordania e Arabia Saudita.

Durante una breve sosta per foto, si avvicina un beduino, sulla sua piccola moto; sorride, mi saluta: lo faccio sedere sulla mia moto. A volte non serve parlare la stessa lingua per comprendersi.

Adesso il deserto assume il classico aspetto della distesa di sabbia, con numerose dune. Il canale di Suez (lungo 163 km dal Mediterraneo al Mar Rosso) è ormai vicino e scruto l’orizzonte cercando di vederne i segni.

Ma il canale è zona militare, fortemente presidiata, e non è possibile avvicinarsi liberamente.

Prendo la strada che porta al tunnel sotto il canale, per raggiungerne il lato occidentale.

Passato il tunnel, lungo 1,6 km, una superstrada piuttosto affollata e caotica mi porta fino a Il Cairo. Ma non è niente rispetto a quello che trovo quando arrivo alla circonvallazione della capitale egiziana: 4 corsie per ognuna delle 2 carreggiate, piene di veicoli di ogni genere, che saltano “allegramente” da una corsia all’altra, senza alcuna segnalazione. Credo però che, almeno, guardino dietro ogni tanto; dopo un po’, mi adeguo alla situazione e scivolo in mezzo al traffico.

Vedo il Nilo, il grande fiume d’Egitto, il più lungo del mondo. La metropoli egiziana si stende sulle sue rive e oltre, a perdita d’occhio.

L’occhio gira intorno a cercare le piramidi; ecco, ci siamo, comincio a vederle! Dopo qualche esitazione sulla strada, trovo quella giusta e arrivo di fronte alla piramide di Cheope. La prima sensazione è quella di trovarsi non davanti a una costruzione umana, ma una montagna. È semplicemente imponente e credo che nessuna fotografia possa rendere l’idea.

Provo ad entrare, ma non si può: il cancello resta chiuso! No, non mi fate questo scherzo: non ho percorso oltre 5.000 km per fermarmi davanti ad un cancello!

Appena vedono la moto, numerose guardie si avvicinano incuriosite. Spiego il problema; per fortuna alcune parlano inglese, quindi riusciamo ad intenderci. Sembra che sia vietato alle moto entrare nella zona delle piramidi. E che storia è questa?! Perché mai una moto non potrebbe entrare dove è consentito alle auto e addirittura ai grandi pullman turistici?! Non lo accetto, non lo posso accettare.

Continuo a indicare alle guardie le auto che entrano (poche, per la verità) e la mia moto, chiedendo il perché del diverso trattamento. Forse, anche tra le auto, entrano solo le autorizzate. Insisto ancora con le guardie e una di loro alla fine mi risponde che ci vuole l’autorizzazione per entrare con la moto. “Bene, allora ditemi dove si ottiene l’autorizzazione!”. Mi rispondono che la devo chiedere presso gli uffici posti nel centro del Cairo. No, non se ne parla proprio! Non mi immergo nel traffico del Cairo, alla ricerca di chissà quale ufficio, per cercare chissà quale permesso, perdendo comunque diverse ore.

“Chi comanda qui?”, chiedo deciso; se c’è una regola, ci sarà chi ha l’incarico di farla rispettare, ma anche chi ha il potere di stabilire delle… eccezioni. Un po’ spiazzati dalla mia richiesta, mi portano dal comandante delle guardie, cui spiego in breve la situazione e che mi concede il permesso di entrare con la moto.

Torno quindi al cancello, al cui custode le guardie spiegano il permesso ricevuto, ed entro con la moto davanti alle piramidi. Prima che cambino idea, penso sia meglio che mi sbrighi a scattare la foto alle grande piramide di Cheope, di fronte a me, e posiziono il cavalletto per inquadrare anche me e la moto. Ma, proprio quando sto per scattare, arriva una guardia su un cammello e mi blocca, affermando che è vietato! Ma come, ho avuto il permesso! Non capisco se il permesso ricevuto non sia sufficiente per entrare o se ci voglia un permesso speciale per fare una foto alla mia moto e alla piramide col cavalletto. Comunque sia, non basta, devo ricominciare da capo. Spiego che ho avuto il permesso, che, se ne serve un altro, che mi dicano chi comanda qui: ci sarà pure qualcuno in grado di darlo questo benedetto permesso!

