Russia:
San Pietroburgo
(e Budapest, Hrodna, Vilnius, Tallin, Riga,
Varsavia, Czestochowa, Bratislava)
Ho girato in moto in gran parte
dell'Europa, ma quasi mai nella parte orientale; mi hanno
sempre trattenuto altre mete per me più "appetibili"
(Capo Nord, Gibilterra, ecc.) e un po' il timore per quelle
strade, quei posti, quegli Stati.
L'occasione quest'anno è
data dal primo raduno internazionale Gold Wing (la mia moto)
che il neonato Gold Wing Club di Russia ha organizzato a San
Pietroburgo dal 17 al 20 agosto 2006. Inoltre questa volta,
contrariamente alle mie abitudini, non sarò solo: un'altra
moto, un amico, mi accompagnerà.
San Pietroburgo, da sola, giustificherebbe
un simile viaggio. Ma arrivare fino a lì e non approfittare
per vedere almeno un po' di quanto c'è di bello e interessante
sulla strada, sarebbe davvero un peccato. Preparo quindi un
itinerario che mi consenta di dedicare un po' di tempo ad
alcune delle interessanti città che troverò
sul mio percorso. Percorso che, comunque, all'andata sarà
dettato non dalla via più breve o rapida, ma dalla
curiosità di vedere posti e Stati dove non sono mai
stato, e molto diversi da quelli abitualmente visitati.
Un'avvertenza: l'ultimo giorno
del viaggio, ormai in Italia e rilassato, un ladro in autostrada
ha rubato il mio borsello da dentro la moto. La perdita che
mi ha più colpito non sono stati i soldi, la fotocamera
o i documenti (tutte cose sostituibili), quando le circa 900
foto (e filmati) che avevo fatto, con tanto impegno e passione
(oltre agli appunti di viaggio). Per questo motivo in questo
report non ci sono le mie solite foto a illustrare i testi.
Ringrazio Nazzareno che mi ha dato le sue foto, in modo da
permettermi di corredare questo racconto di qualche immagine
che renda almeno l'idea dei luoghi attraversati.
Se penso alla perdita delle foto, provo ancora una gran tristezza,
oltre a un gran prurito alle mani quando il pensiero va al
farabutto autore del furto ...
La partenza è fissata
in un giorno di esodo (sabato 12 agosto), ma per fortuna andiamo
verso nord, quindi quasi tutte le file sono nella direzione
opposta! Piuttosto il problema è la pioggia, che sarà
nostra compagna dal primo quasi all'ultimo giorno, con l'eccezione
di 2/3 giorni in Russia.
Già il primo giorno,
alla frontiera tra l'Austria e l'Ungheria, prendiamo confidenza
con un altro fenomeno che ci accompagnerà quasi sempre
in questo viaggio: le file alle frontiere. Le ho trovate in
quasi tutte le frontiere dell'est, a volte davvero impressionanti,
fino a 10,5 km di camion fermi in attesa di passare i controlli!
Le file delle auto sono meno lunghe, ma comunque per essere
smaltite a volte impiegano un'intera giornata, notte compresa.
Supereremo queste file con disinvoltura alla solita maniera
in cui in tutta Europa quasi tutti i motociclisti superano
le file di auto (e camion) fermi. Anche per questo, che bello
essere in moto! Non oso immaginare cosa significhi farsi tutte
quelle file: una cosa che mi farebbe passare la voglia stessa
del viaggio!
Prima di arrivare a Budapest
(la prima città che ho in programma di visitare), costeggiamo
il lago Balaton, il più grande d'Ungheria e il più
grande dell'Europa centrale. Non sempre è visibile
dalla strada costiera, a causa dei numerosi insediamenti rivieraschi.
Ci regala comunque alcuni bei panorami. Interessante, presso
il lago, è il Badacsony, la montagna di basalto (m
438): è una catena montuosa comprendente 15 montagne
basaltiche, di forma tronco conica, con sulla cima una vasta
spianata. Lungo i pendii, ricchi di vigneti, sono numerose
le colonne di basalto.
A Budapest puntiamo subito
verso il Danubio e il centro. Il fiume è imponente
ed è bello ammirare i 6 ponti che collegano le due
parti di Budapest: Buda a ovest (alta sulla riva destra) e
Pest (sulla riva sinistra). Molto animato e caratteristico
è il "Ponte della Catene" (Szechennyi), pedonale,
pieno di gente, ambulanti, venditori, cittadini che passeggiano
e turisti (molti italiani, questa sarà una costante
del viaggio: gli italiani li abbiamo incontrati praticamente
dovunque!). Il "Ponte della Catene" è il
primo ponte fisso che collegò Buda a Pest, nel 1849.
Budapest nacque nel 1873 dall'unione di 3 città: Buda,
Pest e Obuda.
E' grandioso il palazzo Reale
(Varpalota), in posizione dominante (a Buda) sul fiume, con
un fronte sul Danubio di oltre 300 metri.
Noto, in questo veloce attraversamento
dell'Ungheria per tutta la sua lunghezza (da ovest a est),
che l'Ungheria non è, come spesso si può essere
portati a credere, tutta pianura. Oltre ai rilievi già
citati vicino alla costa nord del lago Balaton, dopo Budapest
(diretto verso la Romania) ho modo di apprezzare i rilievi
(alti fino a oltre 1.000 m) alla mia sinistra, verso il confine
con la Slovacchia); alla mia destra si estende invece la grande
pianura ungherese.
Dopo Debrecen (interessante
la piazza della città, con la grande chiesa calvinista),
cerco un itinerario valido per giungere in Romania, anche
chiedendo indicazioni. Ci viene infine consigliata una strada
che non avevo considerato prima, anche perché segnata
in bianco sulla carta, ma che invece si rivela in discrete
condizioni. Entriamo quindi in Romania nei pressi della città
di Carei.
L'ingresso in Romania mi dà
l'impressione di essere veramente giunti in un altro mondo,
come uno stacco netto rispetto ai posti fin qui attraversati.
Ricorderò sempre la prima cosa che ho visto appena
superato il confine, nel paese di Urziceni: una lunga fila
di bovini che camminavano da soli tranquillamente in mezzo
alla strada! Tutti stavano rientrando dal pascolo: infatti
in quelle zone questi animali vengono lasciati pascolare liberi
tutto il giorno e la sera gli stessi tornano, da soli, presso
i loro ricoveri. Vedo quindi che ogni tanto qualcuno si stacca
dalla fila e .. svolta verso l'abitazione dei proprio padrone,
dove c'è una donna che aspetta l'animale sulla porta
di casa. Scatto numerose foto (di cui ho già spiegato
l'amara fine), non senza una certa apprensione, vedendo quegli
animali (con una massa superiore a quella pur non indifferente
della mia moto) sfiorarmi nel loro tranquillo incedere.
Superato indenni l'ostacolo
bovino, ci dirigiamo verso Satu Mare, la principale città
di questa zona della Romania.
A Satu Mare affrontiamo un
ostacolo inedito, almeno per me, abituato a girare soprattutto
nell'Europa occidentale: nessuno accetta euro o carta di credito
per mangiare o far benzina: solo valuta locale! Riusciamo
a cambiare fortunosamente qualche euro (più che sufficiente
per mangiare, visti i bassi prezzi); la mattina dopo cambiamo
in banca quello che ci seve per fare il pieno alle moto e
ci dirigiamo verso l'Ucraina.
Satu Mare non ci ha fatto una
gran bella impressione: le strade, i palazzi, le auto, sembrano
in non buone condizioni. La gente si dimostra invece curiosa
verso le moto e disponibile a dare indicazioni.
Attraversiamo la frontiera ad un valico secondario,
presso Halmeu. Come all'entrata nella Romania, siamo le uniche
moto: comprensibile la curiosità dei doganieri, che
non ci stressano più di tanto con i documenti.
L'entrata in Ucraina richiede meno tempo del previsto: in
25' superiamo tutti i controlli (uscita dalla Romania ed entrata
in Ucraina), senza nessuna perquisizione.
Sull'Ucraina sono stato messo
in guardia da diverse persone, soprattutto col consiglio di
stare attenti alla polizia. Affronto quindi le strade stando
molto attento ai limiti di velocità e ai segnali in
generale: in fondo sono solo poco più di 100 km da
fare in questo Stato. Ma la polizia non ci dà nessun
fastidio: la gente (come al solito) è incuriosita dalle
moto e saluta (soprattutto i bambini), ma perfino alcuni poliziotti
salutano sorridendo. Comincio a rilassarmi, nonostante la
pioggia intermittente.
Attraversata una piccola città
(con la strada dal fondo sempre peggiore), noto un castello
poco distante su un'altura: mi fermo per fotografarlo, proprio
vicino a una pattuglia di poliziotti. Ben presto si avvicina
un fuoristrada da cui scende un ... italiano, in Ucraina da
anni per lavoro. La meraviglia di incontrarsi è reciproca!
Scherziamo un po' tutti insieme, anche con i poliziotti che
intanto si sono avvicinati, facciamo alcune foto in gruppo
e poi ripartiamo.
