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Russia: San Pietroburgo
(e Budapest, Hrodna, Vilnius, Tallin, Riga, Varsavia, Czestochowa, Bratislava)

Ho girato in moto in gran parte dell'Europa, ma quasi mai nella parte orientale; mi hanno sempre trattenuto altre mete per me più "appetibili" (Capo Nord, Gibilterra, ecc.) e un po' il timore per quelle strade, quei posti, quegli Stati.

L'occasione quest'anno è data dal primo raduno internazionale Gold Wing (la mia moto) che il neonato Gold Wing Club di Russia ha organizzato a San Pietroburgo dal 17 al 20 agosto 2006. Inoltre questa volta, contrariamente alle mie abitudini, non sarò solo: un'altra moto, un amico, mi accompagnerà.

San Pietroburgo, da sola, giustificherebbe un simile viaggio. Ma arrivare fino a lì e non approfittare per vedere almeno un po' di quanto c'è di bello e interessante sulla strada, sarebbe davvero un peccato. Preparo quindi un itinerario che mi consenta di dedicare un po' di tempo ad alcune delle interessanti città che troverò sul mio percorso. Percorso che, comunque, all'andata sarà dettato non dalla via più breve o rapida, ma dalla curiosità di vedere posti e Stati dove non sono mai stato, e molto diversi da quelli abitualmente visitati.

Un'avvertenza: l'ultimo giorno del viaggio, ormai in Italia e rilassato, un ladro in autostrada ha rubato il mio borsello da dentro la moto. La perdita che mi ha più colpito non sono stati i soldi, la fotocamera o i documenti (tutte cose sostituibili), quando le circa 900 foto (e filmati) che avevo fatto, con tanto impegno e passione (oltre agli appunti di viaggio). Per questo motivo in questo report non ci sono le mie solite foto a illustrare i testi. Ringrazio Nazzareno che mi ha dato le sue foto, in modo da permettermi di corredare questo racconto di qualche immagine che renda almeno l'idea dei luoghi attraversati.
Se penso alla perdita delle foto, provo ancora una gran tristezza, oltre a un gran prurito alle mani quando il pensiero va al farabutto autore del furto ...


La partenza è fissata in un giorno di esodo (sabato 12 agosto), ma per fortuna andiamo verso nord, quindi quasi tutte le file sono nella direzione opposta! Piuttosto il problema è la pioggia, che sarà nostra compagna dal primo quasi all'ultimo giorno, con l'eccezione di 2/3 giorni in Russia.

Già il primo giorno, alla frontiera tra l'Austria e l'Ungheria, prendiamo confidenza con un altro fenomeno che ci accompagnerà quasi sempre in questo viaggio: le file alle frontiere. Le ho trovate in quasi tutte le frontiere dell'est, a volte davvero impressionanti, fino a 10,5 km di camion fermi in attesa di passare i controlli! Le file delle auto sono meno lunghe, ma comunque per essere smaltite a volte impiegano un'intera giornata, notte compresa. Supereremo queste file con disinvoltura alla solita maniera in cui in tutta Europa quasi tutti i motociclisti superano le file di auto (e camion) fermi. Anche per questo, che bello essere in moto! Non oso immaginare cosa significhi farsi tutte quelle file: una cosa che mi farebbe passare la voglia stessa del viaggio!


Prima di arrivare a Budapest (la prima città che ho in programma di visitare), costeggiamo il lago Balaton, il più grande d'Ungheria e il più grande dell'Europa centrale. Non sempre è visibile dalla strada costiera, a causa dei numerosi insediamenti rivieraschi. Ci regala comunque alcuni bei panorami. Interessante, presso il lago, è il Badacsony, la montagna di basalto (m 438): è una catena montuosa comprendente 15 montagne basaltiche, di forma tronco conica, con sulla cima una vasta spianata. Lungo i pendii, ricchi di vigneti, sono numerose le colonne di basalto.

A Budapest puntiamo subito verso il Danubio e il centro. Il fiume è imponente ed è bello ammirare i 6 ponti che collegano le due parti di Budapest: Buda a ovest (alta sulla riva destra) e Pest (sulla riva sinistra). Molto animato e caratteristico è il "Ponte della Catene" (Szechennyi), pedonale, pieno di gente, ambulanti, venditori, cittadini che passeggiano e turisti (molti italiani, questa sarà una costante del viaggio: gli italiani li abbiamo incontrati praticamente dovunque!). Il "Ponte della Catene" è il primo ponte fisso che collegò Buda a Pest, nel 1849. Budapest nacque nel 1873 dall'unione di 3 città: Buda, Pest e Obuda.

E' grandioso il palazzo Reale (Varpalota), in posizione dominante (a Buda) sul fiume, con un fronte sul Danubio di oltre 300 metri.

Noto, in questo veloce attraversamento dell'Ungheria per tutta la sua lunghezza (da ovest a est), che l'Ungheria non è, come spesso si può essere portati a credere, tutta pianura. Oltre ai rilievi già citati vicino alla costa nord del lago Balaton, dopo Budapest (diretto verso la Romania) ho modo di apprezzare i rilievi (alti fino a oltre 1.000 m) alla mia sinistra, verso il confine con la Slovacchia); alla mia destra si estende invece la grande pianura ungherese.

Dopo Debrecen (interessante la piazza della città, con la grande chiesa calvinista), cerco un itinerario valido per giungere in Romania, anche chiedendo indicazioni. Ci viene infine consigliata una strada che non avevo considerato prima, anche perché segnata in bianco sulla carta, ma che invece si rivela in discrete condizioni. Entriamo quindi in Romania nei pressi della città di Carei.

L'ingresso in Romania mi dà l'impressione di essere veramente giunti in un altro mondo, come uno stacco netto rispetto ai posti fin qui attraversati. Ricorderò sempre la prima cosa che ho visto appena superato il confine, nel paese di Urziceni: una lunga fila di bovini che camminavano da soli tranquillamente in mezzo alla strada! Tutti stavano rientrando dal pascolo: infatti in quelle zone questi animali vengono lasciati pascolare liberi tutto il giorno e la sera gli stessi tornano, da soli, presso i loro ricoveri. Vedo quindi che ogni tanto qualcuno si stacca dalla fila e .. svolta verso l'abitazione dei proprio padrone, dove c'è una donna che aspetta l'animale sulla porta di casa. Scatto numerose foto (di cui ho già spiegato l'amara fine), non senza una certa apprensione, vedendo quegli animali (con una massa superiore a quella pur non indifferente della mia moto) sfiorarmi nel loro tranquillo incedere.

Superato indenni l'ostacolo bovino, ci dirigiamo verso Satu Mare, la principale città di questa zona della Romania.

A Satu Mare affrontiamo un ostacolo inedito, almeno per me, abituato a girare soprattutto nell'Europa occidentale: nessuno accetta euro o carta di credito per mangiare o far benzina: solo valuta locale! Riusciamo a cambiare fortunosamente qualche euro (più che sufficiente per mangiare, visti i bassi prezzi); la mattina dopo cambiamo in banca quello che ci seve per fare il pieno alle moto e ci dirigiamo verso l'Ucraina.

Satu Mare non ci ha fatto una gran bella impressione: le strade, i palazzi, le auto, sembrano in non buone condizioni. La gente si dimostra invece curiosa verso le moto e disponibile a dare indicazioni.


Attraversiamo la frontiera ad un valico secondario, presso Halmeu. Come all'entrata nella Romania, siamo le uniche moto: comprensibile la curiosità dei doganieri, che non ci stressano più di tanto con i documenti. L'entrata in Ucraina richiede meno tempo del previsto: in 25' superiamo tutti i controlli (uscita dalla Romania ed entrata in Ucraina), senza nessuna perquisizione.

Sull'Ucraina sono stato messo in guardia da diverse persone, soprattutto col consiglio di stare attenti alla polizia. Affronto quindi le strade stando molto attento ai limiti di velocità e ai segnali in generale: in fondo sono solo poco più di 100 km da fare in questo Stato. Ma la polizia non ci dà nessun fastidio: la gente (come al solito) è incuriosita dalle moto e saluta (soprattutto i bambini), ma perfino alcuni poliziotti salutano sorridendo. Comincio a rilassarmi, nonostante la pioggia intermittente.

Attraversata una piccola città (con la strada dal fondo sempre peggiore), noto un castello poco distante su un'altura: mi fermo per fotografarlo, proprio vicino a una pattuglia di poliziotti. Ben presto si avvicina un fuoristrada da cui scende un ... italiano, in Ucraina da anni per lavoro. La meraviglia di incontrarsi è reciproca! Scherziamo un po' tutti insieme, anche con i poliziotti che intanto si sono avvicinati, facciamo alcune foto in gruppo e poi ripartiamo.

