MEDIO ORIENTE
La Terra Proibita
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8.3.2010 – lunedì – giorno 8
Sud Suez (ET) (7.40) –
Nuweiba (ET) (18.09)
km 561
viaggio h 10.29, guida h 8.25
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La mattina, passeggio lungo la spiaggia, all’alba ed ammiro quindi il magnifico sorgere del sole, al di là dello stretto braccio di mare (golfo di Suez, Mar Rosso), dietro alle montagne del Sinai. La lunga spiaggia è deserta; temperatura ancora fresca: 19°.
La mia prossima meta è proprio lì, davanti a me, oltre questo stretto golfo, il monte Sinai. Ma per arrivarci devo prima risalire verso nord, fino a Suez, per poi ridiscendere a sud. Non posso certo attraversare il Mar Rosso come Mosè che, proprio in questa zona, sfuggì all’esercito egiziano che lo inseguiva, portando in salvo il suo popolo.
Il Signore disse a Mosè:… “Prendi in mano il bastone e stendilo sul mare. Così aprirai un passaggio nel mare perché gli Israeliti possano camminarvi all’asciutto”. … Allora Mosè stese il braccio sul mare. Per tutta la notte il Signore fece soffiare da oriente un vento così forte che spinse via l’acqua del mare e lo rese asciutto. Le acque si divisero e gli Israeliti entrarono nel mare all’asciutto: a destra e a sinistra l’acqua era per loro come un muro. Gli Egiziani li inseguirono: tutti i cavalli del faraone, i carri da guerra e i cavalieri entrarono nel mare dietro a loro. … Il Signore disse a Mosè: “Stendi di nuovo il braccio sul mare: le acque ritornino sui carri da guerra e sui cavalieri egiziani!”. Mosè ubbidì. Sul far del mattino il mare tornò al suo livello normale. Gli Egiziani in fuga gli si diressero contro. Il Signore li travolse così nel mare… neppure uno si salvò.
(Esodo 14,15-28. Tutte le citazioni della Bibbia sono tratte dalla traduzione interconfessionale in lingua corrente, LDC-ABU, 1985).
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Costeggio il golfo di Suez verso nord, lungo la solita superstrada con pedoni che attraversano senza preavviso e veicoli di ogni tipo, compresi quelli a trazione animale, con qualche indicazione stradale solo in arabo, e in breve entro a Suez.
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Rientrato nel Sinai, ne costeggio la costa occidentale, diretto a sud. Comincio a soffrire il caldo, sia per la temperatura, che ormai raggiunge i 33°, che per il sole, che mi ritrovo dritto negli occhi. Sosta gelato.
Arrivo finalmente al bivio per Sharm El Sheik (a sud) e il monastero di Santa Caterina e il monte Sinai (a est). Ora la strada comincia a salire, lentamente: spero che questo porti un sollievo come temperatura, arrivata a 35°; intanto però, almeno, non ho più il sole negli occhi.
Il paesaggio è desertico, qualche rara oasi ogni tanto. Talvolta la sabbia invade parte della strada. Ormai sono a oltre 1.200 m: la strada è parzialmente ingombra di cumuli di terra, per dei lavori stradali in corso, forse di allargamento; però, in questo modo, la sede stradale, già non molto larga, diventa pericolosamente stretta. A quasi 1.400 m, raggiungo il bivio per il Monte Sinai e il Monastero di Santa Caterina.
Ancora 11 km di salita e arrivo ai 1.600 m del monastero: l’ultimo breve tratto dell’ascesa è sterrato, ma dal fondo compatto e regolare. L’antico monastero fu eretto dall’imperatrice romana Elena nel 330, per gli eremiti locali, accanto a quello che si riteneva fosse il roveto ardente dal quale Dio aveva parlato
a Mosè.
Dio chiamò dal cespuglio: “Mosè, Mosè!”. Egli rispose: “Eccomi!”. Il Signore gli comandò: “Fermati lì! Togliti i sandali, perché il luogo dove ti trovi è terra sacra! Io sono il Dio di tuo padre, lo stesso Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Mosè si coprì la faccia perché aveva paura di guardare Dio. (Esodo 3,1-6)
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La vista del monastero desta una grande emozione: in mezzo alle brulle montagne del Sinai, proprio alle pendici del sacro monte Sinai, appare improvvisamente, dall’aspetto imponente di una fortezza.