Questa regione dell'Ucraina
è la Transcarpazia, che prima della II guerra mondiale
faceva parte della Cecoslovacchia. Noi stiamo passando nella
parte pianeggiante, vicino al confine con l'Ungheria alla
nostra sinistra: alla nostra destra vediamo le montagne dei
Carpazi, che separano la regione dal resto dell'Ucraina. L'ambiente
è tipicamente agricolo: nei numerosi villaggi che attraversiamo,
molti abitanti espongono davanti a casa i prodotti del loro
orto, in vendita su piccolissimi banchetti di legno.
Entrati in Slovacchia, dopo
un po' la strada finalmente comincia a farsi interessante
dal punto di vista motociclistico: un po' di curve e si comincia
a salire verso il passo Dukla (m 502) che segna il confine
con la Polonia. Bella strada davvero: con una tacita intesa,
il 1500 e il 1800 sbrigliano un po' di cavalli.
Il passo Dukla è anche
importante dal punto di vista storico: qui avvenne una cruenta
battaglia (settembre-novembre 1944) tra i tedeschi e i sovietici
e cecoslovacchi. Monumento commemorativo sul passo e numeroso
materiale bellico lungo la strada.
Superato il passo, storica
via di transito, ci affacciamo finalmente verso il nord Europa:
siamo in Polonia. Sono un po' in apprensione: ho letto dei
numerosi Koleiny presenti in Polonia. Si tratta di profondi
solchi che i camion scavano, a forza di passare, su quelle
strade. Fenomeno dovuto sia al numeroso traffico pesante che
alla cattiva qualità delle strade. Poco prima di partire
degli amici appena passati dalla Polonia mi hanno detto che
non ci sono più, ma non sono tranquillo: la Polonia
è grande e magari loro hanno fatto una strada diversa
dalla mia.
Già, la strada: prima
di partire sono stato molto incerto sulla strada da prendere
per attraversare la Polonia e alla fine ho deciso per una
strada che passa da Varsavia. Ma qui, sul passo, ecco un fortunato
incontro: due Gold Wing si avvicinano. La solidarietà
tra motociclisti è forte e poi, quando addirittura
si incontrano altre due moto dello stesso modello non si può
certo fare gli indifferenti. Ci avviciniamo, chiacchieriamo
e, tra una risata e una foto, chiedo consiglio sulla strada
per Bialystok (da dove domani dovremo entrare in Bielorussia).
La risposta è categorica: non passare da Varsavia!
Mi consigliano una strada più a est, lungo la frontiera
orientale (passando da Lublino), molto meno trafficata di
camion. Facendo il raffronto con la strada fatta al ritorno
(quando comunque passerò da Varsavia per visitarla
e perché è la strada più breve per l'Italia),
posso dire che è stato un ottimo consiglio: traffico
scarso e Koleiny pochi.
E allora giù attraverso
la Polonia, su belle strade, piuttosto rettilinee e con la
caratteristica di superare le numerose colline con notevoli
variazioni altimetriche, un susseguirsi su dossi piuttosto
pronunciati che fanno quasi mancare il respiro quando, dopo
una lunga rettilinea salita, si passa subito ad un'altrettanta
lunga e rettilinea discesa. E' comunque un modo per spezzare
la monotonia della strada, rettilinea certo molto più
della precedente in Slovacchia.
Molte strade sono state appena
rifatte con i fondi dell'Unione Europea (come indicano i cartelli)
e quindi sono in ottimo stato. Qualche deviazione per lavori
ancora in corso ogni tanto. Il paesaggio varia da campi coltivati
a pascolo a foreste. Meno pianura di quanto mi aspettassi:
sono soprattutto basse colline.
Uno dei passaggi più "delicati"
del viaggio è quello in Bielorussia. La Bielorussia
è in pratica l'ultima dittatura d'Europa, senza opposizione
in parlamento, oggetto di numerose condanne per violazione
dei diritti umani, con un turismo praticamente inesistente,
motociclistico poi neanche a parlarne. Ma ho deciso di passare
da questo Stato e di visitare Hrodna, definita dalla guida
"il centro più caratteristico della Bielorussia".
Inoltre l'occasione del viaggio in Russia mi ha permesso di
ottenere facilmente un visto di transito per questo Stato,
anche se in effetti avrei potuto più comodamente passare
per la Lituania.
Arrivati alla frontiera, l'uscita
dalla Polonia richiede appena 5 minuti: mi avvio, un po' emozionato,
attraverso la "terra di nessuno", verso il lato
bielorusso.
Ne ho attraversate tante di
frontiere, ma mai come in questo momento ne sento proprio
la presenza "fisica"; percepisco che, "al di
là", oltre quella linea, c'è un mondo diverso,
un'organizzazione diversa, una libertà diversa. E,
in fondo, uno dei motivi per cui mi piace viaggiare in moto,
è che, quando entro in un altro paese, ci arrivo con
la mia moto, ci arrivo "metro per metro", attraversando
tutti i confini esistenti tra casa mia e quel paese; non vengo
"comodamente scaricato" da un volo charter dall'altra
parte del mondo, intontito dal "jet lag", poche
ore dopo aver chiuso la porta di casa mia. No, in moto è
diverso, con la propria moto è diverso. Forse anche
per questo cerco di percorrere sempre in moto e sempre via
terra tutto il percorso necessario per arrivare alla mia meta,
rifuggendo, finchè possibile, passaggi forse più
comodi e veloci come i traghetti e spedizioni della moto in
treno o via aerea.
Comunque, adesso sono di fronte
alla guardie bielorusse. Il primo impatto è già
significativo: le divise sembrano appena uscite da un film
sovietico, con i copricapi dal caratteristico frontale rialzato.
Gli sguardi anche, non sono come quelli dei loro colleghi
polacchi che mi hanno appena dato il via libera. Ma forse
è tutto un "gioco di ruolo", in fondo è
questo il loro ruolo, quello che si aspetta da loro; e, soprattutto
nei più giovani, noto una repressa curiosità,
insopprimibile, che dopo pochi minuti ci porta se non a "fraternizzare",
quanto meno a ... discutere e scherzare sulla moto e sui suoi
cento e passa accessori.
La procedura di passaggio è,
comunque, complessa, divisa nelle competenze tra diversi corpi
che mi sembra di distinguere in tal modo: i militari all'inizio
dell'area di frontiera ci fermano per un primo sommario controllo
e ci danno un biglietto con su scritta l'ora, da restituire
all'uscita. La polizia ci controlla per bene tutti i documenti
(passaporto, visto, carta di circolazione della moto, carta
verde, patente internazionale). Poi c'è, credo, la
dogana in senso stretto, che controlla i bagagli e la moto.
Mi chiedono il numero di telaio, ma sulla Gold Wing 1500 è
sulla forcella, in posizione difficilmente raggiungibile (bisognerebbe
smontare mezza moto): gli mostro il numero del motore (più
accessibile) e gli faccio capire che è meglio che si
accontentino di quello, altrimenti c'è da smontare
la moto; per fortuna basta. Ci fanno anche compilare un modulo
scritto in ... Bielorusso, cioè anche in cirillico.
Praticamente lo compilo alla cieca e, tenendo presente che
tutto avviene sotto alla pioggia in una area scoperta, alla
fine il pezzo di carta che ne esce è davvero impresentabile:
abbozzo un sorriso e lo presento lo stesso; della serie "di
meglio in queste condizioni non si può fare".
Sinceramente non so quanti
uffici diversi abbiamo passato, credo sette; ma alla fine,
dopo un'ora e 37 minuti di controlli bielorussi, ne siamo
fuori e dirigiamo, attentissimi ai limiti di velocità
e ad ogni segnalazione, verso Hrodna.
Hrodna è vicina e dopo
meno di mezz'ora siamo già sulle rive del Neman, l'ampio
fiume che sfocia in Lituania (col nome di Nemunas) dopo averne
segnato per un lungo tratto il confine con la Russia. Ma,
anche in quei pochi minuti, è tangibile che non sono
le solite colline, le solite foreste e fiumi: siamo davvero
in un posto diverso: da come la gente sulla strada ci guarda,
sembra davvero che di moto, e per di più straniere,
qui ne passino molto poche.
La città presenta, sul
fiume, due castelli (Vecchio - Stary Zamak e Nuovo - Novy
Zamak). Attraversato il fiume, giungiamo in un piazzale dove
si nota subito il Teatro d'arte drammatica, moderno e monumentale,
dalla caratteristica forma poligonale. Dal
teatro, poco in cima ad un altura, si vede il vicino fiume
Neman. Torniamo
alle moto e
ci dirigiamo verso la vicina piazza principale, dove sorge
la grande cattedrale Farny.