Questa regione dell'Ucraina è la Transcarpazia, che prima della II guerra mondiale faceva parte della Cecoslovacchia. Noi stiamo passando nella parte pianeggiante, vicino al confine con l'Ungheria alla nostra sinistra: alla nostra destra vediamo le montagne dei Carpazi, che separano la regione dal resto dell'Ucraina. L'ambiente è tipicamente agricolo: nei numerosi villaggi che attraversiamo, molti abitanti espongono davanti a casa i prodotti del loro orto, in vendita su piccolissimi banchetti di legno.

Entrati in Slovacchia, dopo un po' la strada finalmente comincia a farsi interessante dal punto di vista motociclistico: un po' di curve e si comincia a salire verso il passo Dukla (m 502) che segna il confine con la Polonia. Bella strada davvero: con una tacita intesa, il 1500 e il 1800 sbrigliano un po' di cavalli.

Il passo Dukla è anche importante dal punto di vista storico: qui avvenne una cruenta battaglia (settembre-novembre 1944) tra i tedeschi e i sovietici e cecoslovacchi. Monumento commemorativo sul passo e numeroso materiale bellico lungo la strada.

Superato il passo, storica via di transito, ci affacciamo finalmente verso il nord Europa: siamo in Polonia. Sono un po' in apprensione: ho letto dei numerosi Koleiny presenti in Polonia. Si tratta di profondi solchi che i camion scavano, a forza di passare, su quelle strade. Fenomeno dovuto sia al numeroso traffico pesante che alla cattiva qualità delle strade. Poco prima di partire degli amici appena passati dalla Polonia mi hanno detto che non ci sono più, ma non sono tranquillo: la Polonia è grande e magari loro hanno fatto una strada diversa dalla mia.

Già, la strada: prima di partire sono stato molto incerto sulla strada da prendere per attraversare la Polonia e alla fine ho deciso per una strada che passa da Varsavia. Ma qui, sul passo, ecco un fortunato incontro: due Gold Wing si avvicinano. La solidarietà tra motociclisti è forte e poi, quando addirittura si incontrano altre due moto dello stesso modello non si può certo fare gli indifferenti. Ci avviciniamo, chiacchieriamo e, tra una risata e una foto, chiedo consiglio sulla strada per Bialystok (da dove domani dovremo entrare in Bielorussia). La risposta è categorica: non passare da Varsavia! Mi consigliano una strada più a est, lungo la frontiera orientale (passando da Lublino), molto meno trafficata di camion. Facendo il raffronto con la strada fatta al ritorno (quando comunque passerò da Varsavia per visitarla e perché è la strada più breve per l'Italia), posso dire che è stato un ottimo consiglio: traffico scarso e Koleiny pochi.

E allora giù attraverso la Polonia, su belle strade, piuttosto rettilinee e con la caratteristica di superare le numerose colline con notevoli variazioni altimetriche, un susseguirsi su dossi piuttosto pronunciati che fanno quasi mancare il respiro quando, dopo una lunga rettilinea salita, si passa subito ad un'altrettanta lunga e rettilinea discesa. E' comunque un modo per spezzare la monotonia della strada, rettilinea certo molto più della precedente in Slovacchia.

Molte strade sono state appena rifatte con i fondi dell'Unione Europea (come indicano i cartelli) e quindi sono in ottimo stato. Qualche deviazione per lavori ancora in corso ogni tanto. Il paesaggio varia da campi coltivati a pascolo a foreste. Meno pianura di quanto mi aspettassi: sono soprattutto basse colline.


Uno dei passaggi più "delicati" del viaggio è quello in Bielorussia. La Bielorussia è in pratica l'ultima dittatura d'Europa, senza opposizione in parlamento, oggetto di numerose condanne per violazione dei diritti umani, con un turismo praticamente inesistente, motociclistico poi neanche a parlarne. Ma ho deciso di passare da questo Stato e di visitare Hrodna, definita dalla guida "il centro più caratteristico della Bielorussia". Inoltre l'occasione del viaggio in Russia mi ha permesso di ottenere facilmente un visto di transito per questo Stato, anche se in effetti avrei potuto più comodamente passare per la Lituania.

Arrivati alla frontiera, l'uscita dalla Polonia richiede appena 5 minuti: mi avvio, un po' emozionato, attraverso la "terra di nessuno", verso il lato bielorusso.

Ne ho attraversate tante di frontiere, ma mai come in questo momento ne sento proprio la presenza "fisica"; percepisco che, "al di là", oltre quella linea, c'è un mondo diverso, un'organizzazione diversa, una libertà diversa. E, in fondo, uno dei motivi per cui mi piace viaggiare in moto, è che, quando entro in un altro paese, ci arrivo con la mia moto, ci arrivo "metro per metro", attraversando tutti i confini esistenti tra casa mia e quel paese; non vengo "comodamente scaricato" da un volo charter dall'altra parte del mondo, intontito dal "jet lag", poche ore dopo aver chiuso la porta di casa mia. No, in moto è diverso, con la propria moto è diverso. Forse anche per questo cerco di percorrere sempre in moto e sempre via terra tutto il percorso necessario per arrivare alla mia meta, rifuggendo, finchè possibile, passaggi forse più comodi e veloci come i traghetti e spedizioni della moto in treno o via aerea.

Comunque, adesso sono di fronte alla guardie bielorusse. Il primo impatto è già significativo: le divise sembrano appena uscite da un film sovietico, con i copricapi dal caratteristico frontale rialzato. Gli sguardi anche, non sono come quelli dei loro colleghi polacchi che mi hanno appena dato il via libera. Ma forse è tutto un "gioco di ruolo", in fondo è questo il loro ruolo, quello che si aspetta da loro; e, soprattutto nei più giovani, noto una repressa curiosità, insopprimibile, che dopo pochi minuti ci porta se non a "fraternizzare", quanto meno a ... discutere e scherzare sulla moto e sui suoi cento e passa accessori.

La procedura di passaggio è, comunque, complessa, divisa nelle competenze tra diversi corpi che mi sembra di distinguere in tal modo: i militari all'inizio dell'area di frontiera ci fermano per un primo sommario controllo e ci danno un biglietto con su scritta l'ora, da restituire all'uscita. La polizia ci controlla per bene tutti i documenti (passaporto, visto, carta di circolazione della moto, carta verde, patente internazionale). Poi c'è, credo, la dogana in senso stretto, che controlla i bagagli e la moto. Mi chiedono il numero di telaio, ma sulla Gold Wing 1500 è sulla forcella, in posizione difficilmente raggiungibile (bisognerebbe smontare mezza moto): gli mostro il numero del motore (più accessibile) e gli faccio capire che è meglio che si accontentino di quello, altrimenti c'è da smontare la moto; per fortuna basta. Ci fanno anche compilare un modulo scritto in ... Bielorusso, cioè anche in cirillico. Praticamente lo compilo alla cieca e, tenendo presente che tutto avviene sotto alla pioggia in una area scoperta, alla fine il pezzo di carta che ne esce è davvero impresentabile: abbozzo un sorriso e lo presento lo stesso; della serie "di meglio in queste condizioni non si può fare".

Sinceramente non so quanti uffici diversi abbiamo passato, credo sette; ma alla fine, dopo un'ora e 37 minuti di controlli bielorussi, ne siamo fuori e dirigiamo, attentissimi ai limiti di velocità e ad ogni segnalazione, verso Hrodna.

Hrodna è vicina e dopo meno di mezz'ora siamo già sulle rive del Neman, l'ampio fiume che sfocia in Lituania (col nome di Nemunas) dopo averne segnato per un lungo tratto il confine con la Russia. Ma, anche in quei pochi minuti, è tangibile che non sono le solite colline, le solite foreste e fiumi: siamo davvero in un posto diverso: da come la gente sulla strada ci guarda, sembra davvero che di moto, e per di più straniere, qui ne passino molto poche.

La città presenta, sul fiume, due castelli (Vecchio - Stary Zamak e Nuovo - Novy Zamak). Attraversato il fiume, giungiamo in un piazzale dove si nota subito il Teatro d'arte drammatica, moderno e monumentale, dalla caratteristica forma poligonale.Dal teatro, poco in cima ad un altura, si vede il vicino fiume Neman.Torniamo alle motoe ci dirigiamo verso la vicina piazza principale, dove sorge la grande cattedrale Farny.