È davvero spettacolare!
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Raggiungo infine l’angolo nord-est, da dove si ha la visione più bella del monastero, con i suoi massicci torrioni. Da qui si continua solo a piedi o a dorso di cammello. In questa zona stazionano diversi beduini, con i loro cammelli (alcuni col fuoristrada), in attesa di clienti per la salita al Monte Sinai (2.285 m).
Da questo punto infatti parte il sentiero che porta in cima. È un posto magnifico; oltre alla bellezza del paesaggio, con l’imponente monastero-fortezza sotto le rocce strapiombanti del monte Sinai, il selvaggio ambiente desertico, anche solo il pensiero di essere in questo luogo biblico, dove Dio parlò a Mosè e incise le Tavole della Legge, mette i brividi.
Mosè rimase sul monte con il Signore quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare e senza bere. Il Signore scrisse sulle tavole di pietra le parole dell’alleanza, i dieci comandamenti. (Esodo 34,28).
Mi arrampico qualche metro sulle rocce, mi siedo e resto un po’ ad osservare; e a pensare. I beduini si avvicinano, non tanto per un nuovo “cliente” (non intendo salire sulla montagna), ma per pura curiosità,
verso l’uomo e la macchina. Chiacchieriamo un po’ (la continua frequentazione con i turisti ha insegnato loro un po’ di inglese), mi chiedono da dove vengo e soprattutto sono attratti dalla moto, probabilmente la prima (e l’ultima) del genere vista nella loro vita. Ricorderò sempre il sorriso di uno di loro, felice e sorridente nella foto scattata con lui in sella alla mia moto.
Torno all’ingresso laterale del monastero e qui il monaco, come promesso, mi fa entrare, nonostante ufficialmente il monastero sia ormai chiuso.
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Individuo subito il campanile della Chiesa della Trasfigurazione, l’unico edificio visibile dall’esterno; quindi entro nella chiesa, in fondo alla quale, a sinistra sotto l’altare, è la zona più sacra di tutto il monastero: la cappella del Roveto Ardente. E qui non ci sono parole per descrivere la mia emozione.
Dopo aver girato un po’ tra le strette vie del monastero e respirato ancora qualche minuto quell’aria di sacralità che permea tutto il luogo, esco dal monastero dallo stesso ingresso laterale da dove sono entrato. È ora di tornare “al mondo”.
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Un’ultima occhiata al complesso del monastero, un saluto ai beduini che stazionano, molti sui cammelli, intorno ad esso, e comincio la discesa, forse nel momento più bello della giornata, col sole al tramonto che infuoca le montagne, ogni singola pietra, col vantaggio di averlo alle spalle. La luce e l’ambiente sono talmente belli e suggestivi che, nonostante la premura di arrivare alla costa prima del buio, non posso fare a meno di fermarmi per fotografare questi momenti.
La strada scende, sinuosa, verso la costa, dai 1600 m del monastero.
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Le ombre si allungano e, gradualmente, l’oscurità scende sul deserto. Supero le ultime alture che si frappongono fra me e il Mar Rosso e vedo le luci delle navi ormeggiate nel porto di Nuweiba.
Ma non è la mia nave. Raggiunto il porto, chiedo subito informazioni sul traghetto. Dopo un po’ di ricerche, riesco a individuare la biglietteria, ma è chiusa; chiedo in giro e mi dicono che la nave partirà solo domani (quella lenta), non si sa a che ora; in ogni caso la biglietteria aprirà solo domattina o forse stasera, per un po’. E io che speravo di partire stasera!
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Raggiungo la vicina Nuweiba e trovo un residence/campeggio. È molto semplice (anche più di quello di due giorni fa), ma bellissimo: semplici capanne di paglia e canne poste direttamente sulla spiaggia, un’analoga struttura che funge da ristorante; un posto perfetto per rilassarsi, fuori dal mondo, anche
per giorni, su una spiaggia tropicale. Dopo il record (massimo) di ieri, oggi stabilisco quello minimo di costo per un pernottamento: 3 euro.
Parcheggio la moto proprio davanti alla mia capanna, con qualche difficoltà per passare sulla sabbia.
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