BALCANI
L'Europa frammentata
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26.6.2008
- giovedì - giorno 10
Chisinau (MOL) (7.14) - (Transdnistria) -
Vulcanesti (MOL) (17.24)
Km 300, viaggio h 10.10, guida h 5.21 |
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La mattina guardo la moto e mi chiedo se affrontare l'incerto
valico di frontiera che mi attende nell'assetto attuale. Non
so infatti se sia il caso di mantenere montata la videocamera,
in modo così vistoso. Decido infine di lasciare tutto
com'è; nel caso me lo chiedessero, la toglierò.
Nessun problema per le bandiere, che mantengo aperte. L'adesivo
della Transdnistria è ovviamente ancora coperto, per
non urtare la suscettibilità dei moldavi.
A questo punto credo possa
essere chiarificatrice una breve storia della Transdnistria.
Quando, nel 1991, la Moldavia dichiarò la propria indipendenza
dall'URSS, la Transdnistria dichiarò a sua volta l'indipendenza
dalla Moldavia, e scoppiò un sanguinoso conflitto,
poi risolto attraverso la mediazione della Russia.
In un referendum tenutosi in Moldavia nel marzo 1994, il 90%
dei votanti si dichiarò a favore dell'indipendenza
del paese, ma l'anno successivo la Transdnistria, con un altro
referendum popolare, proclamò la propria indipendenza,
chiedendo altresì che non venissero ritirate dal proprio
territorio le truppe russe della XIV armata. La Transdnistria
si estende su una sottile striscia di territorio, lungo il
fiume Dnestr, per 3.567 km².
Dirigo verso Tighina, che dovrebbe
essere l'ultima città moldava prima della Transdnistria,
al di qua del fiume Dnestr.
Ma già prima della città
noto dei posti di blocco. Resto sorpreso: è vero che
non ho carte dettagliate, ma sono inequivocabilmente al di
qua del fiume, quindi dovrei essere ancora in Moldavia. Sta
di fatto che mi ritrovo in un posto di blocco. Guardo le bandiere:
sono moldave, quindi il confine ancora non l'ho passato.
Cominciano però i soliti
controlli di frontiera, un po' più accurati del solito.
Ad un certo punto le guardie mi convocano nei loro uffici.
Mi guardo intorno: vedo scritte in cirillico, nonostante sia
ancora in Moldavia e sento i militari parlare russo. Presumo
quindi che, già in questa zona della Moldavia, ci siano
più russi che romeni.
Ma non è la lingua il
problema. Il militare comincia a farmi un discorsetto (tra
gesti e qualche parola d'inglese) che si può riassumere
così: "guarda che, lì dove stai andando,
non è Moldavia, perchè lì noi non abbiamo
il controllo dei territorio; lo fai a tuo rischio, sei sicuro?"
Detto da un rappresentante ufficiale della Moldavia, il discorso
sembra un po' strano; d'altra parte noto che il militare pare
in imbarazzo, poichè deve ammettere di fatto l'esistenza
di uno Stato che ufficialmente non esiste, soprattutto per
la Moldavia. L'imbarazzo però non c'è quando
sento la significativa parola "present", pronunciata
sorridendo. Ho capito, vuole una mancia.
Provo con 5 euro, ma non bastano:
allora li rimetto nella tasca destra e prendo dalla sinistra
una banconota da 10; stavolta sono sufficienti e il militare
mi fa cenno che posso andare.
Cominciamo bene! Ancora non
sono in Transdnistria e già iniziano le "mance".
Proseguo e mi ritrovo subito un altro posto di blocco: guardo
di nuovo le bandiere e non sono più moldave, ma quelle
rosso e verdi della Transdnistria. Ma come? Il fiume non l'ho
superato, dovrei essere ancora in Moldavia, non sono ancora
passato da Tighina! Capisco allora (e poi ne avrò la
conferma) che, quando ha dichiarato la propria indipendenza,
la Transdnistria ha pensato bene di prendersi anche qualche
pezzo di territorio "al di qua" del fiume Dnestr,
presso la capitale, annettendosi quindi la città di
Tighina, abitata prevalentemente da russi.
