MEDIO ORIENTE
La Terra Proibita
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18.3.2010 – giovedì – giorno 18
Apamea (SYR) (6.00) –
Goreme (TR) (18.09)
km 612
viaggio h 12.09, guida h 7.13 |
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La mia sveglia suona prima dell’alba, ma sono già che oggi sarà una giornata lunga e non posso perdere tempo; dopo la visita di Apamea, avrò circa 600 km per arrivare in Cappadocia. Un po’ insonnoliti, si alzano anche Mustafà e il figlio maggiore; probabilmente si sarebbero volentieri risparmiata questa levataccia, ma l’ospite deve partire, quindi…
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In pochi minuti arrivo all’ingresso dell’antica Apamea. Il sole è appena sorto, non c’è nessuno, il sito archeologico è tutto per me.
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La Via Colonnata di Apamea è perfino più lunga di quella di Palmyra, visitata stamattina: ben 2 km, anche se non dovunque ben conservata. Pur se non c’è il fascino del sito nel deserto, apprezzo però la bellezza di visitarla completamente da solo, senza nessun turista che possa alterare l’atmosfera di questo sito unico.
Sulle pietre che pavimentano la via principale sono ben visibili i segni delle ruote dei carri, che, passando per secoli da questo luogo, hanno scavato profondi solchi. Una fila ininterrotta di colonne affianca la via dai due lati (salvo dove sono crollate). Su alcuni grandi blocchi di pietra, poggiati a terra, vedo una numerazione recente, segno probabile di una futura risistemazione al loro posto. Al di fuori della suggestiva Via Colonnata, i resti degli edifici sono piuttosto scarsi; sono però interessanti i resti delle facciate dei negozi (su due piani) che sono disposti, ininterrotti, dietro la fila delle colonne, ai due lati della strada.
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Apamea è davvero un sito molto interessante, forse poco considerata dai turisti che si recano in Siria, “distratti” da Palmyra.
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Adesso è ora di ripartire, dritto verso la Cappadocia, senza soste intermedie, con in mezzo la frontiera turca da attraversare.
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Nessun problema particolare in frontiera (22’ per uscire dalla Siria, 48’ per entrare in Turchia), anche perché i siriani controllano i documenti (riguardo al “problema” Israele) molto più all’entrata che all’uscita: infatti, mentre all’entrata possono impedire l’ingresso, all’uscita più che espellerti non possono.
8. TURCHIA
Entrato in Turchia, scopro la bandiera di Israele: d’ora in poi non dovrò più nascondere il mio itinerario.
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Adesso gli ampi spazi dell’altopiano dell’Anatolia, a 1.200 m di quota, si aprono dinanzi a me. La temperatura cala sensibilmente.
Lascio l’autostrada (percorsa anche all’andata) e punto a nord-est, verso la Cappadocia. La temperatura cala ulteriormente, fino a -1°.
Tiro fuori dalla moto tutti i vestiti pesanti che ho; ormai i 30° di Egitto e Giordania sono un lontano ricordo! Il giubbotto di pelle, però, svolge bene il suo compito: caldo d’estate, freddo d’inverno, ma sopportabile quasi sempre; un buon compromesso.
È la visione della Cappadocia, però, che mi riscalda di più. La solita corsa per arrivare entro il tramonto anche questa volta ha successo; sono ormai a pochi chilometri da Goreme, dove ho previsto di fermarmi, e improvvisamente mi appaiono davanti le caratteristiche formazioni rocciose della Cappadocia, con le guglie di roccia che si ergono verso il cielo, bucherellate da numerose abitazioni scavate nella viva pietra. La neve è abbondante ai lati della strada e sul terreno circostante, la temperatura resta sullo 0, il sole al tramonto illumina magnificamente le rocce di fronte a me; una visione stupenda. Gli ultimi turisti se ne sono andati, i negozietti di souvenir hanno chiuso: la Cappadocia è tutta per me.
Ancora pochi chilometri e giungo a Goreme, scendendo nella conca dai 1.300 m ai 1.100. Goreme è bellissima, ma rimando la visita a domattina; ormai il sole è tramontato da qualche minuto e sto congelando. La priorità è trovare un tetto e un pasto caldo.
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