Il capo delle guardie, insieme a una delle guardie del “primo permesso”, mi accompagna agli uffici e qui, dopo diverse insistenze, riesco infine a parlare col “gran capo”. Si capisce subito che questo è il vero capo, quello che può decidere ciò che è permesso o no. Dopo un po’ di anticamera, mi riceve nella sua stanza; è una persona distinta, che parla perfettamente inglese. Mi presento, spiego che ho fatto oltre 5.000 km dall’Italia a qui, per vedere le piramidi e fotografarle CON LA MIA MOTO; che le piramidi le ho già viste, ma con la moto è la prima volta che ci arrivo e per me è importante proprio questo: arrivarci e fotografarle con la mia moto. Gli do il mio biglietto da visita, parlo un po’ dell’Egitto e delle sue bellezze, gli indico il mio sito internet dove uscirà un report del viaggio.

Il funzionario annuisce, dimostra di essere interessato e mi dà il permesso. Un custode mi accompagnerà all’interno del sito delle piramidi.

Torno alla moto e slego la tenda e il sacco a pelo dalla sella posteriore, dove faccio salire il custode; si terrà il bagaglio sulle gambe. Finalmente ci siamo! Entro dal cancello, prima proibito, arrivo di fronte alla grande piramide di Cheope e sistemo il cavalletto per le foto. La piramide di Cheope, completata nel 2570 a.C., era alta 146 m, adesso 137 (manca la punta); è la più grande piramide d’Egitto. Per la sua costruzione furono impiegati due milioni e mezzo di blocchi di calcare, pesanti in media 2,5 tonnellate ciascuno (Lonely Planet, Egitto, 2008).

Scattate le foto, resto un po’ in contemplazione della piramide. Come detto prima, la sensazione che dà non è quella di una costruzione umana, ma di una montagna, tanto è imponente. Bisogna fare uno sforzo di immaginazione per essere consapevoli che è stata costruita da uomini di 4.600 anni fa.

Ma non voglio approfittare troppo del permesso ricevuto e faccio cenno al custode di risalire in sella. Noto però una certa disponibilità nelle guardie: probabilmente il “permesso speciale” è ancora più speciale di quello che sperassi e quindi chiedo se posso continuare con la moto, lungo il viale che si snoda tra le due grandi piramidi, fino alla Sfinge. Permesso concesso!

Risalito sulla moto col custode, percorro quindi il viale; è un’esperienza stupenda! Alla mia sinistra la piramide di Cheope, alla mia destra quella di Chefren, il figlio di Cheope, alta 136 m; la sua sommità è ancora rivestita della pietra calcarea bianca, che luccica al sole. Supero la costruzione moderna, accanto alla piramide di Cheope, che contiene la Barca Solare del Faraone, l’imbarcazione usata per trasportare la mummia del faraone attraverso il Nilo. Oltrepassata la piramide di Chefren, giungo infine all’altro ingresso dell’area delle piramidi, presso la Sfinge. Da qui si ha l’incomparabile visione d’insieme delle tre piramidi: Cheope, Chefren e Micerino (la più piccola: 66 m, ora 62).

Segui su Google Earth il percorso tra le piramidi!

Bene, ora posso tornare indietro, dalla stessa strada, rivivendo quindi ancora una volta l’emozione di attraversare questi luoghi unici con la mia moto. Tornato all’ingresso principale, scarico il custode (una mancia è “dovuta”), un’ultima occhiata alle piramidi di Cheope e Chefren, e via, senza perdere tempo: la piramide a gradoni di Saqqara mi aspetta!

Ho programmato, infatti, nella mia pur breve permanenza in Egitto, di visitare non solo le famose piramidi di Giza, ma anche quella di Saqqara. È posta circa 10 km a sud.

È una strada secondaria, non molto battuta dai normali flussi turistici. In effetti, quasi tutti vanno a Giza, ma pochi poi continuano per Saqqara. Ma si tratta forse dei chilometri più interessanti che abbia percorso in Egitto, durante i quali mi rendo conto delle condizioni di vita della popolazione. La vita, in pratica, si svolge per strada; ma non come spesso si vede anche in tanti paesi italiani; no, qui proprio “per strada”, con i bambini che attraversano improvvisamente, uomini che svolgono i vari mestieri sulla strada (marciapiedi in pratica non esistono), donne che compiono le varie faccende domestiche al di fuori di anguste abitazioni; e ancora animali, carretti che vanno di qua e di là, cumuli di spazzatura ovunque, e il fiume che sembra più una fogna a cielo aperto, dove, nonostante tutto, alcuni pescano, dalla riva o da piccole imbarcazioni.