Ho qualche difficoltà
a percorrere i pochi metri, a causa dei sensi vietati e dei
divieti di sosta (ma perché non ci vai a piedi, direte
voi? Perché, quando sono in moto, ai posti mi piace
arrivarci in moto, finchè possibile) e ad un certo
punto vedo che si avvicina un auto suonando e salutando: guardo
dentro e vedo un ragazzo con un cappellino azzurro con la
scritta ITALIA; il padre abbassa il finestrino e mi grida
di essere italiano (calabrese) e di abitare da anni lì
(la moglie, bielorussia, siede accanto). Bene, italiani anche
qui: inutile cercare di descrivere l'entusiasmo che si leggeva
sui loro volti (da tenere presenti che le nostre moto sono
di nazionalità facilmente riconoscibile, con le bandiere
italiana ed europea aperte e sventolanti).
Alla frontiera l'uscita dalla
Bielorussia richiede esattamente un'ora, l'entrata in Lituania
3 minuti! Credo che un interessante sintomo del tipo di paese
che si sta per visitare è quanto tempo ti fanno perdere
in frontiera e anche quanto rispetto dimostrano verso chi
questi controlli deve subire (attesa al coperto o sotto la
pioggia, uffici concentrati o distanti e con controllori differenti).
Entrati in Lituania, dirigiamo
verso la capitale, Vilnius. Per visitarla adotto la mia solita
tattica: dirigo con la moto verso il centro, parcheggiandola
nel punto più centrale possibile, se possibile, e se
non è possibile chiedendo permesso (di solito la polizia
è comprensiva). Da
lì, guida in mano, a piedi in breve tempo si visita
il centro storico (se la città non è molto grande).
Percorriamo quindi una delle strade più antiche della
città, la Pilies Gatve, fino
alla piazza della Cattedrale (Katedros Aixste), con
la statua equestre del Granduca Gediminas.
La città, come le altre
baltiche che visiteremo, è piena di vita; numerosi
turisti e locali che passeggiano per le sue vie, nonostante
la pioggia intermittente.
Sulla via per Riga,
una deviazione ci allontana dalla strada principale per la
capitale lettone e ci ritroviamo in una strada di campagna.
A un certo punto arriviamo a un bivio, nel nulla.  La
deviazione è stata comunque interessante: avvistiamo
anche delle cicogne e il loro nido.
Queste
deviazioni comiciano a diventare frequenti: infatti,
come in Polonia, anche qui, nei paesi baltici, stanno rifacendo
molte strade, tutte con i fondi dell'Unione Europa: in effetti
ne hanno bisogno, visto come erano ridotte (e lo sono ancora
in molti casi) a causa del traffico pesante e della (immagino)
scarsa qualità costruttiva.
A nord di Riga avviene uno
degli incontri più emozionanti: ci raggiungono ad uno
stop per dei lavori in corso. Sono in 3, su 3 BMW GS 1200;
vengono da San Paolo (Brasile), sbarcati a Lisbona, hanno
attraversato tutta l'Europa e adesso, come noi, sono diretti
in Russia per arrivare ... in Mongolia! Parlo in inglese con
uno di loro (tedesco, mentre gli altri sembrano brasiliani)
e ci facciamo foto a vicenda. Le moto sembrano attrezzate
proprio per un lungo viaggio (borse rigide Touratech, taniche
e fari supplementari, borse stagne per tenda e altro). E'
proprio vero che, per quanto lungo sia il tuo viaggio e ti
porti lontano, c'è sempre qualcuno che va più
lontano. 
Tallin non delude le mie aspettative: la
medioevale piazza del mercato (Raekoja plats)  è
molto bella, piena di vita e di venditori ambulanti, circondata
da edifici medioevali perfettamente conservati e dal gotico
municipio (Raekoda), con la sua alta torre. E'
bello passeggiare per le vie della città vecchia (Vanallin). 
Ci rechiamo quindi verso Toompea,
la collina della cattedrale, la
rocca che domina sul porto e la città vecchia. Al tempo
della Lega Anseatica era la sede del clero e dell'aristocrazia
feudale, chiusi in questa cittadella indipendente dall'amministrazione
civica di Tallin fino al 1889. La fortezza (Toompea Loss), fu
costruita dall'Ordine Teutonico nel 1222, poi nei secoli modificata
e ingrandita, fino a essere sede nel '700 del governatore
russo e adesso del Parlamento estone. La cattedrale (Toomkirik) è
sede della Chiesa luterana estone.
L'ultima tappa prima della
Russia ci porta a Narva, ultima citta estone, proprio sul
confine. Come da programma, siamo arrivati al confine russo
in 5 giorni, dopo 4.097 km.
Narva, terza città dell'Estonia,
è in grande maggioranza abitata da gente di lingua
russa: imponenti le due fortezze che si fronteggiano sul fiume
Narva
(che segna il confine con la Russia), oltre il quale c'è
la città russa di Ivangorod.
Ci avviamo verso il confine,
segnato dal fiume e ci fermiamo al primo cancello. C'è
un box con un cambiavalute: prima dico no alla sua richiesta,
poi ci ripenso e faccio bene, poiché un po' di rubli
ci serviranno già per una tassa in frontiera. Noto
una lunga fila di pedoni che si apprestano ad attraversare
il ponte, nella "terra di nessuno", tra la dogana
estone e quella russa. Accanto a noi aspetta uno dei pochissimi
motociclisti locali incontrati, su un ciclomotore di marca
"Riga". L'uscita
dall'Estonia richiede una ventina di minuti; percorriamo quindi
il ponte (avanzando di un'ora) e mettiamo piede (e ruote)
in Russia: adesso comincia il bello!
Primo controllo, ore 9.49.
Non mi ricordo esattamente tutta la sequenza, ma mi sembra
si cominci con qualcuno che ci dà il solito modulo
in cirillico da compilare: ovviamente non ci capiamo niente
e al secondo (o terzo) controllo finalmente qualcuno con più
buon senso (o più moduli) ce ne dà uno in inglese.
Somiglia a quello bielorusso, forse è proprio lo stesso.
Qui almeno non piove e comunque siamo al coperto: lo compiliamo
quindi abbastanza facilmente. Poi si passa tra militari, controlli
ai bagagli (pochi, per la verità), documenti vari.
Ben pochi parlano inglese e chi lo parla dimostra di conoscerne
poche parole. Il visto è a posto, per fortuna. So già
di dover fare l'assicurazione per la moto, poiché la
Russia non fa parte del sistema della Carta verde, quindi
quando l'addetta comincia a parlare (tutto in russo!) mostrando
la carta di circolazione della moto e facendo capire che manca
qualcosa, afferro al volo e chiedo cosa devo fare, mostrando
i (pochi) rubli e gli euro. Mi mandano nei vicini uffici.
Va bene, penso, ci sarà un altro impiegato (come al
solito) che svolge questa funzione. Ma l'impiegato non c'è!
Si tratta credo di un dipendente di un'assicurazione che svolge
questo servizio. Fortuna che siamo arrivati al confine quasi
alle 10: se fossimo giunti la sera avremmo dovuto aspettare
tutta la notte! Non siamo gli unici ad attendere: c'è
un winger tedesco, anche lui diretto al raduno di San Pietroburgo.
Dopo un po' l'impiegata dell'assicurazione arriva e ci fa
il documento necessario. Paghiamo senza problemi in euro,
anzi addirittura ce ne cambia anche qualcuno in più
perché intanto ho scoperto che l'addetta alla dogana
chiede una piccola tassa in rubli.
Sono le 11.19: solo un'ora
e mezzo per entrare in Russia. Temevo peggio. Passata la frontiera,
noto subito il cambiamento. C'è un'aria quasi di abbandono,
degrado. Gente per strada, che non si sa bene cosa aspetti
e stia facendo, forse niente. In tutto questo la mia moto
spicca come un pugno nello stomaco. Sono solo: Nazzareno tarda
ancora pochi minuti, per l'ultimo controllo. Mi raggiunge
e poco dopo anche il tedesco. Dovrebbero esserci anche i russi,
ma non si vede nessuno. Prendo un po' di tempo, pulendo un
po' la moto, ma alla fine, non vedendo ancora nessuno venuto
ad accoglierci, decido di dirigermi verso San Pietroburgo.
Il tedesco si accoda volentieri.
Do alcune semplici raccomandazioni
prima di partire: "io in testa, rispetto assoluto delle
indicazioni stradali, attenti agli stop, soprattutto a quello
che troveremo tra poche centinaia di metri". Infatti,
dopo meno di un km, c'è uno stop, su un rettilineo,
che se non ne avessi letto prima di partire forse non me ne
sarei nemmeno accorto. Mi fermo (e gli altri due dietro) e
dopo un po' (il trucco è quello, non uscire subito
per vedere se i malcapitati si muovono senza permesso e poi
...) esce un poliziotto che ci chiede le patenti (internazionali):
gli basta questo, non gli serve il passaporto. Ripartiamo.
La strada è piuttosto dissestata e quindi non è
difficile rispettare i 90 km/h del limite di velocità. Nell'attraversamento
delle città il limite è 60.