Ho qualche difficoltà a percorrere i pochi metri, a causa dei sensi vietati e dei divieti di sosta (ma perché non ci vai a piedi, direte voi? Perché, quando sono in moto, ai posti mi piace arrivarci in moto, finchè possibile) e ad un certo punto vedo che si avvicina un auto suonando e salutando: guardo dentro e vedo un ragazzo con un cappellino azzurro con la scritta ITALIA; il padre abbassa il finestrino e mi grida di essere italiano (calabrese) e di abitare da anni lì (la moglie, bielorussia, siede accanto). Bene, italiani anche qui: inutile cercare di descrivere l'entusiasmo che si leggeva sui loro volti (da tenere presenti che le nostre moto sono di nazionalità facilmente riconoscibile, con le bandiere italiana ed europea aperte e sventolanti).

Alla frontiera l'uscita dalla Bielorussia richiede esattamente un'ora, l'entrata in Lituania 3 minuti! Credo che un interessante sintomo del tipo di paese che si sta per visitare è quanto tempo ti fanno perdere in frontiera e anche quanto rispetto dimostrano verso chi questi controlli deve subire (attesa al coperto o sotto la pioggia, uffici concentrati o distanti e con controllori differenti).

Entrati in Lituania,dirigiamo verso la capitale, Vilnius. Per visitarla adotto la mia solita tattica: dirigo con la moto verso il centro, parcheggiandola nel punto più centrale possibile, se possibile, e se non è possibile chiedendo permesso (di solito la polizia è comprensiva).Da lì, guida in mano, a piedi in breve tempo si visita il centro storico (se la città non è molto grande). Percorriamo quindi una delle strade più antiche della città, la Pilies Gatve,fino alla piazza della Cattedrale (Katedros Aixste),con la statua equestre del Granduca Gediminas.

La città, come le altre baltiche che visiteremo, è piena di vita; numerosi turisti e locali che passeggiano per le sue vie, nonostante la pioggia intermittente.


Sulla via per Riga, una deviazione ci allontana dalla strada principale per la capitale lettone e ci ritroviamo in una strada di campagna. A un certo punto arriviamo a un bivio, nel nulla.La deviazione è stata comunque interessante: avvistiamo anche delle cicogne e il loro nido.

Queste deviazioni comiciano a diventare frequenti: infatti, come in Polonia, anche qui, nei paesi baltici, stanno rifacendo molte strade, tutte con i fondi dell'Unione Europa: in effetti ne hanno bisogno, visto come erano ridotte (e lo sono ancora in molti casi) a causa del traffico pesante e della (immagino) scarsa qualità costruttiva.

A nord di Riga avviene uno degli incontri più emozionanti: ci raggiungono ad uno stop per dei lavori in corso. Sono in 3, su 3 BMW GS 1200; vengono da San Paolo (Brasile), sbarcati a Lisbona, hanno attraversato tutta l'Europa e adesso, come noi, sono diretti in Russia per arrivare ... in Mongolia! Parlo in inglese con uno di loro (tedesco, mentre gli altri sembrano brasiliani) e ci facciamo foto a vicenda. Le moto sembrano attrezzate proprio per un lungo viaggio (borse rigide Touratech, taniche e fari supplementari, borse stagne per tenda e altro). E' proprio vero che, per quanto lungo sia il tuo viaggio e ti porti lontano, c'è sempre qualcuno che va più lontano.

Tallin non delude le mie aspettative:la medioevale piazza del mercato (Raekoja plats)è molto bella, piena di vita e di venditori ambulanti, circondata da edifici medioevali perfettamente conservati e dal gotico municipio (Raekoda), con la sua alta torre.E' bello passeggiare per le vie della città vecchia (Vanallin).

Ci rechiamo quindi verso Toompea, la collina della cattedrale,la rocca che domina sul porto e la città vecchia. Al tempo della Lega Anseatica era la sede del clero e dell'aristocrazia feudale, chiusi in questa cittadella indipendente dall'amministrazione civica di Tallin fino al 1889. La fortezza (Toompea Loss),fu costruita dall'Ordine Teutonico nel 1222, poi nei secoli modificata e ingrandita, fino a essere sede nel '700 del governatore russo e adesso del Parlamento estone. La cattedrale (Toomkirik)è sede della Chiesa luterana estone.

L'ultima tappa prima della Russia ci porta a Narva, ultima citta estone, proprio sul confine. Come da programma, siamo arrivati al confine russo in 5 giorni, dopo 4.097 km.

Narva, terza città dell'Estonia, è in grande maggioranza abitata da gente di lingua russa: imponenti le due fortezze che si fronteggiano sul fiume Narva (che segna il confine con la Russia), oltre il quale c'è la città russa di Ivangorod.


Ci avviamo verso il confine, segnato dal fiume e ci fermiamo al primo cancello. C'è un box con un cambiavalute: prima dico no alla sua richiesta, poi ci ripenso e faccio bene, poiché un po' di rubli ci serviranno già per una tassa in frontiera. Noto una lunga fila di pedoni che si apprestano ad attraversare il ponte, nella "terra di nessuno", tra la dogana estone e quella russa. Accanto a noi aspetta uno dei pochissimi motociclisti locali incontrati, su un ciclomotore di marca "Riga".L'uscita dall'Estonia richiede una ventina di minuti; percorriamo quindi il ponte (avanzando di un'ora) e mettiamo piede (e ruote) in Russia: adesso comincia il bello!

Primo controllo, ore 9.49. Non mi ricordo esattamente tutta la sequenza, ma mi sembra si cominci con qualcuno che ci dà il solito modulo in cirillico da compilare: ovviamente non ci capiamo niente e al secondo (o terzo) controllo finalmente qualcuno con più buon senso (o più moduli) ce ne dà uno in inglese. Somiglia a quello bielorusso, forse è proprio lo stesso. Qui almeno non piove e comunque siamo al coperto: lo compiliamo quindi abbastanza facilmente. Poi si passa tra militari, controlli ai bagagli (pochi, per la verità), documenti vari. Ben pochi parlano inglese e chi lo parla dimostra di conoscerne poche parole. Il visto è a posto, per fortuna. So già di dover fare l'assicurazione per la moto, poiché la Russia non fa parte del sistema della Carta verde, quindi quando l'addetta comincia a parlare (tutto in russo!) mostrando la carta di circolazione della moto e facendo capire che manca qualcosa, afferro al volo e chiedo cosa devo fare, mostrando i (pochi) rubli e gli euro. Mi mandano nei vicini uffici. Va bene, penso, ci sarà un altro impiegato (come al solito) che svolge questa funzione. Ma l'impiegato non c'è! Si tratta credo di un dipendente di un'assicurazione che svolge questo servizio. Fortuna che siamo arrivati al confine quasi alle 10: se fossimo giunti la sera avremmo dovuto aspettare tutta la notte! Non siamo gli unici ad attendere: c'è un winger tedesco, anche lui diretto al raduno di San Pietroburgo. Dopo un po' l'impiegata dell'assicurazione arriva e ci fa il documento necessario. Paghiamo senza problemi in euro, anzi addirittura ce ne cambia anche qualcuno in più perché intanto ho scoperto che l'addetta alla dogana chiede una piccola tassa in rubli.

Sono le 11.19: solo un'ora e mezzo per entrare in Russia. Temevo peggio. Passata la frontiera, noto subito il cambiamento. C'è un'aria quasi di abbandono, degrado. Gente per strada, che non si sa bene cosa aspetti e stia facendo, forse niente. In tutto questo la mia moto spicca come un pugno nello stomaco. Sono solo: Nazzareno tarda ancora pochi minuti, per l'ultimo controllo. Mi raggiunge e poco dopo anche il tedesco. Dovrebbero esserci anche i russi, ma non si vede nessuno. Prendo un po' di tempo, pulendo un po' la moto, ma alla fine, non vedendo ancora nessuno venuto ad accoglierci, decido di dirigermi verso San Pietroburgo. Il tedesco si accoda volentieri.

Do alcune semplici raccomandazioni prima di partire: "io in testa, rispetto assoluto delle indicazioni stradali, attenti agli stop, soprattutto a quello che troveremo tra poche centinaia di metri". Infatti, dopo meno di un km, c'è uno stop, su un rettilineo, che se non ne avessi letto prima di partire forse non me ne sarei nemmeno accorto. Mi fermo (e gli altri due dietro) e dopo un po' (il trucco è quello, non uscire subito per vedere se i malcapitati si muovono senza permesso e poi ...) esce un poliziotto che ci chiede le patenti (internazionali): gli basta questo, non gli serve il passaporto. Ripartiamo. La strada è piuttosto dissestata e quindi non è difficile rispettare i 90 km/h del limite di velocità.Nell'attraversamento delle città il limite è 60.

Ho detto città, ma in effetti, tranne una, non troveremo vere città fino alla periferia di San Pietroburgo: solo villaggi, con case di legno, orti e poca gente che vende i prodotti dei propri orti su piccolissimi banchetti davanti a casa. Il tutto dà l'impressione di una diffusa povertà. In queste condizione di "scarsa urbanizzazione" devo fare attenzione a rallentare ogni volta che entro in queste "città", ma lo faccio: non voglio problemi.