Cominciano quindi gli stessi
controlli di frontiera di una frontiera che, per tutto il
resto del mondo non esiste. E' una strana situazione: le guardie
di confine dei due Stati che non si riconoscono (Moldavia
e Transdnistria) sono a pochi metri le une dalle altre, ma
ufficialmente non hanno rapporti. La doganiera comincia a
controllare la moto: per prima nota la videocamera e mi chiede,
sospettosa, a cosa serva. Ne spiego il funzionamento e poi
tiro fuori (come fatto altre volte) le copie di Mototurismo
con i miei articoli: i sospetti cominciano a stemperarsi.
Per spezzare la tensione mi metto platealmente a scoprire
la bandiera della Transdnistria, fino ad allora coperta da
un adesivo. I militari apprezzano molto e mi fanno i complimenti
per la correttezza del disegno (lo avevo trovato su internet
sul sito "ufficiale" della Transdnistria, pochi
giorni prima di partire). I controlli continuano con la perquisizione
della moto, ma probabilmente l'addetto non ha mai visto una
moto del genere e sembra non sapere da dove cominciare: mi
chiede di aprire un borsello, poi un altro e un altro ancora.
Al settimo scomparto forse si scoccia e mi fa cenno che va
bene così: incredibile, non mi ha nemmeno chiesto di
aprire le tre borse principali!
Pago la tassa di ingresso (ufficiale,
con tanto di ricevuta): noto che sono ben organizzati, con
un listino di cambio affisso, e la possibilità di pagare
in diverse valute. In euro la somma ammonta a 49 CENTESIMI!
Fatto! I controlli sono finiti.
Non ci ho messo nemmeno tanto (17' per uscire dalla Moldavia
e 26' per entrare in Transdnistria) e nessuno mi ha chiesto
mance per entrare; temevo decisamente peggio.
Subito dopo il confine attraverso
la città di Tighina.Mi
fermo solo per cambiare la cassetta della videocamera e punto
sulla vicina capitale, Tiraspol. Noto l'abbondanza di vecchi
camion che sembrano vecchi mezzi militari "riconvertiti".
Numerosi anche i militari in giro.
In breve sono a Tiraspol.Non
avendo alcuna mappa della città, avanzo prudentemente
cercando il centro, con la massima attenzione a non violare
alcun divieto e non dare alcuna occasione di multe o "mance"
ai poliziotti locali.
Dopo un po' arrivo ad una stazione
di polizia e davanti a me, a sbarrare l'accesso alla strada
che dovrebbe portarmi in centro, vedo un cartello che sembra
indicare il divieto di accesso alle moto: dico sembra perchè
non è esattamente fatto come quelli cui siamo abituati.
Vorrei fotografarlo, ma il fatto che sia posto proprio di
fronte alla stazione di polizia mi consiglia di evitare (i
militari normalmente sono molto suscettibili su questo e,
visto il posto in cui mi trovo, non mi sembra il caso di rischiare).
Incerto se continuare, mi fermo e mi guardo in giro: anche
i poliziotti mi guardano. Non posso restare a lungo così,
in mezzo all'incrocio. Accosto e chiedo cosa devo fare: i
poliziotti sembrano non capire: si avvicina una persona che
parla inglese e mi spiega che il centro è chiuso per
una visita importante, quindi non posso passare con la moto;
comunque il centro è ad appena un isolato.
Un po' a malincuore (preferisco
sempre visitare le città in moto e non a piedi), chiedo
ai poliziotti se posso lasciare la moto lì (non mi
sembra possa esserci un posto più sicuro che di fronte
ad una stazione di polizia); mi rispondono di sì, ma
senza loro responsabilità (strano discorso, per dei
poliziotti); parcheggio quindi nello spazio loro riservato,
passando oltre la sbarra.Proseguo
a piedi e in breve sono sul viale principale.
