ISLANDA
Acqua, terra e fuoco
|
21.6.2007
- giovedì - giorno 6
Seydisfjordur (IS) (9.57) - Skaftafell (IS)
(19.56)
Km 426, viaggio h 9.59, guida h 5.58 |
|
|
|
|
Il momento è arrivato! Dopo tanti
giorni di viaggio e due di nave, sono in Islanda.
L'eccitazione è al massimo; tanta attesa,
tanti timori, tante aspettative.
E una gran bella sorpresa mi aspetta: c'è
il sole! E non un sole pallido, velato, "nordico".
No, c'è proprio un bel sole e un magnifico cielo azzurro!
Spettacolare è la visione cui possiamo
assistere dal ponte, mentre la nave si incunea nel profondo
fiordo di Seydisfjordur: ghiacciai, montagne e cascate!
Tornato nella stiva, slego la moto (che non
si è mossa di un centimetro) e aspetto il momento dello
sbarco, chiacchierando con i pochi motociclisti presenti sulla
nave: alcuni resteranno (come noi) per una settimana, altri
per due. C'è un po' di tutto, perfino una custom (guidata
da una islandese, e mi chiedo come farà ad arrivare,
così lucida, a Reykjavik), ma prevalgono le enduro;
curioso anche tra i veicoli speciali (moltissimi fuoristrada
attrezzati anche in modo "fantasioso").
La nave attracca quindi nella città
di Seydisfjordur, la "porta" dell'Islanda. Chiarisco
subito un punto: in Islanda (102.819 km² e 307.261 abitanti
nel 2006) l'unica vera città è la capitale Reykjavik
(115.611 abitanti); solo altre 4 superano i 10.000 abitanti.
La stessa Seydisfjordur sono poche case.
Appena sbarcati, la dogana ci attacca sulla
moto un adesivo, che mi sembra indichi un permesso di circolazione
sulle strade islandesi. A proposito di dogana: avevo sentito
(e letto) del divieto di importare in Islanda alimenti. Grande
quindi era la mia preoccupazione per il fatto che ho una borsa
della moto piena di cibo! Ma per fortuna nessun controllo
è stato fatto.
Ho preparato un programma di viaggio che prevede
di percorrere tutta la Ring Road, cioè la strada che
corre lungo il perimetro dell'isola, l'unica strada asfaltata
(e nemmeno interamente), e di tornare qui giovedì prossimo
(cioè fra una settimana esatta), per riprendere la
nave (che fa scalo solo una volta alla settimana). Il programma
di oggi prevede di arrivare a Hofn, ma le cose andranno diversamente.
Appena sbarcato,sono
colpito dalla natura che mi circonda: cascate e ghiacciai,
ai bordi della città. Sembra davvero di stare in un
altro mondo. Capisco subito che la cosa più difficile
sarà non fermarsi ogni momento a fotografare le meraviglie
della natura presenti già a bordo strada. E la foto
alla prima cascata la faccio già nel piazzale del porto!
Con Tomaz (e quasi tutte le altre moto appena
sbarcate) ci dirigiamo subito verso l'interno, attraverso
l'unica strada che collega Seydisfjordur al resto del paese,
verso Egilsstadir. La strada sale per una stretta valle, molto
scenografica, passando accanto alla cascata di Gufufoss.Dopo
pochi km, fermandoci e guardando indietro, possiamo ammirare
la valle fino al mare.
Si sale fino al valico (m 640): una quota che
qui vuol dire neve anche d'estate.
E dopo ci appare la valle di Egilsstadir, col
lungo lago Lagarfliot e la mitica Ring Road che ci attende.
Non c'è bisogno di fare alcun segno: all'unisono io
e Tomaz ci fermiamo a guardare; e così anche tutti
gli altri motociclisti.Affrontiamo
quindi la breve discesa, per l'ultima volta quasi tutti in
gruppo.
Arrivati alla Ring Road, si deve decidere se
andare a nord o a sud. In realtà la decisione è
già presa, col programma di viaggio: ho letto molto
sull'utilità di fare il giro in senso orario o antiorario;
ho letto di viaggiatori che, perseguitati dal maltempo, hanno
subito la pioggia per tutta la loro permanenza in questa isola;
e di altri che hanno avuto miglior sorte; alcuni hanno deciso
semplicemente di andare dalla parte dove hanno visto ... meno
nuvole. Io, a parte che oggi è una giornata splendida,
ho programmato il giro in senso orario (quindi prima il sud)
e non ho motivo di cambiare il programma.
