BALCANI
L'Europa frammentata
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20.6.2008
- venerdì - giorno 4
Njegusi (MNE) (6.45) - Prizren (KO) (19.03)
Km 389, viaggio h 12.18, guida h 8.45 |
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So che oggi sarà una giornata impegnativa.
Potrei entrare in Kosovo direttamente
dal Montenegro, puntando su Pec; è la strada più
corta e più facile.
Ma non vado in moto per cercare
le strade più corte e più facili e, quando ho
programmato il viaggio, ho deciso di includere anche l'Albania
nel mio giro nei Balcani, per completezza.
Quindi oggi, dopo un giro sulla
vicina costa montenegrina, attraverserò l'Albania settentrionale,
pur memore della disastrosa condizione delle strade in quel
paese, già sperimentata nel mio viaggio
del 2006 in quello Stato.
Parto presto, dopo aver constatato
che si è rotto uno dei fanalini posteriore della moto
(poco male: ce ne sono tanti che quasi non si nota).
Comunque è una bella
giornatae
parto deciso in direzione di Cattaro.
La strada, già assaggiata
ieri sera, è estremamente tortuosa e ripida. Davvero
spettacolare, scende tra le montagne verso il mare, stretta,
probabilmente ancora come l'avevano costruita gli austriaci.
Dopo pochi km avvisto le Bocche
di Cattaro; la strada è ancora a circa m 1.000 di altezza,
ma il fiordo sembra vicinissimo, sotto di me. E' ancora presto
e vedo l'ombra delle ripide montagne che, gradualmente, si
ritira dalle coste delle Bocche. Panorama magnifico!
Affronto con calma la ripida
discesa e, dopo un'infinità di tornanti, giungo a Cattaro.
La città è racchiusa nelle sue possenti fortificazioni
(costruite dai veneziani, cui la città appartenne dal
1420 al 1797) e presenta un centro storico intatto, molto
bello.E'
piacevole passeggiare per le sue tranquille vie, anche perchè,
strette tra gli alti palazzi, vi abbonda l'ombra.
Ma la strada mi attende e così,
dopo aver fatto colazione comodamente seduto ad uno dei tanti
bar che affollano le strade del centro, riparto per costeggiare
la parte interna delle Bocche di Cattaro.
Si tratta di un ampio fiordo,
il più vasto del Mediterraneo, che è diviso
in 3 bacini: il Porto interno, quello centrale e quello esterno.
Il panorama è spettacolare,
con le alte montagne che si inabissano, ripide, nelle sue
acque profonde. La riva, data la stagione, è affollata
di turisti e noto i frequenti piccoli moli privati (o quasi)
lungo la costa, dove quasi ogni abitazione ha una discesa
a mare.Dopo
qualche km raggiungo lo stretto canale che separa le Bocche
interne da quelle centrali,lungo
il quale è presente il traghetto che permette di evitare
di fare il giro delle Bocche.
Dirigo quindi, lungo la litoranea,
verso Budva che, affollata località balneare,supero
senza fermarmi (anche se ci sarebbe il centro fortificato
da visitare), per poi arrivare all'incantevole villaggio di
Sveti Stefan. Si tratta di un piccolo borgo che, progressivamente
spopolatosi, è stato completamente trasformato (nel
1952) in albergo.Il
posto è davvero suggestivo, anche se, forse, ha perso
la sua "naturalità" con la trasformazione
subita. Riesco a fare qualche foto tranquilla prima dell'arrivo
di un bus di turisti.
La costa in effetti è
piuttosto turistica, anche se bella; dopo pochi km una strada
nuova e veloce mi riporta verso Podgorica, superando con una
galleria i rilievi costieri.
Nella capitale montenegrina
faccio rifornimento (per evitare di avere questo problema
in Albania, dove non voglio cambiare valuta) e quindi dirigo
verso il vicino lago di Scutari e confine.
La strada per l'Albania diventa
ben presto poco più di un viottolo.Ma
pur sempre meglio di quello che mi aspetta in quel paese;
passato il confine, infatti, vedo che le condizioni delle
strade in questo Stato sembrano non essere migliorate dal
mio viaggio del
2006.
Arrivato
a Scutari(la
principale città dell'Albania settentrionale), imbocco
la strada per il Kosovo. Chiedo ad alcuni taxi fermi in piazza
notizia sulla condizione della strada e quanto tempo ci voglia
per percorrerla; ricevo notizie poco rassicuranti.
Pazienza, tanto sono ancora
le 13 e prevedo di percorrere in circa 5 ore i 170 km che
mi separano dal Kosovo, in modo da arrivare con la luce.
La strada è semplicemente
terrificante; sembra una via dopo un bombardamento. Non buche,
infatti, ma veri crateri si aprono numerosi e quasi mai segnalati.
Una delle insidie maggiori, infatti, è proprio questa;
capita magari di trovare qualche km in buono stato, che invoglia
pure a una velocità discreta; poi, improvvisamente,
buche e tratti talmente dissestati da rischiare di finire
fuori strada o di rompere qualcosa.
Il paesaggio è selvaggio,
con la strada che sale tra le montagne quasi disabitate, costeggiando
a volte il fiume Drin che, interrotto da numerosi sbarramenti,
forma spesso lunghi e suggestivi laghi artificiali.