Il traffico è scarso
e ordinato. La prima cosa che noto è una serie di grandi
cartelloni: sono gli atleti della Transdnistria che hanno
partecipato alle olimpiadi.Le
scritte sono in caratteri cirillici, quindi altro non riesco
a capire, ma è chiaro l'intento di esaltare il senso
di appartenenza del piccolo Stato, dimostrando che anche loro
hanno un'importanza, nonostante le piccole dimensioni e l'esistenza
travagliata.
Sul viale si affacciano i principali
edifici. La Casa del Soviet (Dom Sevetov), in puro
stile sovietico, con tanto di stella a 5 punte sulla sommità
e busto di Lenin all'ingresso.Di
fronte al palazzo trovo parcheggiato un interessante vecchio
sidecar: motore boxer, costruttore non identificato, una copertina
a coprire il carrozzino e due caschi poggiati sopra, senza
targa.
Poco più avanti, una
serie di grandi immagini dei vari "Capi di Stato"
(o sindaci di Tiraspol, non riesco a interpretare le scritte),
dalla nascita dell'U.R.S.S. ad oggi, con l'attuale Presidente
della Repubblica di Transdnistria.C'è
un'atmosfera da Unione Sovietica di vent'anni fa, come se
il tempo si fosse fermato.
Lungo il viale è anche
la sede dell'università. Mi siedo a un bar (l'unico
che ho notato), con i tavolini all'aperto, affollato di studenti
universitari che consultano le loro dispense di studio. Dopo
un po' di attesa capisco che se voglio qualcosa devo entrare
nel bar a prendermela. Si paga solo in valuta locale (il rublo
della Transdnistria), ma c'è un piccolo box con una
signora cambiavalute. Cambio 5 euro, ricevendo una massa di
banconote e diverse monetine: ad occhio calcolo che il cambio
coincide con le notizie che avevo attinto da internet: noto
con curiosità la banconota da 1 rublo, che equivale
a meno di 8 centesimi di euro.Curioso
tra gli scaffali (che non offrono molto) e, a gesti più
che con le parole (livello di conoscenza dell'inglese zero),
prendo qualcosa, che consumo poi a uno dei tavolini all'aperto.
Me la prendo comoda e ripeto l'operazione più volte.
Mi accorgo che, nonostante l'impegno, non riesco a consumare
i soldi appena cambiati: ho speso appena 1 euro!
Arrivato alla fine del viale,
torno alla moto, che trovo tranquillamente al suo posto. Ma
non sono soddisfatto, sento che mi manca qualcosa. Aver visitato
il centro di Tiraspol a piedi mi dà un senso di incompletezza,
con la moto lasciata parcheggiata in disparte. Ma c'è
sempre quel cartello, che sembra sbarrarmi il passo. Riprendo
la moto e guardo di nuovo il cartello, e poi i poliziotti;
chiedo se posso passare; non sembrano avere le idee molto
chiare e ... non dicono di no. Deciso: prendo la moto e passo
risoluto, diretto al centro. Arrivo subito e percorro, lentamente,
il lungo viale centrale. Adesso sì, sono soddisfatto:
eccomi, a Tiraspol, capitale della Transdnistria, con la mia
moto. Percorro
il viale centrale anche verso l'estremità opposta di
prima, verso ovest e il fiume Dnestr. In effetti da questa
parte è sbarrata la parte terminale, in preparazione
della visita/manifestazione di cui mi avevano parlato prima.
Bene, credo che possa bastare; in Transdnistria non c'è
molto altro da vedere, torno in Moldavia.