Dopo un po' la strada migliora e la seconda parte dei circa 140 km che ci separano dall'ingresso in San Pietroburgo procede con meno scossoni.

Arrivati in città, si presenta il problema di attraversarla per raggiungere la sede del raduno, l'hotel-campeggio Olgino, posto a nord di San Pietroburgo (noi arriviamo da sud e non c'è una circonvallazione completa): essendo senza le guide russe e senza mappe dettagliate del gps, mi affido alla vecchia cartina; ma attraversare una città di quasi 5 milioni di abitanti, così vasta e con un simile traffico non è semplice. Vado per un po' "a naso" e poi, fermo in fila ad un semaforo, vedo un grosso fuoristrada, dai vetri scuri, accanto a me. E' la classica macchinona che in televisione spesso è associata ai boss locali, arricchiti magari con affari non completamente leciti. Comunque noto che lui mi osserva, leggermente incuriosito: faccio un cenno, si abbassa un finestrino e gli chiedo la strada per raggiungere l'hotel-campeggio Olgino. Mi dà alcune indicazioni, ringrazio, ci penso un po', ma mi rendo conto che forse non basteranno (San Pietroburgo è talmente grande e piena di ponti) e noi stiamo solo all'inizio, e quindi ne chiedo ancora. Mi fa cenno di seguirlo ... e qui comincia l'avventura.

In questa occasione capisco come guidano i russi: da pazzi! Al verde parte a razzo e noi tre ci buttiamo all'inseguimento. La velocità è spesso superiore ai limiti, e non di di poco. Le strade di San Pietroburgo sono ampie, ma piuttosto trafficate. L'unica cosa buona è che segnala sempre con buon anticipo le svolte, ma vi assicuro che non è stato semplice stargli dietro, soprattutto nelle curve affrontate ad alta velocità, con gli infidi (e piuttosto sconnessi, ma non deragliano mai?) binari dei tram sempre lì a metterci in difficoltà durante le pieghe. In 25' attraversiamo oltre 10 km di città, da sud a nord! Circa metà del tempo che ci metterò nei giorni successivi ...

Imboccata la strada che porta, ormai diritta, verso l'Olgino, ci saluta e se ne va. Ben presto siamo fuori dalla città e la strada diventa un'ampia autostrada, finalmente comoda e ben asfaltata (la stanno rifacendo proprio in questi giorni), con una particolarità che mi colpisce. Sarà forse perché in Russia non hanno problemi di spazio, ma tra le due carreggiate non c'è il solito spartitraffico; non c'è nemmeno uno spazio vuoto, con un prato o una siepe come talvolta accade; no, c'è un bosco. Tra le due carreggiate ci sono in certi punti quasi 100 metri! Uno scontro frontale è praticamente impossibile.

I russi, anche se non ci hanno aspettato in frontiera, hanno almeno reso noto le coordinate della sede del raduno; quindi, col punto memorizzato sul gps, sono tranquillo di arrivarci. Infatti, finalmente (sono quasi le 3 del pomeriggio), lo vedo. Siamo arrivati!

Si tratta di un complesso molto grande, con un albergo e un ampio spazio per campeggiare nella foresta (e' uno dei pochi campeggi della Russia). Nell'ampio piazzale d'ingresso sono presenti già diverse moto (alla fine saremo oltre 200) provenienti da tutta Europa, dal Portogallo alla Norvegia, oltre ovviamente ai Russi, arrivati fin da Vladivostok. Formalizzata l'iscrizione (qui accettano tranquillamente gli euro e trovo anche una russa dell'organizzazione che parla perfettamente italiano), monto la tenda e comincio a incontrare degli amici, di varia provenienza. C'è già un discreto gruppo di italiani (saremo in tutto 11 moto): la maggior parte è arrivata (fin da lunedì) dalla vicina Finlandia, dove c'è stato un analogo raduno l'ultimo finesettimana; alcuni con un giro organizzato, passando anche da Mosca; altri, come noi, direttamente dall'Italia.

Decido di vedere com'è la situazione rifornimento di carburante: faccio un giro nei dintorni e mi rendo conto che non accettano le carte di credito nè gli euro; cambio quindi un po' di euro e faccio il pieno.Ora sono più tranquillo. La sorpresa più piacevole è però il prezzo al litro della benzina: 60 centesimi!!!!!

Riposo un po' in tenda, perché stasera è prevista la "sfilata delle luci", e qui a San Pietroburgo si farà davvero tardi.

Ma, prima di cominciare a visitare San Pietroburgo, credo sia opportuno spendere qualche parole sulla storia di questa città. San Pietroburgo fu fondata dallo zar di Russia Pietro I il Grande nel maggio 1703. A quel tempo la Russia aveva solo due accessi al mare: il Mar Nero a sud, controllato però dai Turchi, e il porto di Arcangelo a nord, bloccato dai ghiacci per molti mesi l'anno. Lo zar voleva creare un avamposto verso l'Europa, contrastando la potenza navale della Svezia. La zona era paludosa e furono affrontate imponenti opere di bonifica e consolidamento del terreno.
Pietro il Grande varò diverse misure per favorire la crescita della città, come l'obbligo di risiedervi per la nobiltà, la proibizione dell'uso del legno consentendo solo quello delle pietre (che invece veniva vietato nel resto del Paese), il trasferimento della capitale da Mosca (1712). Lo zar la battezzò con un nome tedesco/olandese: Sankt Petersburg. Nel 1914 il nome fu russificato in Pietrogrado (a causa della guerra con la Germania), nel 1924 Leningrado, nel 1991 (in seguito a referendum) torna al nome originario di San Pietroburgo (in russo Sankt Peterburg). Conta 4.670.000 abitanti (cens. 2002).

Alle 23, puntuali, partiamo tutti in gruppo per la "sfilata delle luci", una tradizione dei raduni Gold Wing. Sono un mototurista che viaggia normalmente da solo, rifugge dalla confusione e ama la tranquillità. Ma vi assicuro che un'esperienza come questa rimarrà impressa nella mia mente: quasi 200 Gold Wing, con tutte le "luminarie" accese e le bandiere al vento, che attraversano festose una delle città più belle del mondo, illuminata anch'essa in una magnifica notte d'estate, su è giù per i suoi ampi e scenografici viali!

Parcheggiamo le moto in piazza Lenin, sulla Neva. Da lì si ha un magnifico panorama sui ponti di San Pietroburgo che, ogni notte, all'una, si aprono in sequenza per permettere il passaggio delle navi. Consiglio di non perdere questo spettacolo, molto suggestivo, anche per l'accurata illuminazione.

Mentre aspettiamo, un russo ci invita ad un giro supplementare in moto: detto, fatto; saltiamo in sella e via per i viali della città, con un gruppetto più ristretto, completando il giro con una magnifica "parata" notturna lungo la Nevskij Prospekt, il viale principale della città, suo autentico cuore pulsante, pieno di vita anche a quell'ora (è quasi l'una di notte), lunga 4,5 km e larga da 25 a 60 m. Rientriamo a piazza Lenin giusto in tempo per vedere lo spettacolo dell'apertura dei ponti. Addirittura passiamo sull'ultimo ponte quando già ci sono le transenne per chiuderlo (ma la polizia ci fa cenno di passare) e vedo nella specchietto che comincia ad alzarsi appena lo superiamo!

Ritorniamo al campeggio alle due passate, ma ne è valsa la pena! 40 km percorsi in moto su e giù per le strade di San Pietroburgo!


Nei dintorni di San Pietroburgo è interessante da visitare Kronstadt. Questa è una città sull'isola di Kotlin nel golfo di Finlandia, a metà tra la costa settentrionale e quella meridionale, proprio di fronte a San Pietroburgo, da cui dista circa 25 km (via mare). Via terra è possibile arrivare all'isola dalla costa settentrionale del golfo, attraverso uno spettacolare ponte diga, lungo oltre 13 km.

Raggiungo Kronstadt in gruppo con le altre Gold Wing; la lunga fila di moto, dopo alcuni km di strada costiera,imbocca il ponte.Non è una giornata di sole con buona visibilità, ma almeno non piove. I numerosi operai dei cantieri sul ponte (sono in corso lavori di allargamento) ci guardano con curiosità e salutano un lungo serpentone di grosse moto, certo inusuali da queste parti. Percorriamo i 13 km in formazione compatta, in mezzo al mare, con San Pietroburgo alla nostra sinistra e il mare aperto alla nostra destra.Ogni tanto ci sono dei varchi per il passaggio dell'acqua e (forse) per piccole imbarcazioni.