La strada comincia bene, nel senso che è
asfaltata, ma non dura molto: infatti dopo pochi km comincia
il temuto (ma atteso) sterrato.Non
è comunque un problema, nemmeno per la Gold Wing (purchè
si abbia abbastanza pratica di questa moto) e rallento solo
di poco. Si dimostra molto utile e precisa la mappa che ho
comprato poco fa a Egilsstadir (1:600.000, editore Mal og
Menning), che indica anche se la strada è asfaltata
o no. Se non asfaltata, normalmente di tratta di fondo naturale
e ghiaia. E' importante mantenere una velocità adeguata
(non troppo piano nè troppo veloci) ed evitare le zone
di accumulo di ghiaia, soprattutto nei pressi dei solchi dovuti
al passaggio dei mezzi a 4 ruote e all'esterno delle curve.
La strada comincia a salire con delle belle
curve, in un paesaggio di selvaggia bellezza, con traffico
pressochè nullo (scusatemi se ripeterò questa
frase in seguito, ma vale per quasi tutta l'Islanda); peggiora
un po' il fondo, ma è ancora accettabile.Ad
un certo punto, però, ci dobbiamo fermare: una ruspa
sta "sistemando" la strada, spargendo sassi, terra
e ghiaia.Aspettiamo
un po' e poi l'addetto ci fa cenno di passare. Passare dove?!
Sulla terra! Sono un po' preoccupato, ma questa è l'unica
strada, quindi si "deve" passare. La moto scodinzola
un po', ma "digerisce" anche questo.
Lo sterrato continua, lungo la stretta valle
del fiume Skriddalur, incontrando più pecore che persone.Continuando
a salire, arriviamo infine a un bivio: a sinistra continua
la Ring Road (la strada n. 1), a destra la n. 939 che permette
di abbreviare il percorso di parecchi km.Dalla
mappa (e anche a vista) appare molto suggestiva, ma basta
il cartello che indica la pendenza (17%!) a dissuaderci.Non
è il caso di affrontarla con questo sterrato, sempre
più ghiaioso. E soprattutto non è il caso di
affrontarla con la Gold Wing; se non ricordo male il mio amico
Giorgio, nel suo viaggio in Islanda dello scorso anno, è
passato di qui, ma con una V-Strom 650. Anche Tomaz non ha
esitazioni, nonostante la mia proposta di percorrerla (lui)
con il GS per poi incontrarci a valle.
Continuiamo quindi a salire lungo la strada
principale, che però, per essere la principale dell'Islanda,
appare piuttosto malridotta.Ma,
dopo il valico (m 510), siamo premiati da un panorama spettacolare.
Per la prima volta in vita mia ammiro con piacere uno sterrato,
che disegna curve sinuose lungo una discesa, con lo sguardo
che spazia, libero, lungo la deserta valle fino al mare.
Affronto la discesa prudentemente: marcia bassa
ma non troppo, andatura lenta ma senza esagerare. La moto
sembra capire che questo sarà un viaggio diverso dal
solito: niente autostrada e tanto sterrato, al limite (e forse
oltre) delle sue possibilità. Ormai è già
tutta ricoperta dalla polvere e, fino al termine del viaggio,
sarà così.
Torna l'asfalto, dopo 41 km di sterrato (in
h 1.06, soste comprese: media km/h 37).
Dirigiamo quindi verso la vicina città
costiera di Breiddalsvik; interessante, subito a sud di quella
città, una spiaggia vulcanica, con la strada che l'attraversa,
su una sottile lingua di terra, dividendo la laguna dal mare
aperto.Continuando
verso sud, la strada aggira il fiordo di Berufjordur, mantenendosi
sempre lungo la costa, stretta tra il mare e le montagne.
In fondo al fiordo altri 8 km (6 minuti, km/h 73) di sterrato,
nel punto in cui la Ring Road si ricongiunge alla scorciatoia
di cui ho parlato prima.
Arriviamo infine a Djupivogur, dove ci rifocilliamo;
al porto noto i pontili alti, per compensare l'effetto della
marea.
Ripartiti, affrontiamo un breve tratto di sterrato
(km 3 in 4', km/h 45) lungo il mare, a mezza costa: comincio
a prendere confidenza con la ghiaia islandese (presente in
quasi tutti gli sterrati), ma la concentrazione è massima.