La meta è la repubblica
di Gagauzia, nella Moldavia meridionale; superato di nuovo
il fiume Dnestr,giunto
a Tighina, cerco la strada per il confine, diversa da quella
dell'andata (prima provenivo da ovest, adesso punto a sud).
Credo di averla trovata, ma ecco che, proprio adesso che mi
sto complimentando con me stesso per essere uscito incolume
dalla visita in Transdnistria, tanto temuta (soprattutto da
parenti e amici), commetto una stupidaggine. Passo davanti
a un gabbiotto della polizia (che avevo già notato
all'andata) presso un incrocio e decido di accostare alla
mia sinistra per chiedere conferma che questa sia la strada
giusta. Metto la freccia e uno stupido automobilista dietro
mi suona. Subito il poliziotto (che sembra non aspetti altro
pretesto) mi fa cenno di fermarmi, mi chiede i documenti e
mi convoca all'interno del gabbiotto.
Sono in due e comincia la "commedia".
Mi contestano l'infrazione, cioè di aver tagliato la
strada; cerco di spiegare in tutti i modi (è dura se
l'interlocutore non capisce l'inglese, o fa finta di non capire)
che non ho commesso alcuna infrazione, che mi sono limitato
a mettere la freccia, in una strada con le corsie delimitate
da strisce discontinue, dove quindi la manovra è permessa.
Niente da fare: un poliziotto prende la mia patente e platealmente
se la mette in tasca, dicendomi che non l'avrei più
rivista. Ho capito, vogliono scucirmi un po' di denaro. Parte
la contrattazione: offro 5 euro, loro ribattono con 50. Chiudiamo
a 20.
Tiro fuori una banconota da
20 euro, ma, come immaginavo, dicono che non va bene e ne
vogliono 2 da 10. Sorrido; è ovvio: loro sono 2, è
più comodo avere 2 pezzi da 10! Saluto e me ne vado.
All'uscita dalla città
smaltisco i rubli rimasti mettendo poco più di 4 l
di benzina nella moto (il prezzo più basso del viaggio,
appena 0,86 € al litro).
Dopo pochi minuti nuovo stop:
è la frontiera. Soliti controlli, ma un po' più
veloci. Nel suo ufficio la guardia, compilati i moduli (completamente
incomprensibili, ma dei quali sembra anche lui interessarsi
poco), mi chiede il pagamento di una "tassa": si
accontenta di 5 €. Va bene, in fondo me l'aspettavo:
passare la frontiera sia in entrata che in uscita senza una
"tassa" sarebbe stato strano. Pretendo però,
come contropartita, la possibilità di fare una foto
(cosa vietatissima nelle dogane) alla cartina della Transdnistria
appesa ad una parete:rigorosamente
in russo, falce e martello in evidenza, una striscia di passato
tra Moldavia ed Ucraina.
Rientrato in Moldavia, la strada
peggiora. Del resto questa non è una via principale.Attraverso
piccoli villaggie
arrivo a Comrat, capoluogo della repubblica di Gagauzia.
La Gagauzia ha una storia in
parte simile alla Transdnistria. Abitata da Gagauzi, minoranza
etnica cristiana che parla un dialetto turco con forti influenza
russe, nel 1990 prese le armi per affermare la propria indipendenza
dalla Moldavia, alleandosi con la Transdnistria. La Gagauzia
però raggiunse un accordo con la Moldavia e, in cambio
della rinuncia all'indipendenza, ottenne la completa autonomia
interna, nell'ambito dello Stato della Moldavia (cui è
soggetta solo per la difesa e le relazioni con l'estero).
E' composta da 3 distretti, per 1.800 km², senza contiguità
territoriale.
Avevo previsto di fermarmi
a Comrat, ma è ancora presto e la città non
sembra offrire molto; decido quindi di continuare verso sud,
cercando di arrivare in Romania.