Ho detto città, ma in
effetti, tranne una, non troveremo vere città fino
alla periferia di San Pietroburgo: solo villaggi, con case
di legno, orti e poca gente che vende i prodotti dei propri
orti su piccolissimi banchetti davanti a casa. Il tutto dà
l'impressione di una diffusa povertà. In queste condizione
di "scarsa urbanizzazione" devo fare attenzione
a rallentare ogni volta che entro in queste "città",
ma lo faccio: non voglio problemi.
Dopo un po' la strada migliora
e la seconda parte dei circa 140 km che ci separano dall'ingresso
in San Pietroburgo procede con meno scossoni.
Arrivati in città, si
presenta il problema di attraversarla per raggiungere la sede
del raduno, l'hotel-campeggio Olgino, posto a nord di San
Pietroburgo (noi arriviamo da sud e non c'è una circonvallazione
completa): essendo senza le guide russe e senza mappe dettagliate
del gps, mi affido alla vecchia cartina; ma attraversare una
città di quasi 5 milioni di abitanti, così vasta
e con un simile traffico non è semplice. Vado per un
po' "a naso" e poi, fermo in fila ad un semaforo,
vedo un grosso fuoristrada, dai vetri scuri, accanto a me.
E' la classica macchinona che in televisione spesso è
associata ai boss locali, arricchiti magari con affari non
completamente leciti. Comunque noto che lui mi osserva, leggermente
incuriosito: faccio un cenno, si abbassa un finestrino e gli
chiedo la strada per raggiungere l'hotel-campeggio Olgino.
Mi dà alcune indicazioni, ringrazio, ci penso un po',
ma mi rendo conto che forse non basteranno (San Pietroburgo
è talmente grande e piena di ponti) e noi stiamo solo
all'inizio, e quindi ne chiedo ancora. Mi fa cenno di seguirlo
... e qui comincia l'avventura.
In questa occasione capisco
come guidano i russi: da pazzi! Al verde parte a razzo e noi
tre ci buttiamo all'inseguimento. La velocità è
spesso superiore ai limiti, e non di di poco. Le strade di
San Pietroburgo sono ampie, ma piuttosto trafficate. L'unica
cosa buona è che segnala sempre con buon anticipo le
svolte, ma vi assicuro che non è stato semplice stargli
dietro, soprattutto nelle curve affrontate ad alta velocità,
con gli infidi (e piuttosto sconnessi, ma non deragliano mai?)
binari dei tram sempre lì a metterci in difficoltà
durante le pieghe. In 25' attraversiamo oltre 10 km di città,
da sud a nord! Circa metà del tempo che ci metterò
nei giorni successivi ...
Imboccata la strada che porta,
ormai diritta, verso l'Olgino, ci saluta e se ne va. Ben presto
siamo fuori dalla città e la strada diventa un'ampia
autostrada, finalmente comoda e ben asfaltata (la stanno rifacendo
proprio in questi giorni), con una particolarità che
mi colpisce. Sarà forse perché in Russia non
hanno problemi di spazio, ma tra le due carreggiate non c'è
il solito spartitraffico; non c'è nemmeno uno spazio
vuoto, con un prato o una siepe come talvolta accade; no,
c'è un bosco. Tra le due carreggiate ci sono in certi
punti quasi 100 metri! Uno scontro frontale è praticamente
impossibile.
I russi, anche se non ci hanno
aspettato in frontiera, hanno almeno reso noto le coordinate
della sede del raduno; quindi, col punto memorizzato sul gps,
sono tranquillo di arrivarci. Infatti, finalmente (sono quasi
le 3 del pomeriggio), lo vedo. Siamo arrivati! 
Si tratta di un complesso molto
grande, con un albergo e un ampio spazio per campeggiare nella
foresta (e' uno dei pochi campeggi della Russia). Nell'ampio
piazzale d'ingresso sono presenti già diverse moto
(alla fine saremo oltre 200) provenienti da tutta Europa,
dal Portogallo alla Norvegia, oltre ovviamente ai Russi, arrivati
fin da Vladivostok. Formalizzata l'iscrizione (qui accettano
tranquillamente gli euro e trovo anche una russa dell'organizzazione
che parla perfettamente italiano), monto la tenda e comincio
a incontrare degli amici, di varia provenienza. C'è
già un discreto gruppo di italiani (saremo in tutto
11 moto): la maggior parte è arrivata (fin da lunedì)
dalla vicina Finlandia, dove c'è stato un analogo raduno
l'ultimo finesettimana; alcuni con un giro organizzato, passando
anche da Mosca; altri, come noi, direttamente dall'Italia.
Decido di vedere com'è
la situazione rifornimento di carburante: faccio un giro nei
dintorni e mi rendo conto che non accettano le carte di credito
nè gli euro; cambio quindi un po' di euro e faccio
il pieno. Ora
sono più tranquillo. La sorpresa più piacevole
è però il prezzo al litro della benzina: 60
centesimi!!!!!
Riposo un po' in tenda, perché
stasera è prevista la "sfilata delle luci",
e qui a San Pietroburgo si farà davvero tardi.
Ma, prima di cominciare a visitare
San Pietroburgo, credo sia opportuno spendere qualche parole
sulla storia di questa città. San Pietroburgo fu fondata
dallo zar di Russia Pietro I il Grande nel maggio 1703. A
quel tempo la Russia aveva solo due accessi al mare: il Mar
Nero a sud, controllato però dai Turchi, e il porto
di Arcangelo a nord, bloccato dai ghiacci per molti mesi l'anno.
Lo zar voleva creare un avamposto verso l'Europa, contrastando
la potenza navale della Svezia. La zona era paludosa e furono
affrontate imponenti opere di bonifica e consolidamento del
terreno.
Pietro il Grande varò diverse misure per favorire la
crescita della città, come l'obbligo di risiedervi
per la nobiltà, la proibizione dell'uso del legno consentendo
solo quello delle pietre (che invece veniva vietato nel resto
del Paese), il trasferimento della capitale da Mosca (1712).
Lo zar la battezzò con un nome tedesco/olandese: Sankt
Petersburg. Nel 1914 il nome fu russificato in Pietrogrado
(a causa della guerra con la Germania), nel 1924 Leningrado,
nel 1991 (in seguito a referendum) torna al nome originario
di San Pietroburgo (in russo Sankt Peterburg). Conta 4.670.000
abitanti (cens. 2002).
Alle 23, puntuali, partiamo
tutti in gruppo per la "sfilata delle luci", una
tradizione dei raduni Gold Wing. Sono un mototurista che viaggia
normalmente da solo, rifugge dalla confusione e ama la tranquillità.
Ma vi assicuro che un'esperienza come questa rimarrà
impressa nella mia mente: quasi 200 Gold Wing, con tutte le
"luminarie" accese e le bandiere al vento, che attraversano
festose una delle città più belle del mondo,
illuminata anch'essa in una magnifica notte d'estate, su è
giù per i suoi ampi e scenografici viali!
Parcheggiamo le moto in piazza
Lenin, sulla Neva. Da lì si ha un magnifico panorama
sui ponti di San Pietroburgo che, ogni notte, all'una, si
aprono in sequenza per permettere il passaggio delle navi.
Consiglio di non perdere questo spettacolo, molto suggestivo,
anche per l'accurata illuminazione.
Mentre aspettiamo, un russo
ci invita ad un giro supplementare in moto: detto, fatto;
saltiamo in sella e via per i viali della città, con
un gruppetto più ristretto, completando il giro con
una magnifica "parata" notturna lungo la Nevskij
Prospekt, il viale principale della città, suo autentico
cuore pulsante, pieno di vita anche a quell'ora (è
quasi l'una di notte), lunga 4,5 km e larga da 25 a 60 m.
Rientriamo a piazza Lenin giusto in tempo per vedere lo spettacolo
dell'apertura dei ponti. Addirittura passiamo sull'ultimo
ponte quando già ci sono le transenne per chiuderlo
(ma la polizia ci fa cenno di passare) e vedo nella specchietto
che comincia ad alzarsi appena lo superiamo!
Ritorniamo al campeggio alle
due passate, ma ne è valsa la pena! 40 km percorsi
in moto su e giù per le strade di San Pietroburgo!
Nei dintorni di San Pietroburgo
è interessante da visitare Kronstadt. Questa è
una città sull'isola di Kotlin nel golfo di Finlandia,
a metà tra la costa settentrionale e quella meridionale,
proprio di fronte a San Pietroburgo, da cui dista circa 25
km (via mare). Via terra è possibile arrivare all'isola
dalla costa settentrionale del golfo, attraverso uno spettacolare
ponte diga, lungo oltre 13 km.
Raggiungo Kronstadt in gruppo
con le altre Gold Wing; la lunga fila di moto, dopo alcuni
km di strada costiera, imbocca
il ponte. Non
è una giornata di sole con buona visibilità,
ma almeno non piove. I numerosi operai dei cantieri sul ponte
(sono in corso lavori di allargamento) ci guardano con curiosità
e salutano un lungo serpentone di grosse moto, certo inusuali
da queste parti. Percorriamo i 13 km in formazione compatta,
in mezzo al mare, con San Pietroburgo alla nostra sinistra
e il mare aperto alla nostra destra. Ogni
tanto ci sono dei varchi per il passaggio dell'acqua e (forse)
per piccole imbarcazioni.