Arrivo a Saqquara e trovo quasi subito l’ingresso al sito archeologico; il sole è ormai basso (sono le 16.15 e il tramonto è alle 17.55) e ho un brutto presentimento, che puntualmente si avvera: non si può entrare, è troppo tardi, il sito chiude alle 16.30 e per quell’ora tutti i turisti devono essere fuori.

Come? No, non è possibile! Spiego alle guardie che provengo direttamente dalle piramidi di Giza e sono corso qui per visitare quella di Saqqara; questa è la mia ultima possibilità, domani sarò nel Sinai e poi uscirò dall’Egitto per tornare in Italia. “Vi prego, solo 5 minuti: arrivo alla piramide, faccio una foto e torno”.  Ma non c’è niente da fare, le guardie sono inflessibili: “torni domattina”.
Che fare? Non posso permettermi di perdere un giorno per Saqqara, ma d’altra parte non voglio rinunciare a vedere la piramide a gradoni. Allora uso la tattica che ha funzionato a Giza e chiedo alle guardie: “chi comanda qui?” I custodi sono colti un po’ di sorpresa, esitano; io “colgo il varco” e incalzo: “portatemi da chi comanda”. Si vede che le guardie hanno voglia di chiudere subito il loro turno, ma soprattutto non hanno voglia di “complicazioni”; ma cosa vorrà questo strano viaggiatore su una strana moto, vestito in modo strano (sono con un giubbotto di pelle a 30°, con la gente intorno in pantaloncini corti e maglietta)? Alla fine le guardie cedono e mi portano dal comandante, che, nel suo ufficio, sta tranquillamente fumando; è l’immagine del “non voglio problemi”; non lo faccio parlare e gli dico subito che mi bastano 5 minuti, fino alla piramide in moto e ritorno, non creo problemi. Mi fa cenno di andare, con un sorriso. Ringrazio e mi precipito fuori.

Si alza la sbarra; ho perso solo 8 minuti; e non devo nemmeno pagare il biglietto.

Raggiungo l’antica piramide a gradoni, mentre gli ultimi turisti vanno tutti in direzione opposta, verso l’uscita, a chiusura della giornata. Arrivo davanti alla piramide ed un altro custode, incredulo del vedermi arrivare a quest’ora, mi fa cenno che è tardi e me ne devo andare; lo zittisco con un perentorio “ho il permesso del capitano; 5 minuti, una foto e vado via”; poi, per non perdere tempo col cavalletto, chiedo alla stessa guardia di farmi una foto. Bene, anche questa è fatta.

Saqquara è diversa dalle altre piramidi egizie; è fatta a gradoni (6), per un altezza di 60 m. Anche questa era rivestita di calcare bianco (ora non più presente). È il più antico monumento in pietra del mondo, quasi un secolo precedente alla piramide di Cheope.

Resto qualche minuto a guardare la piramide; ormai sono l’ultimo turista. Penso a quanta storia ho davanti e… quanto sono lontano da casa.

Sono le 16.30 (sono stato puntuale, ho mantenuto la parola data al capitano), mi trovo nel punto più lontano da casa raggiunto nel viaggio; qui e in questo momento comincia il ritorno.


Faccio dei rapidi calcoli; ho ancora un’ora e mezzo di luce; decido di arrivare sulla costa del Mar Rosso, dove non dovrei avere problemi a trovare alloggio per la notte. Ho voglia di uscire subito dalla confusione del Cairo.

Arrivo presso la costa del Mar Rosso che è ormai buio; sono 50 km a sud di Suez e decido di puntare verso nord (la strada che dovrei comunque percorrere domani), in una zona che presumibilmente disporrà di alcune strutture turistiche.

Trovo un albergo; da come si presenta, siamo, sicuramente ad un livello ben superiore al bungalow col tetto in paglia dell’ultima notte; infatti costa l’equivalente di 47 euro, la cifra più alta finora per una notte. Ma ha tutti i comfort, compresa la connessione internet in camera; ne approfitto per comunicare con l’Italia.
E adesso riposiamo; domani c’è il Sinai.

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