Ma la strada peggiora sempre
più e noto che nella carrozzeria della moto, stressata
dalla continue vibrazioni provocate dal fondo stradale (con
tratti di sterrato, buche continue, pavimentazione a quadrati
di cemento),si
sta aprendo una crepa in un punto che, già da prima
del viaggio, presentava una piccola lesione. Riparo con del
nastro adesivoe
proseguo (a casa basterà della colla per riparare il
tutto).
A un certo punto, però,
scoppia un violento temporale e, dopo aver trovato un provvisorio
riparo, concludo che è troppo pericoloso continuare
su queste strade con le buche piene d'acqua. Nella cittadina
di Vulcanesti (il capoluogo di uno dei tre distretti della
Gaugazia) trovo un hotel proprio sulla via e mi fermo per
la notte.
L'albergo non ha un posto per
la moto: mi offre di metterla nell'ingresso, ma non passa
dalla porta e quindi mi indica un posto vicino, custodito,
dove posso lasciarla per la notte. Approfittando di una pausa
nella pioggia, ce la porto e la lascio lì, per un compenso
di meno di 2 €.
Nell'albergo trovo l'immancabile
italiano (non riesco a fare un viaggio, anche nei posti più
isolati, senza incontrarne almeno uno): è lì
per lavoro da qualche settimana (impianta una fabbrica, per
il basso costo della manodopera) e mi consiglia un posto per
mangiare lì vicino. Ottimo consiglio: mangio magnificamente
(insalata mista e una fantastica "battuta" di carne)
ad un costo ridicolo. Mi sposto poi ad un vicino bar per il
gelato dopo cena e qui accade un episodio curioso, per fortuna
senza conseguenze.
Noto, seduti davanti al bar,
un folto gruppo di persone. Non riesco capire di che si tratti,
forse una festa, penso; poi mi accorgo che sono tutte rivolte
verso la tv, che però dà un semplice film di
guerra russo. Compro un gelato e mi avvicino ad un gruppo
di sedie vuote, impilate, chiedendo ad un ragazzo lì
vicino se sono libere, lui borbotta qualcosa di incomprensibile
in russo e ne prendo una. Immediatamente sento una mano robusta
che mi blocca un braccio. Il ragazzo di prima mi guarda minaccioso
e mi intima (stavolta non c'è bisogno di capire il
russo per comprendere) di lasciare la sedia. Ha l'aria proprio
agitata (e già una bottiglia semivuota di vodka sul
tavolo): cerco di fargli comprendere che non capisco nulla
di quello che dice e la sedia mi serve solo per 5 minuti,
il tempo di mangiare il gelato che ho in mano. Sembra capire
e mi lascia.
Seduto, guardo meglio e comprendo.
La zona delle Moldavia in cui mi trovo sembra che sia abitata
prevalentemente da russi; certo è solo russo che sento
parlare adesso intorno a me. Stasera c'è Russia-Turchia,
semifinale degli europei di calcio; e tutte queste persone
non è il film russo che stanno guardando, ma stanno
aspettando l'inizio della partita, tra pochi minuti. A conferma
di ciò, ben presto alcuni ragazzi mettono una grande
bandiera russa accanto alla tv e, tra un boato generale, comincia
la partita, trasmessa da una tv russa. Anche nella tv dell'albergo
(come controllerò poco dopo) si riceve tranquillamente
la tv della Russia. Capisco che il ragazzo di prima mi aveva
detto (quando non lo avevo compreso) che la sedia era occupata
(probabilmente dagli amici che dovevano arrivare). Finito
il gelato, libero la sedia e torno in albergo. Per quanto
mi riguarda, che la Russia passi o no il turno mi è
completamente indifferente.
Strano posto i Balcani: in
Kosovo assisto ai caroselli delle auto per la qualificazione
della Turchia (contro la Croazia); in Moldavia vedo l'inizio
della partita Turchia-Russia insieme ad un gruppo di russi.
Il calcio in questo caso è il sintomo di qualcosa di
più profondo e significativo della semplice passione
sportiva.
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