Arrivati sull'isola, parcheggiamo
le moto nell'ampia piazza di fronte alla cattedrale, sede
anche di un museo militare.    Kronstadt
fu fondata nel 1703; nacque come fortezza e poi porto militare
e commerciale, in posizione strategica rispetto alla città
di San Pietroburgo, con numerose fortificazioni rinnovate
anche nell'800. E' collegata a San Pietroburgo da un canale
navigabile che permette l'accesso alle navi di maggior tonnellaggio
(in questa parte del golfo di Finlandia il fondale è
infatti piuttosto basso).
Si visita la chiesa-museo,
si acquista qualche souvenir, qualche chiacchiera con amici
rivisti dopo tanto tempo, e
poi ci dirigiamo verso il porto, dove sono anche numerose
navi militari. Qui
la strada finisce, poiché la seconda parte del ponte,
che dovrebbe collegare l'isola alla costa sud del golfo di
Finlandia, realizzando quindi un utilissimo passante per evitare
di attraversare San Pietroburgo, non è mai stata completata
(nonostante sia segnata sulla mia cartina). Tenete presente
anche che la lunga circonvallazione di San Pietroburgo non
è completa, quindi per andare dalla periferia nord
a quella sud spesso è necessario passare dal centro.
Altro posto imperdibile nei
dintorni di San Pietroburgo è Pedrodvorec, sulla costa
sud del golfo di Finlandia, dove si trova la reggia di Peterhof.
La reggia (dicono) chiude alle
19 (anche se resteremo fino alle 19.45). Vale la pena andarci
anche solo per visitare l'esterno, che è meraviglioso,
stupefacente.
La reggia è posta di
fronte al mare, già da lontano si vedono i tetti luccicanti
d'oro. I palazzi, dalle architetture barocche ricche di stucchi
dorati, sono circondati da vasti giardini e monumentali cascate
e fontane. Uno scenografico canale lungo circa 500 metri la
collega al mare. Dal lato verso il mare, nel giardino, si
trova la "Grande Cascata", con 64 fontane e 225
statue in bronzo dorato. E' una cosa da lasciare senza fiato:
ogni statua è più alta di una persona; rappresentano
divinità marine, i fiumi russi, il mito di Perseo e
Andromeda. La Fontana posta di fronte alla Grande Cascata
(detta di Sansone) ha uno zampillo alto più di 20 m,
con una grande scultura di Sansone simboleggiante la vittoria
russa contro gli svedesi nel 1709 (27 giugno, giorno di S.
Sansone).
Ad una certa ora i custodi,
finito il loro orario di lavoro, se ne vanno lasciando aperti
i giardini (succede anche in altri posti in Russia) che quindi
sono liberamente visitabili, senza pagare nulla.
A San Pietroburgo, un po'
distante dalla zona centrale monumentale, è da visitare
il complesso di Smol'nyi, sulla Neva. In questo luogo, dove
sorgeva, prima della fondazione di San Pietroburgo, un porto
svedese, la figlia di Pietro il grande, l'imperatrice Elisabetta
Petrovna, decise di costruire un monastero destinato all'educazione
delle orfane, ma Caterina II sospese i lavori e nel 1765 fondò
un collegio per giovani nobili e una casa di riposo per le
vedove aristocratiche. Bellissima la Cattedrale della Risurrezione,
barocca, bianca e azzurra, con cinque enormi cupole (fino
a 85 m di altezza). Accanto è il palazzo Smol'nyi,
sede dell'Istituto femminile di studi, sorto per educare le
fanciulle di nobile famiglia: presenta una facciata imponente,
ma è molto importante anche per la storia contemporanea,
poiché il 22.10.1917 vi si insediò il Comitato
Rivoluzionario e fu eletto il primo Soviet, lì rimasto
fino allo spostamento della capitale a Mosca; da qui partirono
i Bolscevichi per la conquista del Palazzo d'Inverno, il 7
novembre 1917 ("Rivoluzione d'Ottobre"). E, per
concludere questi riferimenti rivoluzionari, la piazza antistante
è la Piazza della Dittatura del Proletariato (uno dei
pochi toponimi sopravvissuti al crollo del comunismo), con
due propilei (costruiti nel 1923) con le celebri iscrizioni
"Proletari di tutto i Paesi unitevi!" e "Primo
Soviet della dittatura del proletariato", e statua di
Lenin.
Poco più a sud è
l'Alexsandro Nevskaja Lavra (il monastero di Alexandr Nevskij),
posto al termine della Nevskij Prospekt. Costruito da Pietro
il Grande nel 1713, comprende la grande cattedrale della Trinità
(Troickij Sobor), costruita da Caterina II alla fine del '700.
Il complesso è imponente e molto bello. Dal monastero
consiglio di percorrere per tutta la sua lunghezza la rettilinea
Nevskij Prospekt, che ci porta nel cuore della città,
di fronte ai palazzi dell'Ammiragliato e dell'Ermitage, che
visiterò dopo.
La Nevskij Prospekt, come già
detto, è il viale principale della città, il
suo autentico cuore pulsante. E' lunga km 4,5, dall'Ammiragliato
al monastero Alexandr Nevskij, larga da 25 a 60 m. Il primo
tratto, il più lungo (fino alla piazza Vosstanija)
fu costruito a partire dal 1710 per facilitare il trasporto
dei materiali da costruzione destinati all'Ammiragliato provenienti
da Novgorod attraverso l'attuale Ligovskij prospekt, da dove
si arrivava all'Ammiragliato attraverso le paludi. Intanto
Pietro il Grande fondava il citato monastero di Alexandr Nevskij
che veniva collegato alla nuova strada, costituita quindi
da due segmenti quasi allineati. La nuova città si
andò sviluppando attorno a questo asse, abbellito da
una fila ininterrotta di palazzi.
La via ha anche un valore simbolico,
collegando l'Ammiragliato, simbolo della nuova potenza marittima
della Russia, e il monastero di Alexandr Nevskij, che sorge
sul luogo dove il principe Alessandro di Novgorod (detto Nevskij,
poi canonizzato) sconfisse nel 1240 gli svedesi.
La Nevskij Prospekt ho
perso il conto di quante volte l'ho percorsa in moto (e in
parte a piedi), da solo e in sfilata con le altre Gold Wing:
è troppo bella, soprattutto da percorrere in
moto (col traffico bloccato per noi quando sfiliamo in gruppo).
La gente guarda noi, e noi guardiamo la gente e la strada. 
Parcheggiata la moto di fronte
alla cattedrale di S. Isacco,
comincio il giro per la zona centrale di San Pietroburgo.
Se non si hanno molti giorni
a disposizione, conviene, dopo aver fatto un giro della città,
concentrarsi su alcuni elementi. Il primo monumento ce l'ho
subito davanti agli occhi: la cattedrale di S. Isacco. A
croce greca, grandiosa, con quattro portici monumentali composti
da 112 colonne monolitiche di granito di Finlandia alte 16
m e pesanti (così dicono le guide) 114 t ciascuna.
La cupola dorata è alta 102 m; 4 campanili, 350 statue
sul tetto.
Nella piazza trovo il più
vasto assortimento di matrioske che abbia visto a San Pietroburgo
(regalo assicurato per moglie e figlia).
La cattedrale di S. Isacco
è vicina al palazzo dell'Ammiragliato, con la sua alta
guglia dorata, vero
punto di riferimento per la città (la si vede da lontano
quasi da ogni direzione), nonchè punto terminale di
tre grandi arterie (Nevskij e Voznesenskij prospekt, e ulica
Gorohovaja). Costruito nel 1704 come semplice cantiere navale,
dal 1711 vi si installò l'Ammiragliato, oggi è
sede della Scuola Superiore della Marina da Guerra. Presenta
due lunghi fronti (di oltre 400 m): a nord verso la Neva e
a sud (verso la Nevskij prospekt) di fronte a un bel giardino,
pieno di fontane e statue. Sul
grande palazzo si notano però i segni del tempo e di
una necessaria costante manutenzione.
Il lato corto occidentale affaccia
sulla piazza dei decabristi che ha al centro la famosa statua
equestre di Pietro il Grande. Fu
fatta erigere da Caterina II; impressionante la colossale
base, di granito della Carelia, di 1600 tonnellate. Il trasporto
del granito fu effettuato via terra su rotaie di legno e via
fluviale, e durò due anni, durante i queli decine di
operai modellarono il blocco di granito. Questo mi fa pensare
a quanto tempo e manodopera a buon mercato avessero gli zar,
quando decidevano di fare qualcosa!
Oltre la piazza ci sono due
palazzi gemelli, uniti da un'arcata con gli stemmi delle principali
regioni della Russia: sono il Senato e l'ex Sinodo.
