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Sei in: MOTO - BALCANI - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 6
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BALCANI
L'Europa frammentata

22.6.2008 - domenica - giorno 6
Pristina (KO) (8.00) - Zajecar (SRB) (19.03)
Km 459, viaggio h 11.03, guida h 6.39


Non posso entrare in Serbia direttamente dal Kosovo, perchè la Serbia, non riconoscendo l'indipendenza di questo Stato, considera illegale la mia entrata avvenuta dall'Albania (sul mio passaporto c'è il timbro dell'UNMIK, la Missione delle Nazioni Unite in Kosovo che ne controlla i confini anche dopo la dichiarazione di indipendenza, non certo quello delle autorità serbe); quindi devo uscire dal Kosovo (verso la Macedonia) e poi entrare in Serbia, per proseguire il mio viaggio.

Ma prima, ormai è anche una questione di principio, voglio visitare il monastero di Gracanica, la cui ricerca ieri mi è costata l'incidente che ha rischiato di bloccarmi.

Appena arrivato nel paese di Gracanica, mi rendo subito conto che sono in una zona abitata da serbi. Lo dicono le bandiere serbe esposte sulle strade, i simboli religiosi; mi sembra anche di notare un generale peggioramento delle condizioni di vita. Giunto al monastero, noto subito il lungo muro di cinta, rinforzato dal filo spinato.Di guardia sono alcuni soldati svedesi, sempre della missione internazionale. Solita trafila ed entro nel monastero. Noto anche una poliziotta kosovara, ma chiaramente di etnia serba, che, parcheggiata fuori l'auto di servizio,entra nel monastero a pregare.

Il monastero di Gracanica è uno dei più importanti monumenti dell'architettura serba medioevale; costruito (dal re serbo Milutin) tra il 1313 e il 1321, incendiato dai turchi alla fine del secolo e poi restaurato, nel 1539 fu dotato di una tipografia da cui uscirono i primi capolavori della stampa serba.

Oltrepassato il muro di cinta, ho ancora la sensazione, come negli altri monasteri, di essere fuori dal mondo; nulla lascia immaginare le tensioni esistenti fuori ... finchè non si guarda il filo spinato presente sulla recinzione. Visito con calma il monastero e il cortile, occupato da prati e da alberi.

Decido quindi di tornare a Pristina, che ieri (a causa dell'incidente) non ho avuto il tempo di visitare. Nella città è interessante la Sahat Kula (Torre dell'Orologio)e le moschee Carsi (o del Sultano) e Fatih (Imperiale)

Ma è ormai ora di lasciare questo paese e quindi dirigo verso la Macedonia.La frontiera macedone si passa abbastanza rapidamente (è una piacevole sorpresa in questo viaggio la relativa semplicità e rapidità dei controlli di frontiera) e in breve arrivo nella capitale Skopje. Significativo il Kameni Most, il grande ponte del XV sec. sul fiume Vardar, che unisce la vecchia città turca alla parte nuova.La fortezza (Kale), costruita dai bizantini e poi rimareggiata dai turchi, posta su una collina in un ampio parco, offre un bel panorama sulla città.Pranzo in un ristorante sul fiume (in questi posti è difficile spendere più di pochi euro per mangiare)e via verso un altro confine da attraversare. Prima però decido di fermarmi a visitare un monastero tra le montagne, quello di Staro Nagoricane. Qualche difficoltà per trovarlo, risolta chiedendo ad un locale che mi accompagna per un tratto con la sua auto. Il monastero, costruito nel 1313 dal re di Serbia Milutin, appare piuttosto malridotto. Parcheggiata la moto all'esterno, mi si avvicina una persona che, con una piccola mancia, mi apre la porta del recinto e mi fa visitare il complesso.

Adesso è l'ora di entrare in Serbia; poco prima della dogana, mi fermo un attimo e guardo la moto: è dall'Italia (tranne i veloci tratti autostradali) che viaggio con le bandiere europee e italiana spiegate al vento. Mi chiedo se sia il caso di farlo anche in Serbia, che certo non vede di buon occhio l'appoggio dato dall'U.E. alla recente indipendenza del Kosovo (per non parlare dei bombardamenti NATO del 1999). Ma decido di mantenerle aperte: non ho mai avuto problemi, in nessuno degli Stati che ho visitato, a causa della mia nazionalità, che non ho mai nascosto: voglio dare alla Serbia la possibilità di non smentire questa tradizione.

Però, prudenzialmente, copro l'adesivo della bandiera del Kosovo, ultimo aggiunto alla mia "collezione".Conoscendo la "sensibilità" dei serbi su questo argomento, meglio non "provocare".

Nelle soste verifico comunque grande simpatia, probabilmente anche provocata dalla moto; in una di queste (un classico) una bambina (o meglio il padre) chiede di essere fotografata sulla moto.I bambini sono uguali in tutto il mondo.

In Serbia (nessun problema alla frontiera) mi dirigo verso nord, lungo la strada principale di questo paese, qui però ancora non autostrada.

Noto dei cartelli stradali che indicano il Patriarcato, cioè il monastero Patrijarsija di Pec, che ho visitato ieri. Lo indicano come, in Italia, indichiamo una qualsiasi località storica importante "posta in Italia". Non vi è alcun accenno al fatto che il Patriarcato è, ormai, in un altro Stato, oltre un confine ormai, di fatto, esistente. E' indicato come se fosse una qualunque località serba, senza accenno alcuno che è in Kosovo. Sintomo, anche questo, di un non volere accettare quello che, ormai, non possono impedire.

Dopo Nis punto a nord-est e la strada peggiora decisamente. A tratti dissestata, presenta soprattutto alcuni tratti molto pericolosi, dove alcuni pezzi di asfalto sono stati semplicemente rimossi, in attesa di sostituzione; e senza alcun accorgimento per limitare i danni per i veicoli che ci finiscono dentro, soprattutto le moto (non ne ho vista nessuna), poichè i bordi di tali buche sono completamente verticali, con le conseguenze che potete immaginare quando, qualche volta, non riesco ad evitarle.

Un po' affaticato da questi tratti (che si prolungano per diverse decine di km), arrivo a Zajecar, città della Serbia orientale. Per trovare alloggio mi basta chiedere al primo automobilista, che mi accompagna subito ad un albergo in centro.

Sistemata la questione alloggio, giro in città, che non offre monumenti interessanti, ma una una verde piazza centrale circondata da locali affollati di gente. In uno di questi mi chiamano tre motociclisti locali, che mi hanno visto parcheggiare la moto: sono molto gentili e curiosi di sentire del mio viaggio (mi offrono anche un gelato). Racconto con piacere dei paesi percorsi: arrivato al Kosovo, cerco di essere il più "neutro" possibile, per non urtare la loro sensibilità. Ma, mentre racconto del mio giro dei monasteri serbi del Kosovo, noto un certo disagio nei loro volti e immagino cosa provino in questi momenti; purtroppo il loro inglese approssimativo non mi permette di approfondire l'argomento, cosa che, con le cautele del caso, credo sarebbe stato interessante fare.

Finisco la serata guardandomi Italia-Spagna, quarto di finale degli europei di calcio. I serbi paiono neutrali; l'eliminazione dell'Italia mi risparmierà analoghe partite nel prosieguo del viaggio (altrimenti avrei visto Italia-Russia insieme a un gruppo di Russi in Moldavia e l'eventuale Italia-Turchia il giorno del mio passaggio da Istanbul: cosa comunque interessante, dal punto di vista ambientale).

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