Arrivati sull'isola, parcheggiamo le moto nell'ampia piazza di fronte alla cattedrale, sede anche di un museo militare.Kronstadt fu fondata nel 1703; nacque come fortezza e poi porto militare e commerciale, in posizione strategica rispetto alla città di San Pietroburgo, con numerose fortificazioni rinnovate anche nell'800. E' collegata a San Pietroburgo da un canale navigabile che permette l'accesso alle navi di maggior tonnellaggio (in questa parte del golfo di Finlandia il fondale è infatti piuttosto basso).

Si visita la chiesa-museo, si acquista qualche souvenir, qualche chiacchiera con amici rivisti dopo tanto tempo,e poi ci dirigiamo verso il porto, dove sono anche numerose navi militari.Qui la strada finisce, poiché la seconda parte del ponte, che dovrebbe collegare l'isola alla costa sud del golfo di Finlandia, realizzando quindi un utilissimo passante per evitare di attraversare San Pietroburgo, non è mai stata completata (nonostante sia segnata sulla mia cartina). Tenete presente anche che la lunga circonvallazione di San Pietroburgo non è completa, quindi per andare dalla periferia nord a quella sud spesso è necessario passare dal centro.

Altro posto imperdibile nei dintorni di San Pietroburgo è Pedrodvorec, sulla costa sud del golfo di Finlandia, dove si trova la reggia di Peterhof.

La reggia (dicono) chiude alle 19 (anche se resteremo fino alle 19.45). Vale la pena andarci anche solo per visitare l'esterno, che è meraviglioso, stupefacente.

La reggia è posta di fronte al mare, già da lontano si vedono i tetti luccicanti d'oro. I palazzi, dalle architetture barocche ricche di stucchi dorati, sono circondati da vasti giardini e monumentali cascate e fontane. Uno scenografico canale lungo circa 500 metri la collega al mare. Dal lato verso il mare, nel giardino, si trova la "Grande Cascata", con 64 fontane e 225 statue in bronzo dorato. E' una cosa da lasciare senza fiato: ogni statua è più alta di una persona; rappresentano divinità marine, i fiumi russi, il mito di Perseo e Andromeda. La Fontana posta di fronte alla Grande Cascata (detta di Sansone) ha uno zampillo alto più di 20 m, con una grande scultura di Sansone simboleggiante la vittoria russa contro gli svedesi nel 1709 (27 giugno, giorno di S. Sansone).

Ad una certa ora i custodi, finito il loro orario di lavoro, se ne vanno lasciando aperti i giardini (succede anche in altri posti in Russia) che quindi sono liberamente visitabili, senza pagare nulla.

A San Pietroburgo, un po' distante dalla zona centrale monumentale, è da visitare il complesso di Smol'nyi, sulla Neva. In questo luogo, dove sorgeva, prima della fondazione di San Pietroburgo, un porto svedese, la figlia di Pietro il grande, l'imperatrice Elisabetta Petrovna, decise di costruire un monastero destinato all'educazione delle orfane, ma Caterina II sospese i lavori e nel 1765 fondò un collegio per giovani nobili e una casa di riposo per le vedove aristocratiche. Bellissima la Cattedrale della Risurrezione, barocca, bianca e azzurra, con cinque enormi cupole (fino a 85 m di altezza). Accanto è il palazzo Smol'nyi, sede dell'Istituto femminile di studi, sorto per educare le fanciulle di nobile famiglia: presenta una facciata imponente, ma è molto importante anche per la storia contemporanea, poiché il 22.10.1917 vi si insediò il Comitato Rivoluzionario e fu eletto il primo Soviet, lì rimasto fino allo spostamento della capitale a Mosca; da qui partirono i Bolscevichi per la conquista del Palazzo d'Inverno, il 7 novembre 1917 ("Rivoluzione d'Ottobre"). E, per concludere questi riferimenti rivoluzionari, la piazza antistante è la Piazza della Dittatura del Proletariato (uno dei pochi toponimi sopravvissuti al crollo del comunismo), con due propilei (costruiti nel 1923) con le celebri iscrizioni "Proletari di tutto i Paesi unitevi!" e "Primo Soviet della dittatura del proletariato", e statua di Lenin.

Poco più a sud è l'Alexsandro Nevskaja Lavra (il monastero di Alexandr Nevskij), posto al termine della Nevskij Prospekt. Costruito da Pietro il Grande nel 1713, comprende la grande cattedrale della Trinità (Troickij Sobor), costruita da Caterina II alla fine del '700. Il complesso è imponente e molto bello. Dal monastero consiglio di percorrere per tutta la sua lunghezza la rettilinea Nevskij Prospekt, che ci porta nel cuore della città, di fronte ai palazzi dell'Ammiragliato e dell'Ermitage, che visiterò dopo.

La Nevskij Prospekt, come già detto, è il viale principale della città, il suo autentico cuore pulsante. E' lunga km 4,5, dall'Ammiragliato al monastero Alexandr Nevskij, larga da 25 a 60 m. Il primo tratto, il più lungo (fino alla piazza Vosstanija) fu costruito a partire dal 1710 per facilitare il trasporto dei materiali da costruzione destinati all'Ammiragliato provenienti da Novgorod attraverso l'attuale Ligovskij prospekt, da dove si arrivava all'Ammiragliato attraverso le paludi. Intanto Pietro il Grande fondava il citato monastero di Alexandr Nevskij che veniva collegato alla nuova strada, costituita quindi da due segmenti quasi allineati. La nuova città si andò sviluppando attorno a questo asse, abbellito da una fila ininterrotta di palazzi.

La via ha anche un valore simbolico, collegando l'Ammiragliato, simbolo della nuova potenza marittima della Russia, e il monastero di Alexandr Nevskij, che sorge sul luogo dove il principe Alessandro di Novgorod (detto Nevskij, poi canonizzato) sconfisse nel 1240 gli svedesi.


La Nevskij Prospekt ho perso il conto di quante volte l'ho percorsa in moto (e in parte a piedi), da solo e in sfilata con le altre Gold Wing: è troppo bella, soprattutto da percorrere in moto (col traffico bloccato per noi quando sfiliamo in gruppo). La gente guarda noi, e noi guardiamo la gente e la strada.

Parcheggiata la moto di fronte alla cattedrale di S. Isacco, comincio il giro per la zona centrale di San Pietroburgo.

Se non si hanno molti giorni a disposizione, conviene, dopo aver fatto un giro della città, concentrarsi su alcuni elementi. Il primo monumento ce l'ho subito davanti agli occhi: la cattedrale di S. Isacco.A croce greca, grandiosa, con quattro portici monumentali composti da 112 colonne monolitiche di granito di Finlandia alte 16 m e pesanti (così dicono le guide) 114 t ciascuna. La cupola dorata è alta 102 m; 4 campanili, 350 statue sul tetto.

Nella piazza trovo il più vasto assortimento di matrioske che abbia visto a San Pietroburgo (regalo assicurato per moglie e figlia).

La cattedrale di S. Isacco è vicina al palazzo dell'Ammiragliato, con la sua alta guglia dorata,vero punto di riferimento per la città (la si vede da lontano quasi da ogni direzione), nonchè punto terminale di tre grandi arterie (Nevskij e Voznesenskij prospekt, e ulica Gorohovaja). Costruito nel 1704 come semplice cantiere navale, dal 1711 vi si installò l'Ammiragliato, oggi è sede della Scuola Superiore della Marina da Guerra. Presenta due lunghi fronti (di oltre 400 m): a nord verso la Neva e a sud (verso la Nevskij prospekt) di fronte a un bel giardino, pieno di fontane e statue.Sul grande palazzo si notano però i segni del tempo e di una necessaria costante manutenzione.

Il lato corto occidentale affaccia sulla piazza dei decabristi che ha al centro la famosa statua equestre di Pietro il Grande.Fu fatta erigere da Caterina II; impressionante la colossale base, di granito della Carelia, di 1600 tonnellate. Il trasporto del granito fu effettuato via terra su rotaie di legno e via fluviale, e durò due anni, durante i queli decine di operai modellarono il blocco di granito. Questo mi fa pensare a quanto tempo e manodopera a buon mercato avessero gli zar, quando decidevano di fare qualcosa!

Oltre la piazza ci sono due palazzi gemelli, uniti da un'arcata con gli stemmi delle principali regioni della Russia: sono il Senato e l'ex Sinodo.

Tornando quindi indietro, raggiungo la piazza del Palazzo (Dvorcovaja ploscad), centro simbolico dell'impero e luogo simbolo della Rivoluzione d'ottobre (con la presa del palazzo d'Inverno). Al centro della piazza vi è la colonna di Alessandro I (1834), il più grande monolito del mondo moderno (600 t) in granito, alta m 47,5.La piazza, sul cui angolo nord-occidentale si affaccia il già visto Ammiragliato, presenta sul suo lato settentrionale il famoso Palazzo d'Inverno e su quello meridionale due ali di costruzioni (lunghe ben 580 m), già sede dello Stato Maggiore Generale e del Ministero degli Esteri, collegate da un arco di Trionfo che celebra la vittoria del 1812 sulle armate napoleoniche.