Tornando quindi indietro, raggiungo
la piazza del Palazzo (Dvorcovaja ploscad), centro simbolico
dell'impero e luogo simbolo della Rivoluzione d'ottobre (con
la presa del palazzo d'Inverno). Al centro della piazza vi
è la colonna di Alessandro I (1834), il più
grande monolito del mondo moderno (600 t) in granito, alta
m 47,5. La
piazza, sul cui angolo nord-occidentale si affaccia il già
visto Ammiragliato, presenta sul suo lato settentrionale il
famoso Palazzo d'Inverno e su quello meridionale due ali di
costruzioni (lunghe ben 580 m), già sede dello Stato
Maggiore Generale e del Ministero degli Esteri, collegate
da un arco di Trionfo che celebra la vittoria del 1812 sulle
armate napoleoniche. 
Tra lo Stato Maggiore e il
palazzo d'Inverno c'è l'ex Stato Maggiore della Guardia,
da dove Lenin diresse la Rivoluzione d'Ottobre. Ma ormai l'attenzione
è rivolta tutta al palazzo d'Inverno. La prima cosa
che mi colpisce sono le dimensioni. E' enorme:    circa
400 m sul lato lungo, oltre 1000 stanze, 1787 finestre, 117
scale, 176 statue sui tetti. Il punto migliore per averne
una visione d'insieme è da sotto l'Arco di Trionfo
descritto prima. Il palazzo d'Inverno fu costruito nel 1732-35
dalla figlia di Pietro in Grande, l'imperatrice Elisabetta
Petrovna, architetto Bartolomeo Carlo Rastrelli; nel 1754-62
fu chiesto a Bartolomeo Francesco (il figlio) di ricostruire
il palazzo. Da ogni lato lo si guardi, appare in tutta la
sua magnificenza barocca, ricco di stucchi dorati. E altrettanto
splendido è all'interno, pieno di marmi e pietre dure.
Ospita il famoso museo dell'Ermitage (che occupa anche alcuni
palazzi adiacenti), uno dei più grandi al mondo (frutto
in gran parte delle varie raccolte degli zar), anche se afflitto
da problemi di sovraffollamento di visitatori (nei periodi
di punta) ed eccessiva quantità di pezzi esposti. E'
talmente grande che è necessario dedicarci un'intera
giornata (un solo dato: il percorso totale di visita è
pari a 24 km), quindi a visitarlo non ci penso minimamente;
meglio ammirare con calma i palazzi dall'esterno.
Accanto al palazzo d'Inverno
è il Piccolo Ermitage (il primo museo voluta da Caterina
II) (1765) e poi il Vecchio Ermitage. Dalla destra del palazzo
d'Inverno comincia la via dei Milionari   che
presenta sul lato destro facciate di palazzi nobiliari e su
quello sinistro il retro delle sfarzose residenze che danno
sul lungofiume. Interessante il contrasto tra le monumentali
facciate e la parte posteriore: era infatti tradizione (anche
presso le famiglie più ricche e potenti), dare in affitto
la parte posteriore degli edifici. Sul lato sinistro della
via è il Palazzo di Marmo, un gioiello di architettura
barocca/neoclassica, fatto costruire da Caterina II per l'ex
favorito conte Orlov (che l'aveva aiutata a sbarazzarsi del
marito): facciata in marmo rosa e blu di Finlandia. La via
infine giunge alla grande spianata del Campo di Marte e al
giardino d'Estate, un tradizionale punto di ritrovo degli
abitanti di San Pietroburgo.
La via dei Milionari è
attraversata nella sua parte iniziale dal canale d'Inverno
(tra la Neva e la parallela Mojka), che
mi ricorda che San Pietroburgo non è solo una città
di grandi palazzi e prospettici viali, ma anche di tanti fiumi,
canali e ponti.
Costeggiando il canale, giungo
alla Neva. Da qui è possibile ammirare l'altro lato
del palazzo d'Inverno, quello che dà sul fiume; noto
anche le impalcature per i lavori di manutenzione, necessari
per mantenere un simile palazzo. Dal lungofiume si vede la
fortezza dei Santi Pietro e Paolo, oltre la Neva. Attraverso
quindi il fiume, lasciando il centro monumentale che ho notato
poco frequentato dai cittadini (che preferiscono altre zone
come la Nevkji Prospekt), tranne che dalle numerose coppie
di sposi che scattano le foto di rito presso i monumenti più
famosi; molte le limousine. 
La fortezza fu il primo nucleo
di San Pietroburgo, costruita da Pietro il Grande nel 1703
su una piccola isola paludosa della Grande Neva. Nella fortezza
furono costruiti i primi edifici pubblici: caserma, cattedrale,
prigione e zecca. Durante i mesi estivi è molto animata:
molti cittadini prendono il sole sulla spiaggia all'esterno
delle mura. Costruita
prima in mattoni e poi ricostruita in pietra nel 1740, segue
il contorno dell'isola con sei bastioni e muraglie alti fino
a 12 metri. Trasformata poi in carcere, vi furono rinchiusi
detenuti politici (Dostoevskij, Bakunin, Golr'kij e Ul'janov,
fratello di Lenin); nel 1917 la guarnigione si ribellò
e armò con i fucili dell'arsenale gli operai. Fu da
qui che fu dato il segnale all'incrociatore Aurora di aprire
il fuoco sul palazzo d'Inverno.
A nord della fortezza c'è
il parco di Alessandro (ex Lenin), con uno zoo e planetario,
attrezzato di lunapark e altre attrazioni, centro di vita
notturna. Nella parte sud del parco c'è il grande edificio
dell'Arsenale, in cotto, che
ospita il Museo Storico-Militare di Artiglieria, Ingegneria
e Comunicazioni militari: un museo enorme, con una completa
ricostruzione della storia delle armi, dagli sciti ad armi
paleolitiche, dell'età del Bronzo e del Ferro, alle
armi slave del V sec. e ai primi cannoni russi del XV sec.,
fino all'ultima guerra mondiale.
Subito a est della fortezza
c'è l'edificio più antico della città,
la casetta di Pietro I. Costruita il 24/26 maggio 1703, in
legno, come residenza provvisoria dello zar, intonacata all'esterno
come una casa in mattoni, rivestito in pietra nel 1723 da
Caterina. L'edificio, piccolo in confronto alle dimensione
dei palazzi che ho appena ammirato, è composto da sole
4 stanze: ingresso, studio, pranzo e letto (m 12 x 5 x 2,25
in tutto) ed è circondato da un giardino. Di
fronte all'edificio, la discesa al fiume in granito, con due
preziosi "sci-tsi" (leoni-rana), portati dalla Manciuria
nel 1907 dopo la guerra col Giappone. Parcheggiate qui le
moto, questo è il punto dove il maggior numero di persone
ci ha fermato per fotografare (e farsi fotografare) le nostre
moto: non ci lasciavano più andare via!  
Da questo lungofiume si godono
delle stupende viste sulla Grande Neva, i ponti e il palazzo
d'Inverno e il Giardino d'Estate, ma c'è un altro appuntamento
con la storia che mi aspetta: poco distante, attraccata alla
banchina dal 1948 davanti all'Accademia navale, c'è
il famoso incrociatore Aurora. La notte del 7 novembre l'Aurora
risalì la Neva e, quando dalla fortezza venne dato
il segnale, sparò lo storico colpo di cannone che diede
il via all'attacco al palazzo d'Inverno. Ospita un museo della
Rivoluzione e della Marina russa.
Un ultimo sguardo alla Neva
e i palazzi prospicienti, con le alte fontane nel fiume. 
Tornato al campeggio, nella
premiazione, tenutasi in serata, l'Italia si classifica (con
11 moto) al secondo posto dietro alla Polonia (per una sola
moto). Per la prima volta (che io ricordi) il premio per il
motociclista arrivato da più lontano va ad un locale,
ma è ben meritato: si tratta infatti di un russo arrivato
in Gold Wing dalla Siberia orientale, circa 10.000 km!
Sulla via del ritorno verso casa ammiriamo
il maestoso arco di trionfo (posto all'inizio della via per
Mosca), della porta di Mosca, eretto nel 1838 per commemorare
le vittorie russe in Persia, Turchia e Polonia.
Capitolo multe. Ne becchiamo
due proprio l'ultimo giorno di permanenza in Russia, anzi
nelle ultime ore, poco prima della frontiera estone. In entrambi
i casi si tratta di passaggio in "area urbana" (le
solite 4 case che se non mettono il cartello si potrebbero
anche non notare). In entrambi i casi il poliziotto si mette
con la sua brava pistola puntata (radar, per fortuna) pochi
metri prima del cartello che indica la fine del limite di
velocità (che in Russia, ricordo, è di 60 in
città). La prima volta sto andando a 92 km/h (la mia
velocità normale, praticamente non ho rallentato in
"città"). Il poliziotto ci fa cenno di accostare
(io come al solito sono in testa, ma ovviamente si ferma anche
Nazzareno). Mi mostra la pistola radar con indicata la mia
velocità; allargo le braccia abbozzando un sorriso
e ammettendo senza riserva il mio errore (dopo aver finto
di non sapere che ero in città, rispettando quindi
il limite generale di 90 km/h; ma è inutile poiché
il poliziotto mi mostra subito il cartello dei 60). "Naturalmente"
multano anche Nazzareno, anche se la sua velocità ovviamente
non è stata rilevata. E qui metto in atto la "commedia"
preparata dall'Italia. Ci sarebbe da pagare la multa, in rubli,
e andando in città in banca a fare il versamento! Non
se ne parla proprio, non possiamo perdere tutto questo tempo!
