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Sei in: MOTO - BALCANI - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 2
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BALCANI
L'Europa frammentata

18.6.2008 - mercoledì - giorno 2
Materija (SLO) (7.03) - Sarajevo (BiH) (19.22)
Km 603, viaggio h 12.19, guida h 8.19


La mattina nubi minacciose accolgono me e la moto. Ma piove solo a tratti.

Non è il caso di esitare. In un lungo viaggio il maltempo è un elemento prevedibile, cui non si può sfuggire a lungo. Mi copro e parto: i Balcani mi attendono!

Una tranquilla statale mi porta fino all'autostrada, che mi permette (dopo un rapido passaggio di frontiera) di superare agevolmente Rijeka (Fiume) e inoltrarmi verso l'interno della Croazia.L'autostrada per Zagabria sale decisamente, superando le Alpi Dinariche con un valico a circa m 900.

E' una delle poche autostrade previste durante il viaggio, per il resto programmato quasi sempre su viabilità ordinaria.

A Karlovac lascio l'autostrada (accettano in pagamento gli euro) e dirigo decisamente verso sud, verso la prima sosta prevista: i laghi di Plitvice.

Con la moto non è possibile arrivare fin sui laghi: la parcheggio quindi all'ingresso del parco,e li raggiungo a piedi. I laghi di Plitvice (il più antico parco nazionale della Croazia) sono uno straordinario complesso di laghi e corsi d'acqua in un territorio carsico; 16 laghi a differenti altitudini (tra 502 e 636 m), collegati da numerose cascate. Questo fenomeno particolare è generato dalla sedimentazione del carbonato di calcio presente nelle acque, che "pietrifica" il muschio.

Percorro a piedi un tratto di bosco (che mi fornisce riparo da una pioggia intermittente);all'ingresso spiego all'addetta che sono in moto e voglio solo fare una breve visita, senza inoltrarmi nel parco: mi fa passare senza biglietto.

Giungo quindi al primo lago, presso la cui riva sono ormeggiati alcuni battelli per turisti.Per visitare i laghi per bene dovrei avere a disposizione diverse ore ... oltre alla voglia di camminare parecchio lungo i sentieri del parco.

Tornato alla moto, dirigo verso la vicina frontiera bosniaca. Avvisto presto le prime montagne di questo paese,mentre il pensiero non può non andare alle tragiche vicende che per tanti anni hanno portato alla ribalta questo martoriato angolo d'Europa.

Il passaggio di frontiera è veloce; entro quindi in Bosnia-Erzegovina; precisamente sono nella federazione Croato-Musulmana, una delle due entità che compongono la Bosnia, prodotto del difficile equilibrio tra le 3 etnie costituenti questo Stato. Il passaggio di frontiera, stavolta, mi pare qualcosa di più di un segno su una mappa; ho davvero l'impressione, inoltrandomi in queste terre, di qualcosa di diverso.

A ricordarmi le differenze di questi paesi, mi vengono incontro sul mio cammino gli inconfondibili profili delle prime moschee presenti numerose, alternate con più rade chiese cristiane.

Passato Bihac, la strada continua in un bel paesaggio tra le montagne;Peccato che la pioggia insistente non mi permetta di apprezzare in pieno. Ad un certo punto la pioggia diventa violenta; trovo quindi un riparo e, essendo un ristorante, ne approfitto per pranzare.

Riprendo diretto verso Jaice, sempre con un percorso tra le montagne; entro per qualche km nella Repubblica serba (l'altra entità della Bosnia); me lo ricordano le numerose bandiere serbe presenti, a voler riaffermare una propria identità, così come pochi km prima quelle croate mi ricordavano che ero in una zona croata.

Comunque, non pensando per un momento alle divisioni etniche di questa terra, è bello (soprattutto ora che la pioggia mi dà un po' di respiro), questo attraversamento della Bosnia, con un continuo passare da una vallata ad un altro, in una regione prevalentemente montuosa.