Tra lo Stato Maggiore e il palazzo d'Inverno c'è l'ex Stato Maggiore della Guardia, da dove Lenin diresse la Rivoluzione d'Ottobre. Ma ormai l'attenzione è rivolta tutta al palazzo d'Inverno. La prima cosa che mi colpisce sono le dimensioni. E' enorme:circa 400 m sul lato lungo, oltre 1000 stanze, 1787 finestre, 117 scale, 176 statue sui tetti. Il punto migliore per averne una visione d'insieme è da sotto l'Arco di Trionfo descritto prima. Il palazzo d'Inverno fu costruito nel 1732-35 dalla figlia di Pietro in Grande, l'imperatrice Elisabetta Petrovna, architetto Bartolomeo Carlo Rastrelli; nel 1754-62 fu chiesto a Bartolomeo Francesco (il figlio) di ricostruire il palazzo. Da ogni lato lo si guardi, appare in tutta la sua magnificenza barocca, ricco di stucchi dorati. E altrettanto splendido è all'interno, pieno di marmi e pietre dure. Ospita il famoso museo dell'Ermitage (che occupa anche alcuni palazzi adiacenti), uno dei più grandi al mondo (frutto in gran parte delle varie raccolte degli zar), anche se afflitto da problemi di sovraffollamento di visitatori (nei periodi di punta) ed eccessiva quantità di pezzi esposti. E' talmente grande che è necessario dedicarci un'intera giornata (un solo dato: il percorso totale di visita è pari a 24 km), quindi a visitarlo non ci penso minimamente; meglio ammirare con calma i palazzi dall'esterno.

Accanto al palazzo d'Inverno è il Piccolo Ermitage (il primo museo voluta da Caterina II) (1765) e poi il Vecchio Ermitage. Dalla destra del palazzo d'Inverno comincia la via dei Milionariche presenta sul lato destro facciate di palazzi nobiliari e su quello sinistro il retro delle sfarzose residenze che danno sul lungofiume. Interessante il contrasto tra le monumentali facciate e la parte posteriore: era infatti tradizione (anche presso le famiglie più ricche e potenti), dare in affitto la parte posteriore degli edifici. Sul lato sinistro della via è il Palazzo di Marmo, un gioiello di architettura barocca/neoclassica, fatto costruire da Caterina II per l'ex favorito conte Orlov (che l'aveva aiutata a sbarazzarsi del marito): facciata in marmo rosa e blu di Finlandia. La via infine giunge alla grande spianata del Campo di Marte e al giardino d'Estate, un tradizionale punto di ritrovo degli abitanti di San Pietroburgo.

La via dei Milionari è attraversata nella sua parte iniziale dal canale d'Inverno (tra la Neva e la parallela Mojka),che mi ricorda che San Pietroburgo non è solo una città di grandi palazzi e prospettici viali, ma anche di tanti fiumi, canali e ponti.

Costeggiando il canale, giungo alla Neva. Da qui è possibile ammirare l'altro lato del palazzo d'Inverno, quello che dà sul fiume; noto anche le impalcature per i lavori di manutenzione, necessari per mantenere un simile palazzo. Dal lungofiume si vede la fortezza dei Santi Pietro e Paolo, oltre la Neva.Attraverso quindi il fiume, lasciando il centro monumentale che ho notato poco frequentato dai cittadini (che preferiscono altre zone come la Nevkji Prospekt), tranne che dalle numerose coppie di sposi che scattano le foto di rito presso i monumenti più famosi; molte le limousine.

La fortezza fu il primo nucleo di San Pietroburgo, costruita da Pietro il Grande nel 1703 su una piccola isola paludosa della Grande Neva. Nella fortezza furono costruiti i primi edifici pubblici: caserma, cattedrale, prigione e zecca. Durante i mesi estivi è molto animata: molti cittadini prendono il sole sulla spiaggia all'esterno delle mura.Costruita prima in mattoni e poi ricostruita in pietra nel 1740, segue il contorno dell'isola con sei bastioni e muraglie alti fino a 12 metri. Trasformata poi in carcere, vi furono rinchiusi detenuti politici (Dostoevskij, Bakunin, Golr'kij e Ul'janov, fratello di Lenin); nel 1917 la guarnigione si ribellò e armò con i fucili dell'arsenale gli operai. Fu da qui che fu dato il segnale all'incrociatore Aurora di aprire il fuoco sul palazzo d'Inverno.

A nord della fortezza c'è il parco di Alessandro (ex Lenin), con uno zoo e planetario, attrezzato di lunapark e altre attrazioni, centro di vita notturna. Nella parte sud del parco c'è il grande edificio dell'Arsenale, in cotto,che ospita il Museo Storico-Militare di Artiglieria, Ingegneria e Comunicazioni militari: un museo enorme, con una completa ricostruzione della storia delle armi, dagli sciti ad armi paleolitiche, dell'età del Bronzo e del Ferro, alle armi slave del V sec. e ai primi cannoni russi del XV sec., fino all'ultima guerra mondiale.

Subito a est della fortezza c'è l'edificio più antico della città, la casetta di Pietro I. Costruita il 24/26 maggio 1703, in legno, come residenza provvisoria dello zar, intonacata all'esterno come una casa in mattoni, rivestito in pietra nel 1723 da Caterina. L'edificio, piccolo in confronto alle dimensione dei palazzi che ho appena ammirato, è composto da sole 4 stanze: ingresso, studio, pranzo e letto (m 12 x 5 x 2,25 in tutto) ed è circondato da un giardino.Di fronte all'edificio, la discesa al fiume in granito, con due preziosi "sci-tsi" (leoni-rana), portati dalla Manciuria nel 1907 dopo la guerra col Giappone. Parcheggiate qui le moto, questo è il punto dove il maggior numero di persone ci ha fermato per fotografare (e farsi fotografare) le nostre moto: non ci lasciavano più andare via!

Da questo lungofiume si godono delle stupende viste sulla Grande Neva, i ponti e il palazzo d'Inverno e il Giardino d'Estate, ma c'è un altro appuntamento con la storia che mi aspetta: poco distante, attraccata alla banchina dal 1948 davanti all'Accademia navale, c'è il famoso incrociatore Aurora. La notte del 7 novembre l'Aurora risalì la Neva e, quando dalla fortezza venne dato il segnale, sparò lo storico colpo di cannone che diede il via all'attacco al palazzo d'Inverno. Ospita un museo della Rivoluzione e della Marina russa.

Un ultimo sguardo alla Neva e i palazzi prospicienti, con le alte fontane nel fiume.

Tornato al campeggio, nella premiazione, tenutasi in serata, l'Italia si classifica (con 11 moto) al secondo posto dietro alla Polonia (per una sola moto). Per la prima volta (che io ricordi) il premio per il motociclista arrivato da più lontano va ad un locale, ma è ben meritato: si tratta infatti di un russo arrivato in Gold Wing dalla Siberia orientale, circa 10.000 km!


Sulla via del ritorno verso casa ammiriamo il maestoso arco di trionfo (posto all'inizio della via per Mosca), della porta di Mosca, eretto nel 1838 per commemorare le vittorie russe in Persia, Turchia e Polonia.

Capitolo multe. Ne becchiamo due proprio l'ultimo giorno di permanenza in Russia, anzi nelle ultime ore, poco prima della frontiera estone. In entrambi i casi si tratta di passaggio in "area urbana" (le solite 4 case che se non mettono il cartello si potrebbero anche non notare). In entrambi i casi il poliziotto si mette con la sua brava pistola puntata (radar, per fortuna) pochi metri prima del cartello che indica la fine del limite di velocità (che in Russia, ricordo, è di 60 in città). La prima volta sto andando a 92 km/h (la mia velocità normale, praticamente non ho rallentato in "città"). Il poliziotto ci fa cenno di accostare (io come al solito sono in testa, ma ovviamente si ferma anche Nazzareno). Mi mostra la pistola radar con indicata la mia velocità; allargo le braccia abbozzando un sorriso e ammettendo senza riserva il mio errore (dopo aver finto di non sapere che ero in città, rispettando quindi il limite generale di 90 km/h; ma è inutile poiché il poliziotto mi mostra subito il cartello dei 60). "Naturalmente" multano anche Nazzareno, anche se la sua velocità ovviamente non è stata rilevata. E qui metto in atto la "commedia" preparata dall'Italia. Ci sarebbe da pagare la multa, in rubli, e andando in città in banca a fare il versamento! Non se ne parla proprio, non possiamo perdere tutto questo tempo! Lo faccio capire al poliziotto che, per la verità, dimostra di non aver molto bisogno di essere convinto. Mi fa cenno di entrare nell'auto; porto con me il borsello con dentro, già pronte dall'Italia per questa occasione, un po' di banconote da 5 euro. Dico a Nazzareno di aspettare fuori e lasciare fare a me. Tiro fuori una banconota da 5, poi, osservando la sua reazione, un'altra: siamo infatti in 2 a essere multati; sto per concludere, quando arriva Nazzareno (impaziente) con una banconota da 10! Adesso la "multa" non è più 5+5, ma 10+10. Va bene lo stesso, ce la siamo cavata alla svelta. Promettiamo al poliziotto di andare piano, salutiamo e ripartiamo.