Lo faccio capire al poliziotto che, per la verità,
dimostra di non aver molto bisogno di essere convinto. Mi
fa cenno di entrare nell'auto; porto con me il borsello con
dentro, già pronte dall'Italia per questa occasione,
un po' di banconote da 5 euro. Dico a Nazzareno di aspettare
fuori e lasciare fare a me. Tiro fuori una banconota da 5,
poi, osservando la sua reazione, un'altra: siamo infatti in
2 a essere multati; sto per concludere, quando arriva Nazzareno
(impaziente) con una banconota da 10! Adesso la "multa"
non è più 5+5, ma 10+10. Va bene lo stesso,
ce la siamo cavata alla svelta. Promettiamo al poliziotto
di andare piano, salutiamo e ripartiamo.
La seconda multa è simile;
dopo la prima, sto attento a tutti gli attraversamenti urbani,
anche perché noto molta polizia in giro. Supero il
punto (che ho segnato col gps) dove ci hanno multato alcune
ore prima, ma, anche stavolta pochi metri prima della fine
della "città", ci beccano col radar. Solita
storia (andavo a 84 km/h), ma stavolta il giovane poliziotto
ha l'aria di voler davvero farci la multa in rubli. Gli mostro
i passaporti col visto che scade tra poche ore, insisto e
alla fine accetta, per la multa da 150 rubli a testa (sono
4,5 euro), la solita banconota da 5 euro (per ciascuno).
Rientrati in Estonia, arrivati
sul lago Peipsi, ci troviamo di fonte ad un tratto di strada
in rifacimento diverso dal solito (sono frequenti i lavori
in corso in tutti i paesi Baltici: stanno infatti rinnovando
tutte le strade principali). Qui infatti non c'è il
solito sterrato, nè della ghiaia da affrontare con
un po' più di attenzione. No, qui c'è solo la
massicciata, composta di grossi sassi. Sono incerto su cosa
fare: questa è l'unica strada per andare verso sud:
evitarla vorrebbe dire tornare indietro e fare una deviazione
di oltre 40 km. Decido di provare (Nazzareno aspetterà
dietro l'esito del tentativo): innesto la prima e affronto
i primi sassi con la massima prudenza e concentrazione possibile:
sento subito che l'anteriore se ne va per fatti suoi e non
c'è modo di controllarlo. La moto affonda tra le grosse
pietre, si piega sulla sinistra e si adagia per terra. Niente
da fare! Faccio cenno a Nazzareno che non è possibile
procedere. Rialziamo la moto (in queste condizioni, con la
moto affondata nei sassi, non riesco a raddrizzarla da solo):
nessun danno alla moto, grazie alle protezioni di serie.
Troviamo un campeggio proprio
sul lago, nella foresta. Sembra tutto chiuso (forse è
tardi, le 20.36). Ma, chiamando, qualcuno ci viene incontro:
ci dicono di mettere le tende dove ci pare (non se ne vede
nessun'altra in giro, solo alcuni bungalow). Il bar/ristorante
è chiuso: l'unica cosa da mangiare sono delle pizze
surgelate che una ragazza (l'unica che capisca un po' di inglese)
ci prepara poco dopo. Il conto totale è da ricordare:
tenda e cena 3 euro a testa!
La mattina, con la luce, diamo un'occhiata
in giro: il campeggio è in una bella posizione sul
lago, anche se quasi deserto. Il
lago Peipus ha una superficie di 3.550 km2,
il 6° lago europeo, il più grande al di fuori di
Russia e Scandinavia. E a guardarlo sembra proprio immenso:
non se ne vede la fine, nè l'altra sponda (dove è
Russia). Presenta una larga spiaggia sabbiosa e
probabilmente questo per gli estoni è un luogo balneare;
certo che, per i nostri parametri, è piuttosto freddo!
D'inverno gela e dalla sua costa settentrionale nasce il fiume
Narva, che segna il confine con la Russia e che abbiamo attraversato
ieri.
Anche dopo essere tornati sulla
via principale, incontriamo comunque numerose deviazioni,
a causa dei lavori di ammodernamento della via principale.
In qualche incrocio ci viene il dubbio sulla strada giusta.
Attraversiamo Tartu (la seconda
città estone, centro culturale del paese e sede di
una prestigiosa università) e poi la regione di Otepaa,
frequentata località di villeggiatura estone, un'area
collinare ricca di laghetti.
Entrati in Lettonia, puntiamo
su Riga, la più grande città delle repubbliche
baltiche. Riga, fondata nel 1201 alla foce del fiume Daugava,
antica città anseatica, presenta una parte vecchia
(Vecriga) e una moderna, significativa per i numerosi esempi
di stile Jugendstil.
La piazzetta vicino al punto
dove abbiamo parcheggiato le moto è molto animata e
presenta degli edifici interessanti; subito dietro è
la chiesa di Sveta Petera Baznica, costruita nel 1209, poi
più volte distrutta e ricostruita (per ultimo del 1973,
come era nel '700).  Spostiamo
quindi le moto in prossimità della vicina Doma Laukums,
la piazza principale, fulcro della città antica, con
il duomo Doma Baznica (la chiesa più grande delle repubbliche
baltiche, m 87 x 43): costruito a partire dal 1211, oggi è
al di sotto del livello stradale a causa del sollevamento
della piazza per lo stratificarsi di edifici successivi.   
La tappa più impegnativa del viaggio
è al ritorno quella dell'attraversamento di tutta la
Polonia, da nord-est a sud-ovest, passando da Varsavia: impegnativa
per le strade, il traffico pesante e la pioggia.
Il primo
tratto, fino a Varsavia, non è tanto male: traffico
di camion ce n'è, ma non tantissimo; la strada è
a due sole corsie, ma in parte rifatta e i micidiali Koleiny
non sono frequenti.
Poco prima di Varsavia, cado
per la seconda volta: dopo una breve sosta a bordo strada,
mentre in retromarcia tento di rientrare sull'asfalto, la
ruota anteriore se ne va per i fatti suoi e cado, affondando
nella sabbia. Sono insidiosi i bordi di queste strade, molto
sabbiosi. Risata generale e rialziamo la moto.
A Varsavia conviene dirigere
verso la Città Vecchia (Stare Miasto), col Castello
Reale. Questo
edificio, come tutta la Città Vecchia, venne completamente
rasa al suolo dai tedeschi nel 1944, dopo la tragica rivolta
della città (insorta contro gli occupanti tedeschi
il 1° agosto 1944: i sovietici, anche se attestati sull'altra
sponda della Vistola, non intervennero e il 2 ottobre la città
capitolò, con 200.000 morti). Ma tutta la città
vecchia è stata meticolosamente ricostruita in 5 anni
nel dopoguerra, tanto da essere inserita nella lista del patrimonio
dell'Umanità dell'UNESCO, poiché, per dimensioni
e accuratezza, "rappresenta un unicum nella storia del
restauro applicato su scala urbana".
Il lato est della piazza del
Castello (Plac Zamkowy), triangolare, è occupato dal
citato Castello Reale;  al
centro sorge la colonna di Sigismondo III Vasa, alta 22 m,
eretta nel 1644 dal figlio Ladislao IV (il primo monumento
laico di Varsavia e il più antico). La
piazza è piena di gente e di turisti. Ripartiamo
e passiamo davanti al monumentale neoclassico Teatro Grande
(Teatr Wielki).
E qui cominciano i problemi.
Usciti da Varsavia, la strada diventa a doppia carreggiata,
ma il traffico pesante è intensissimo, piove e troppo
spesso ci sono ancora i terribili Koleiny, che con la pioggia
credo siano la cosa peggiore (a parte il ghiaccio) che un
motociclista possa incontrare. Inoltre l'asfalto è
piuttosto scivoloso e non vi nascondo che qualche volta ho
paura, soprattutto quando la pioggia diventa violenta. A complicare
la cosa si aggiunge il fatto che tutta la strada, nonostante
sia a doppia carreggiata e molto trafficata, è attraversata
continuamente da passaggi pedonali (spesso con semaforo) che
provocano continui rallentamenti e rischio di tamponamenti,
oltre che da punti per l'inversione di marcia (che avviene
svoltando a sinistra, senza alcun ponte o sottopassaggio).
Alcune volte sento che sto per perdere il controllo di una
ruota della moto. Alla prima sosta chiedo a Nazzareno come
va e mi conferma che anche lui talvolta ha difficoltà
a tenere la moto.