Giunto a Jaice, visito la fortezzae la spettacolare cascata. Questa è formata dal fiume Pliva che si getta nel Vrbas.

Ripresa la moto, dirigo (attraverso la valle del Vrbas)su Travnik. La moschea di questa città (Sarena Dzamija, cioè moschea colorata) ha la particolarità (oltre alle insolite decorazioni colorate) che al piano inferiore è presente un portico con negozi, unico esempio nell'architettura ottomana di edificio adibito ad usi sia sacri che profani.In questa città avviene anche un episodio curioso. Fermo davanti alla moschea chiedo ad un passante di scattarmi una foto; l'uomo è in compagnia di una donna e, mentre sta per scottare, noto che un altro uomo si avvicina minaccioso alla coppia gridando frasi chiaramente per me incomprensibili; immagino, dai gesti, che si tratti di qualcosa che riguarda la donna, che risponde per le rime all'intruso. Seguo con preoccupazione la sorte della mia fotocamera che, nell'accenno di collutazione che segue al violento scontro verbale, oscilla pericolosamente tra la persona cui l'ho affidata per pochi secondi e l' "aggressore"; inserendomi "con discrezione" tra i tre contendenti, recupero la fotocamera e attendo in disparte la fine della scontro. Dopo di che, mi faccio finalmente scattare la foto.

Dirigo quindi verso la Sarajevo. La pioggia è ripresa; è quindi gradita l'autostrada che trovo dopo un po', sia pure ancora in fase di completamento. Pur se incompleta, il pedaggio è comunque attivo: si tratta però di pochi euro (anche qui accettati senza problemi).

Grande è l'emozione quando, finalmente, avvisto la capitale della Bosnia; questa città diventata un simbolo dei feroci conflitti interetnici scoppiati alla fine dello scorso millennio nei Balcani.

Il sole è ormai basso quando percorro il lungo viale di accesso alla città, tristemente noto ai tempi del conflitto come il "viale dei cecchini". Sono ormai pochi i segni della guerra trascorsa e noto che la città è un brulicare di cantieri, che costruiscono moderni grattacieli.

Arrivato al centro, trovo subito un albergo con un cortile interno dove parcheggiare la moto. Scaricati i bagagli, mi dirigo subito a piedi verso il vicino centro storico, per sfruttare le residue ore di luce.

La moschea principale (Begova Dzamija) si annuncia da lontano col suo alto minareto,ma si rivela completamente alla vista solo dopo aver superato l'angusto varco nel muro perimetrale che la cingee che racchiude una tranquillo cortile, dove sono presenti, il sadrvan (fontana per le abluzioni rituali)e l'abdeshtana (la stanza per le abluzioni invernali).

Mi colpisce il cartello presente all'ingresso, in cui, oltre ai soliti consigli sull'abbigliamento da indossare (rispettoso della sacralità del luogo), c'è un divieto di introdurre fucili automatici,che mi fa venire in mente la recente guerra, quando anche le moschee di questa città erano "obiettivi militari".

Passeggio per le vie di Sarajevo, col fresco della sera che mitiga la calura del giorno; è una splendida città, in cui, accanto alle moschee, si vedono chiese ortodosse e cattoliche,simbolo di una convivenza di fedi diverse che nemmeno la feroce guerra civile è riuscita a cancellare. La cosa che più mi colpisce mentre giro per le animate vie del centro, piene di negozi e di gente, è l'abbigliamento delle donne: credo che Sarajevo sia una delle poche città al mondo in cui è possibile incontrare a passeggio per strada (anche insieme) donne velate, accanto ad altre in minigonna; segno di diversi stili di vita, che convivono (finalmente) senza problemi. Noto che comunque anche le donne velate (ma quasi mai completamente) si presentano perfettamente truccate.

Interessante anche il grande edificio dei bagni pubblici, in funzione dal 1529, i primi forniti di acqua corrente.

Tornando in albergo, è ormai sera e la sapiente illuminazione fa risaltare di una luce dorata gli edifici di questa bella città.

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