La seconda multa è simile; dopo la prima, sto attento a tutti gli attraversamenti urbani, anche perché noto molta polizia in giro. Supero il punto (che ho segnato col gps) dove ci hanno multato alcune ore prima, ma, anche stavolta pochi metri prima della fine della "città", ci beccano col radar. Solita storia (andavo a 84 km/h), ma stavolta il giovane poliziotto ha l'aria di voler davvero farci la multa in rubli. Gli mostro i passaporti col visto che scade tra poche ore, insisto e alla fine accetta, per la multa da 150 rubli a testa (sono 4,5 euro), la solita banconota da 5 euro (per ciascuno).

Rientrati in Estonia, arrivati sul lago Peipsi, ci troviamo di fonte ad un tratto di strada in rifacimento diverso dal solito (sono frequenti i lavori in corso in tutti i paesi Baltici: stanno infatti rinnovando tutte le strade principali). Qui infatti non c'è il solito sterrato, nè della ghiaia da affrontare con un po' più di attenzione. No, qui c'è solo la massicciata, composta di grossi sassi. Sono incerto su cosa fare: questa è l'unica strada per andare verso sud: evitarla vorrebbe dire tornare indietro e fare una deviazione di oltre 40 km. Decido di provare (Nazzareno aspetterà dietro l'esito del tentativo): innesto la prima e affronto i primi sassi con la massima prudenza e concentrazione possibile: sento subito che l'anteriore se ne va per fatti suoi e non c'è modo di controllarlo. La moto affonda tra le grosse pietre, si piega sulla sinistra e si adagia per terra. Niente da fare! Faccio cenno a Nazzareno che non è possibile procedere. Rialziamo la moto (in queste condizioni, con la moto affondata nei sassi, non riesco a raddrizzarla da solo): nessun danno alla moto, grazie alle protezioni di serie.

Troviamo un campeggio proprio sul lago, nella foresta. Sembra tutto chiuso (forse è tardi, le 20.36). Ma, chiamando, qualcuno ci viene incontro: ci dicono di mettere le tende dove ci pare (non se ne vede nessun'altra in giro, solo alcuni bungalow). Il bar/ristorante è chiuso: l'unica cosa da mangiare sono delle pizze surgelate che una ragazza (l'unica che capisca un po' di inglese) ci prepara poco dopo. Il conto totale è da ricordare: tenda e cena 3 euro a testa!


La mattina, con la luce, diamo un'occhiata in giro: il campeggio è in una bella posizione sul lago, anche se quasi deserto.Il lago Peipus ha una superficie di 3.550 km2, il 6° lago europeo, il più grande al di fuori di Russia e Scandinavia. E a guardarlo sembra proprio immenso: non se ne vede la fine, nè l'altra sponda (dove è Russia). Presenta una larga spiaggia sabbiosae probabilmente questo per gli estoni è un luogo balneare; certo che, per i nostri parametri, è piuttosto freddo! D'inverno gela e dalla sua costa settentrionale nasce il fiume Narva, che segna il confine con la Russia e che abbiamo attraversato ieri.

Anche dopo essere tornati sulla via principale, incontriamo comunque numerose deviazioni, a causa dei lavori di ammodernamento della via principale. In qualche incrocio ci viene il dubbio sulla strada giusta.

Attraversiamo Tartu (la seconda città estone, centro culturale del paese e sede di una prestigiosa università) e poi la regione di Otepaa, frequentata località di villeggiatura estone, un'area collinare ricca di laghetti.

Entrati in Lettonia, puntiamo su Riga, la più grande città delle repubbliche baltiche. Riga, fondata nel 1201 alla foce del fiume Daugava, antica città anseatica, presenta una parte vecchia (Vecriga) e una moderna, significativa per i numerosi esempi di stile Jugendstil.

La piazzetta vicino al punto dove abbiamo parcheggiato le moto è molto animata e presenta degli edifici interessanti; subito dietro è la chiesa di Sveta Petera Baznica, costruita nel 1209, poi più volte distrutta e ricostruita (per ultimo del 1973, come era nel '700).Spostiamo quindi le moto in prossimità della vicina Doma Laukums, la piazza principale, fulcro della città antica, con il duomo Doma Baznica (la chiesa più grande delle repubbliche baltiche, m 87 x 43): costruito a partire dal 1211, oggi è al di sotto del livello stradale a causa del sollevamento della piazza per lo stratificarsi di edifici successivi.


La tappa più impegnativa del viaggio è al ritorno quella dell'attraversamento di tutta la Polonia, da nord-est a sud-ovest, passando da Varsavia: impegnativa per le strade, il traffico pesante e la pioggia.

Il primo tratto, fino a Varsavia, non è tanto male: traffico di camion ce n'è, ma non tantissimo; la strada è a due sole corsie, ma in parte rifatta e i micidiali Koleiny non sono frequenti.

Poco prima di Varsavia, cado per la seconda volta: dopo una breve sosta a bordo strada, mentre in retromarcia tento di rientrare sull'asfalto, la ruota anteriore se ne va per i fatti suoi e cado, affondando nella sabbia. Sono insidiosi i bordi di queste strade, molto sabbiosi. Risata generale e rialziamo la moto.

A Varsavia conviene dirigere verso la Città Vecchia (Stare Miasto), col Castello Reale. Questo edificio, come tutta la Città Vecchia, venne completamente rasa al suolo dai tedeschi nel 1944, dopo la tragica rivolta della città (insorta contro gli occupanti tedeschi il 1° agosto 1944: i sovietici, anche se attestati sull'altra sponda della Vistola, non intervennero e il 2 ottobre la città capitolò, con 200.000 morti). Ma tutta la città vecchia è stata meticolosamente ricostruita in 5 anni nel dopoguerra, tanto da essere inserita nella lista del patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, poiché, per dimensioni e accuratezza, "rappresenta un unicum nella storia del restauro applicato su scala urbana".

Il lato est della piazza del Castello (Plac Zamkowy), triangolare, è occupato dal citato Castello Reale;al centro sorge la colonna di Sigismondo III Vasa, alta 22 m, eretta nel 1644 dal figlio Ladislao IV (il primo monumento laico di Varsavia e il più antico).La piazza è piena di gente e di turisti.Ripartiamo e passiamo davanti al monumentale neoclassico Teatro Grande (Teatr Wielki).

E qui cominciano i problemi. Usciti da Varsavia, la strada diventa a doppia carreggiata, ma il traffico pesante è intensissimo, piove e troppo spesso ci sono ancora i terribili Koleiny, che con la pioggia credo siano la cosa peggiore (a parte il ghiaccio) che un motociclista possa incontrare. Inoltre l'asfalto è piuttosto scivoloso e non vi nascondo che qualche volta ho paura, soprattutto quando la pioggia diventa violenta. A complicare la cosa si aggiunge il fatto che tutta la strada, nonostante sia a doppia carreggiata e molto trafficata, è attraversata continuamente da passaggi pedonali (spesso con semaforo) che provocano continui rallentamenti e rischio di tamponamenti, oltre che da punti per l'inversione di marcia (che avviene svoltando a sinistra, senza alcun ponte o sottopassaggio). Alcune volte sento che sto per perdere il controllo di una ruota della moto. Alla prima sosta chiedo a Nazzareno come va e mi conferma che anche lui talvolta ha difficoltà a tenere la moto.

Comunque riusciamo ad arrivare a Czestochowa. Mai sosta è stata tanto gradita. Smette di piovere e (della serie, sempre in guardia) stavolta tocca a Nazzareno cadere (da fermo, in fila al semaforo): forse la tensione accumulata. Nessun problema, parcheggiamo le moto di fronte alla salita del famoso Santuario della Madonna Nera e saliamo a piedi.