Ma il peggio deve ancora venire e, dopo pochi
km, cominciamo a vedere i segnali inequivocabili dell'avvicinarsi
di un altro sterrato, cioè la polvere sollevata dai
(pochi) veicoli davanti a noi.Anche
questo tratto è breve (km 5 in 14', km/h 21), ma è
il più impegnativo di tutta la Ring Road: la ghiaia,
abbondante e piuttosto grossa, porta a galleggiare con le
ruote, e le gomme della Gold Wing (come tutta la moto) non
sono certo nate per questo. Con mia grande meraviglia, però,
non mi trovo male e, anzi, do parecchio gas: non so, sinceramente,
se si tratta di acquisita sicurezza o di voglia di uscire
presto da questo tratto impegnativo, ma mi sento sereno, forse
anche per il magnifico selvaggio paesaggio che ho di fronte,
con la grigia montagna lavica che si tuffa nel mare azzurro,
con un cielo incredibilmente ancora quasi sereno.
Fatto sta che semino un esterrefatto GS (il
commento di Tomaz alla fine del tratto è un lapidario
"tu sei pazzo!") e, alla fine dello sterrato, mi
fermo ad ammirare il paesaggio.
Dirigiamo quindi verso Hofn, su un buon asfalto,e
attraversiamo un'altra spiaggia lavicae
la laguna di Lon.Sono
piuttosto frequenti queste lagune sulle coste islandesi, dovute
probabilmente alla grande quantità di detriti trascinati
verso il mare dai fiumi originati dai vicini ghiacciai. Adesso
siamo ormai vicini al più grande ghiacciaio islandese:
il Vatnajokull (oltre 8.000 km², il più grande
d'Europa).
Superata con un tunnel una punta rocciosa,
raggiungiamo Hofn, nel cui campeggio avevo inizialmente previsto
di pernottare. Dal faro, in mezzo alle due lagune di Hornafjordur
e Skardsfjordur, godo della splendida vista sulle numerose
lingue glaciali del Vatnajokull, che si protendono verso il
mare.E
qui prendo la prima decisione di "anticipare i tempi".
Visto che non piove (adesso il cielo non è sereno,
ma è comunque buono per gli standard locali), essendo
appena le 16.30, mi sembra stupido sprecare tempo fermandoci
qui; decido quindi di continuare, visitando il vicino Jokusarlon
e proseguendo verso ovest. Tomaz è d'accordo.
Dirigiamo quindi verso i vicini ghiacciai.Sono
molto emozionato: lo Jokusarlon è una delle mete "simbolo"
di questo viaggio, un posto di cui ho letto in tutte le guide
e i resoconti di viaggio; e ormai ci siamo. Quasi sfioriamo
le vicine lingue glaciali, che a volte terminano in ampie
lagune costiere,altre
in pianure alluvionali.
Ormai vedo la grande massa glaciale del Vatnajokull,
sotto un cielo minaccioso, ma ancora clemente.E
infine arriviamo allo Jokusarlon.Si
tratta di un lago costiero, originato dall'arretramento del
ghiacciaio Breidamerkurjokull (che è una propaggine
del grande Vatnajokull), pieno di iceberg, che si distaccano
in continuazione dal ghiacciaio e, dopo aver galleggiato sul
lago, arrivano fino al mare attraverso il breve emissario
Jokulsa. E' uno dei pochi posti al mondo (al di fuori delle
calotte polari) dove si possono vedere "nascere gli iceberg".
Per definire questo posto, mi viene in mente una sola parola:
magico.
Prendiamo quindi il ponte che, costruito nel
1967, consente di superare l'emissario, che prima (a causa
della variabilità del suo corso) costituiva un ostacolo
alle comunicazioni.Dal
ponte si possono vedere gli iceberg dirigersi verso il mare
aperto.
Continuiamo verso ovest e passiamo accanto
al ghiacciaio del Fjallsjokull.Proseguiamo
lungo il versante meridionale del Hvannadalshnukur, la più
alta montagna d'Islanda (m 2.110)e,
sempre costeggiando ghiacciai a brevissima distanza dalla
costa,
dopo aver superato un coraggioso ciclista, giungiamo
al ghiacciaio Skaftafellsjokull, ai cui piedi, nel parco nazionale
di Skaftafell, c'è un campeggio.
E' un posto spettacolare, con gli ampi prati
del campeggio con "vista ghiacciaio", così
vicino che sembra di poterlo toccare. E qui, sistemate le
tende, consumiamo la nostra prima cena in Islanda, completamente
immersi nella natura, di fronte al ghiacciaio, cucinandoci
da soli.
La prima giornata in Islanda è conclusa:
è andato tutto bene, abbiamo fatto più strada
del previsto (siamo quindi in anticipo sulla tabella di marcia)
e abbiamo visto posti meravigliosi.
|