Comunque riusciamo ad arrivare
a Czestochowa. Mai sosta è stata tanto gradita. Smette
di piovere e (della serie, sempre in guardia) stavolta tocca
a Nazzareno cadere (da fermo, in fila al semaforo): forse
la tensione accumulata. Nessun problema, parcheggiamo le moto
di fronte alla salita del famoso Santuario della Madonna Nera
e saliamo a piedi.
Il santuario di Jasna Gora
(letteralmente "monte chiaro", per la pietra bianca
con cui è costruita la chiesa) sorge su un'altura (m
293, 100 al di sopra della città) a Czestochowa, al
cui centro è collegato da un lungo viale.         Fondato
nel 1382 dal duca Ladislao di Opole per accogliere i monaci
Paolini cacciati dall'Ungheria, nel 1384 ricevette dallo stesso
duca la venerata icona della Madonna con il Bambino. Fu fortificato
nel 1620-44 da Ladislao IV Vasa, resistendo all'assedio svedese
del 1655 che invece devastò la città. Nei secoli
seguenti fu arricchito e abbellito, nonchè ulteriormente
rinforzato, resistendo ad altri assedi. Nel 1717 avvenne la
prima incoronazione della Madonna Nera quale "regina
della Polonia". Nel monastero/fortezza, molto grande,
notevoli la chiesa del convento (basilica gotica con una torre
campanaria di 106 m, la più alta della Polonia), all'interno
della quale, in una cappella, è posta la veneratissima
icona della Madonna Nera; la Sacrestia, con una sala per il
Tesoro; la Sala dei Cavalieri; la Biblioteca (40.000 volumi);
il Refettorio; l'Arsenale; il Museo.
L'ultima città visitata nel corso del
viaggio è Bratislava, la capitale
della Slovacchia. La città sorge sulla riva sinistra
del Danubio, a poca distanza dall'Austria e dall'Ungheria.
Arrivato in moto in centro, alcuni passanti mi indicano la
strada migliore per procedere (il centro è in gran
parte pedonale). Giungiamo
alla piazza principale, la Namestie SNP (Piazza dell'Insurrezione
Nazionale Slovacca): sulla piazza si affacciano la chiesa
e monastero passionisti (1692-1728) e
la chiesa calvinista (1913).
A sud ovest della piazza, dalla
porta Michalska Veza, parte la via Michalska e la sua prosecuzione
Venturska, asse centrale della città vecchia (Stare
Mesto). Insolite, lungo le strade del centro (pedonali), diverse
statue moderne di curiosi personaggi del folclore cittadino.
Dopo aver ammirato alcuni bei palazzi della città, prendiamo
il moderno ponte che scavalca il Danubio, passando davanti
al Castello (Hrad).
Superata Vienna, l'autostrada
verso Tarvisio scorre via tranquilla, certo diversa dall'andata
di 11 giorni prima percorsa sotto la pioggia battente; rientrati
in Italia, è giunto il momento di salutarci: io continuo
verso le Dolomiti (dove mi aspettano mia figlia e mia moglie,
che è andata in montagna con sua sorella), Nazzareno
verso altre montagne, quelle abruzzesi di casa sua. 
Sulle Dolomiti ne approfitto
ovviamente per due giorni pieni di montagne e passi da valicare
con la moto, dopo un viaggio di quasi 10.000 km attraverso
le pianure (in gran parte) dell'Europa orientale: dopo tante
strade di pianura, ci voleva proprio.
Al rientro a casa, penso a
tutti i posti visti in questi 15 giorni, immagini che nessun
ladro potrà mai rubarmi e di cui spero, almeno in piccola
parte, di esser riuscito a rendere l'idea in voi, attraverso
questo mio resoconto.
|
Stati attraversati
|
Km |
% |
1 |
Italia |
3.232 |
33,6 |
2 |
Polonia |
1.285 |
13,4 |
3 |
Russia |
1.191 |
12,4 |
4 |
Estonia |
769 |
8 |
5 |
Austria |
710 |
7,4 |
6 |
Ungheria |
625 |
6,5 |
7 |
Lituania |
616 |
6,4 |
8 |
Lettonia |
497 |
5,2 |
9 |
Slovacchia |
392 |
4,1 |
10 |
Ucraina |
119 |
1,2 |
11 |
|
81 |
0,8 |
12 |
Bielorussia |
64 |
0,7 |
13 |
Ceca Rep. |
44 |
0,5 |
|
TOTALE
|
9.625 |
|
- La moto utilizzata è stata la mia
Honda Gold Wing GL 1500 SE del ’98 (quasi 400.000 km)
che mi ha accompagnato sempre senza esitazioni. Il consumo
medio di benzina questa volta non lo posso calcolare, a causa
del furto dei miei appunti di viaggio. Olio consumato: niente
(un mese prima di partire avevo cambiato il motore). Gomme
consumate dai 4 mm originali (gomme nuove
alla partenza) dell’anteriore a 3, e il posteriore da
8 (nuove) a 6,5: praticamente un consumo di metà gomme,
visto che normalmente mi durano 20.000 km (infatti farò
altri 10.000 km con quelle gomme). Il mio compagno di viaggio
guidava una Gold Wing 1800: consumi simili, il 1500 consuma
meno a basse velocità (sotto i 120 km/h) il 1800 meno
oltre tale velocità.
- I bagagli sono stati sistemati nei 3 bauli
di serie (litri 50+48+69= tot. 167), vari piccoli vani sparsi
nella moto, la tenda e il materassino sistemati sulla sella
posteriore (dentro sacche stagne); da quest'anno non uso più
il portapacchi supplementare removibile in acciaio applicato
dietro, sotto la targa. Infatti ho notato (con quel portapacchi)
un certo alleggerimento dell'anteriore, oltre che un rischio
di stress del telaio.
- Il periodo del viaggio è stato agosto,
che non è il mese che preferisco (prediligo giugno);
ma la data del raduno in Russia era quella, quindi non potevo
scegliere. Ho preso acqua per la maggior parte dei giorni
(tranne in Russia), ma questo dipende anche dalla variabilità
tra un anno e l'altro. Consiglio comunque, se possibile, di
anticipare a giugno/luglio.
- I pernottamenti sono avvenuti in tenda o
in motel. I campeggi in Russia sono rarissimi; nell'est Europa
dipende dalle zone, ma spesso il costo degli alberghi è
talmente basso da renderli competitivi con i campeggi.
- Costi (stima approssimativa, a causa del
furto degli appunti di viaggio). Il costo principale è
la benzina, come in tutti i miei viaggi. In Russia ho trovato
la benzina meno cara d'Europa: 60 cent al litro! Poco più
in Bielorussia e Ucraina. Abbastanza economica anche nei paesi
baltici (un euro o poco più). Bassissimi i costi per
i campeggi (in Estonia ho pagato 3 euro, compresa una pizza!);
bassi anche per hotel: una doppia circa 15/30 euro. Altrettanto
bassi i costi per mangiare: In Romania abbiamo mangiato in
due al ristorante con circa 10 euro.
- Cartografia: atlante stradale turistico Europa
(1:900.000) del Touring
Club Italiano (a spirale, molto pratico); anche se ormai
datato (non ci sono nuove edizioni dopo il 2003). Ho utilizzato
la cartografia elettronica della Garmin per il mio 2650: non
copre nel dettaglio l'Europa orientale, ma è sufficiente
ugualmente per orientarsi.
- Guide. Ho utilizzato quelle del Touring
Club Italiano, edite in collaborazione con “Repubblica”,
della collana “L’Europa e i Paesi del Mediterraneo”
(gli Stati attraversati sono nei volumi n. 11, 13 e 17), uscite
in edicola quest'anno. Dalle stesse guide sono tratte alcune
delle notizie qui riportate. Precise e complete come ogni
guida del TCI, anche se non dall’impostazione motociclistica.
- Abbigliamento. Come mio solito per i viaggi
estivi, parto in maniche corte dall'Italia e poi mi copro
secondo necessità. A causa della frequente pioggia
incontrata, ho quasi sempre indossato il solito antipioggia
traspirante (giacca e, all'occorrenza, pantaloni); in caso
di temperature più basse, aggiungevo sotto un pile.
Nessuna protezione (scelta personale, se potete non imitatemi).
Stivali (pelle e membrana impermeabile/traspirante), indossati
sempre.
- Pagamenti. Ho utilizzato quando possibile
la carta di credito, ma in questo viaggio non sempre è
stata accettata: in alcuni posti ne accettavano solo alcune,
in altri nessuna. In questi casi (se non accettavano neppure
gli euro) ho dovuto pagare con valuta locale. In genere in
Russia non accettano nè euro nè carta di credito
(tranne nelle grandi città), ma solo rubli. Analogamente
in Romania (Satu Mare) ho dovuto pagare (benzina e ristorante)
con valuta locale, mentre al motel andava bene la carta di
credito. In Bielorussia hanno accettato la carta di credito
per fare benzina. Negli altri Stati generalmente la carta
di credito era accettata e in alcuni posti anche gli euro.
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