Il santuario di Jasna Gora (letteralmente "monte chiaro", per la pietra bianca con cui è costruita la chiesa) sorge su un'altura (m 293, 100 al di sopra della città) a Czestochowa, al cui centro è collegato da un lungo viale.Fondato nel 1382 dal duca Ladislao di Opole per accogliere i monaci Paolini cacciati dall'Ungheria, nel 1384 ricevette dallo stesso duca la venerata icona della Madonna con il Bambino. Fu fortificato nel 1620-44 da Ladislao IV Vasa, resistendo all'assedio svedese del 1655 che invece devastò la città. Nei secoli seguenti fu arricchito e abbellito, nonchè ulteriormente rinforzato, resistendo ad altri assedi. Nel 1717 avvenne la prima incoronazione della Madonna Nera quale "regina della Polonia". Nel monastero/fortezza, molto grande, notevoli la chiesa del convento (basilica gotica con una torre campanaria di 106 m, la più alta della Polonia), all'interno della quale, in una cappella, è posta la veneratissima icona della Madonna Nera; la Sacrestia, con una sala per il Tesoro; la Sala dei Cavalieri; la Biblioteca (40.000 volumi); il Refettorio; l'Arsenale; il Museo.


L'ultima città visitata nel corso del viaggio è Bratislava, la capitale della Slovacchia. La città sorge sulla riva sinistra del Danubio, a poca distanza dall'Austria e dall'Ungheria. Arrivato in moto in centro, alcuni passanti mi indicano la strada migliore per procedere (il centro è in gran parte pedonale).Giungiamo alla piazza principale, la Namestie SNP (Piazza dell'Insurrezione Nazionale Slovacca): sulla piazza si affacciano la chiesa e monastero passionisti (1692-1728)e la chiesa calvinista (1913).

A sud ovest della piazza, dalla porta Michalska Veza, parte la via Michalska e la sua prosecuzione Venturska, asse centrale della città vecchia (Stare Mesto). Insolite, lungo le strade del centro (pedonali), diverse statue moderne di curiosi personaggi del folclore cittadino. Dopo aver ammirato alcuni bei palazzi della città,prendiamo il moderno ponte che scavalca il Danubio, passando davanti al Castello (Hrad).

Superata Vienna, l'autostrada verso Tarvisio scorre via tranquilla, certo diversa dall'andata di 11 giorni prima percorsa sotto la pioggia battente; rientrati in Italia, è giunto il momento di salutarci: io continuo verso le Dolomiti (dove mi aspettano mia figlia e mia moglie, che è andata in montagna con sua sorella), Nazzareno verso altre montagne, quelle abruzzesi di casa sua.


Sulle Dolomiti ne approfitto ovviamente per due giorni pieni di montagne e passi da valicare con la moto, dopo un viaggio di quasi 10.000 km attraverso le pianure (in gran parte) dell'Europa orientale: dopo tante strade di pianura, ci voleva proprio.


Al rientro a casa, penso a tutti i posti visti in questi 15 giorni, immagini che nessun ladro potrà mai rubarmi e di cui spero, almeno in piccola parte, di esser riuscito a rendere l'idea in voi, attraverso questo mio resoconto.


g
Mappe
Tappe
Km
1
Roca (Lecce) (I) - Rabafuzes (H)
1.473
2
Rabafuzes (H) - Satu Mare (RO)
667
3
Satu Mare (RO) - Radyn Podslaski (PL)
632
4
Radyn Podslaski (PL)- N Salociai (LT)
660
5
N Salociai (LT) - Narva (EST)
665
6
Narva (EST) - San Pietroburgo (RUS)
268
7
San Pietroburgo (RUS)
346
8
San Pietroburgo (RUS)
70
9
619
10
758
11
738
12
Hradek (CZ) - Nevegal (I)
949
13
Nevegal (I)
359
14
Nevegal (I)
329
15
Nevegal (I) - Roca (Lecce) (I)
1.092
 
9.625

Stati attraversati
Km
%
1
Italia
3.232
33,6
2
Polonia
1.285
13,4
3
Russia
1.191
12,4
4
Estonia
769
8   
5
Austria
710
7,4
6
Ungheria
625
6,5
7
Lituania
616
6,4
8
Lettonia
497
5,2
9
Slovacchia
392
4,1
10
Ucraina
119
1,2
11
Romania
81
0,8
12 Bielorussia
64
0,7
13 Ceca Rep.
44
0,5
 
TOTALE
9.625
 

MOTOGUIDA

- La moto utilizzata è stata la mia Honda Gold Wing GL 1500 SE del ’98 (quasi 400.000 km) che mi ha accompagnato sempre senza esitazioni. Il consumo medio di benzina questa volta non lo posso calcolare, a causa del furto dei miei appunti di viaggio. Olio consumato: niente (un mese prima di partire avevo cambiato il motore). Gomme consumate dai 4 mm originali (gomme nuove alla partenza) dell’anteriore a 3, e il posteriore da 8 (nuove) a 6,5: praticamente un consumo di metà gomme, visto che normalmente mi durano 20.000 km (infatti farò altri 10.000 km con quelle gomme). Il mio compagno di viaggio guidava una Gold Wing 1800: consumi simili, il 1500 consuma meno a basse velocità (sotto i 120 km/h) il 1800 meno oltre tale velocità.

- I bagagli sono stati sistemati nei 3 bauli di serie (litri 50+48+69= tot. 167), vari piccoli vani sparsi nella moto, la tenda e il materassino sistemati sulla sella posteriore (dentro sacche stagne); da quest'anno non uso più il portapacchi supplementare removibile in acciaio applicato dietro, sotto la targa. Infatti ho notato (con quel portapacchi) un certo alleggerimento dell'anteriore, oltre che un rischio di stress del telaio.

- Il periodo del viaggio è stato agosto, che non è il mese che preferisco (prediligo giugno); ma la data del raduno in Russia era quella, quindi non potevo scegliere. Ho preso acqua per la maggior parte dei giorni (tranne in Russia), ma questo dipende anche dalla variabilità tra un anno e l'altro. Consiglio comunque, se possibile, di anticipare a giugno/luglio.

- I pernottamenti sono avvenuti in tenda o in motel. I campeggi in Russia sono rarissimi; nell'est Europa dipende dalle zone, ma spesso il costo degli alberghi è talmente basso da renderli competitivi con i campeggi.

- Costi (stima approssimativa, a causa del furto degli appunti di viaggio). Il costo principale è la benzina, come in tutti i miei viaggi. In Russia ho trovato la benzina meno cara d'Europa: 60 cent al litro! Poco più in Bielorussia e Ucraina. Abbastanza economica anche nei paesi baltici (un euro o poco più). Bassissimi i costi per i campeggi (in Estonia ho pagato 3 euro, compresa una pizza!); bassi anche per hotel: una doppia circa 15/30 euro. Altrettanto bassi i costi per mangiare: In Romania abbiamo mangiato in due al ristorante con circa 10 euro.

- Cartografia: atlante stradale turistico Europa (1:900.000) del Touring Club Italiano (a spirale, molto pratico); anche se ormai datato (non ci sono nuove edizioni dopo il 2003). Ho utilizzato la cartografia elettronica della Garmin per il mio 2650: non copre nel dettaglio l'Europa orientale, ma è sufficiente ugualmente per orientarsi.

- Guide. Ho utilizzato quelle del Touring Club Italiano, edite in collaborazione con “Repubblica”, della collana “L’Europa e i Paesi del Mediterraneo” (gli Stati attraversati sono nei volumi n. 11, 13 e 17), uscite in edicola quest'anno. Dalle stesse guide sono tratte alcune delle notizie qui riportate. Precise e complete come ogni guida del TCI, anche se non dall’impostazione motociclistica.

- Abbigliamento. Come mio solito per i viaggi estivi, parto in maniche corte dall'Italia e poi mi copro secondo necessità. A causa della frequente pioggia incontrata, ho quasi sempre indossato il solito antipioggia traspirante (giacca e, all'occorrenza, pantaloni); in caso di temperature più basse, aggiungevo sotto un pile. Nessuna protezione (scelta personale, se potete non imitatemi). Stivali (pelle e membrana impermeabile/traspirante), indossati sempre.

- Pagamenti. Ho utilizzato quando possibile la carta di credito, ma in questo viaggio non sempre è stata accettata: in alcuni posti ne accettavano solo alcune, in altri nessuna. In questi casi (se non accettavano neppure gli euro) ho dovuto pagare con valuta locale. In genere in Russia non accettano nè euro nè carta di credito (tranne nelle grandi città), ma solo rubli. Analogamente in Romania (Satu Mare) ho dovuto pagare (benzina e ristorante) con valuta locale, mentre al motel andava bene la carta di credito. In Bielorussia hanno accettato la carta di credito per fare benzina. Negli altri Stati generalmente la carta di credito era accettata e in alcuni posti anche gli euro.

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