Diciamo che, una volta prestata
la massima attenzione alla strada, il percorso può
essere definito bello.
Provoco grande sorpresa nei
poveri villaggi che attraverso. Ricevo ovunque una sensazione
di amicizia e di sincera curiosità; in un paese, fermatomi
all'ombra per ristorarmi con bevande e provviste di bordo,
un ambulante si avvicina offrendomi frutta fresca e, nonostante
la mia insistenza, rifiuta di essere pagato; altri chiedono
informazioni sulla mia provenienza, ma mai in modo assillante
o fastidioso.
L'entusiasmo più coinvolgente
lo trovo, però, come al solito, nei bambini; mi colpisce
in particolare un incontro tra le montagne con 3 bambini,
intenti a pascolare un gregge; chiedono una foto con la moto,
anche se, ovviamente, la foto gliela potrò solo far
vedere; ma a loro bene così e quindi, dopo aver acconsentito,
me li ritrovo in un attimo tutti e 3 sulla moto.
Credo però che i bambini
siano intenti anche a strani giochi, come desumo da una serie
di sassi messi proprio sulla linea di mezzeria; una coincidenza
troppo strana per pensare che siano caduti dalle vicine montagne:
come se non ci fossero già abbastanza pericoli su questa
strada!
Avvicinandosi al Kosovo, la
strada peggiora ancora, anche a causa di alcuni lavori in
corso che dovrebbero (quando finiti!) rendere finalmente questa
strada adeguata alla sua funzione di principale collegamento
tra l'Albania e l' "albanese" Kosovo. Intanto però,
mi tocca fare lo slalom tra i cantieri e percorrere diversi
km di insidioso sterrato, tra i sassi.
Arrivo infine alla frontiera
(h 6.30 per percorrere 200 km in Albania), non senza un po'
di apprensione; il Kosovo è un punto centrale di questo
viaggio, anzi proprio la molla che ha fatto scattare il desiderio
di intraprenderlo.
In molti hanno tentato di dissuadermi
dal recarmici, mettendomi in guardia contro i pericoli di
un paese da poco uscito da una guerra civile e dove ancora,
ogni tanto, scoppiano scontri tra la maggioranza albanese
e la minoranza serba; oltre alle tensioni originate dalla
recentissima dichiarazione di indipendenza, fortemente contestata
dalla Serbia e dai serbi.
Ma il passaggio di frontiera
si rivela abbastanza semplice e rapido: non sono presenti
militari del Kosovo; infatti le frontiere sono presidiate
(come buona parte del paese) dalla missione ONU della KFOR
(presente anche un contingente italiano).
Presento il passaporto, i documenti
della moto, stipulo la necessaria assicurazione temporanea
(qui non vale la carta verde) ed entro in Kosovo.
La prima sorpresa è
positiva: la strada è perfetta! E' finita la tortura
delle strade albanesi.Percorro
un altopiano a circa 400 m e dopo meno di 20 km giungo a Prizren,
la seconda città del Kosovo.Oltre
12 ore di moto mi consigliano di trovare subito un alloggio:
punto verso il centro, chiedo a qualche passante, mi guardo
in giro e trovo subito un albergo, dal nome significativo
"Tirana". Cerco un posto sicuro per la notte anche
per la moto e l'addetto me la fa parcheggiare proprio di fronte
all'ingresso, in un posto che poi stanotte "chiuderà",
sbarrandolo.
Risolto il problema dell'alloggio,
faccio un giro per la città. Prizren si presenta come
una bella città, con un caratteristico centro storico,
dalla chiara impronta turca. Interessante il ponte anticoe
la moschea Sinan Pasha.Ma
gli effetti dei tragici avvenimenti del Kosovo si vedono quando
cerco di visitare anche la chiesa ortodossa, indicata dalla
guida, la Sveta Bogorodica Ljeviska. Non disponendo
di carte dettagliate, chiedo in giro e la prima difficoltà
è trovarla: i cittadini di Prizren infatti non sembrano
molto informati al riguardo, o forse sono poco interessati,
anche perchè sono ormai quasi tutti mussulmani. Trovata
la chiesa, posso "toccare con mano" la situazione
dei luoghi di culto serbo-ortodossi in Kosovo. Fa proprio
tristezza vederla così: chiusa, abbandonata e circondata
dal filo spinato.Come
anche altre chiese in città.
Tornato in centro, noto che
la sera sembra molto animato, con la gente a passeggio, i
locali pieni; solo la presenza, discreta ma costante, dei
militarei della KFOR e delle loro camionette (a Prizren sono
di stanza i tedeschi) ricorda la situazione "anomala"
del Kosovo.Ad
animare la piazza contribuisce anche un concerto organizzato
dall'UNHCR in occasione dell'odierno "World Refugee Day".
Cena in piazza, ottima ed economica.Tornato
in albergo, dopo un po' vengo svegliato da forti rumori e
grida.
Mi affaccio alla finestra,
mezzo addormentato (quando viaggio mi corico presto, in modo
da svegliarmi all'alba e poter sfruttare al massimo la luce
per viaggiare in moto) e comprendo quello che è accaduto:
la Turchia ha superato il turno nell'odierna gara dei campionati
europei di calcio e la folla sta festeggiando con caroselli
di auto, sventolando bandiere turche; credo che questa immagine
chiarisca più di qualunque discorso dove sia il cuore
dei kosovari.
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