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Sei in: MOTO - TRANSASIA: VIA DELLA SETA, MONGOLIA, SIBERIA - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNI 19-21
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TRANSASIA
Via della Seta - Mongolia - Siberia

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28.6.2009 - domenica - giorno 19
Karacuk (RUS) (8.45)+5 -
Zhuravlevo (SW Kemerovo)(18.55)+6
km 527, viaggio h 9.10, guida h 7.01

La mattina la Siberia si presenta nella sua veste classica: freddo e pioggia. Ero psicologicamente preparato a trovare fresco in questa regione, ma 8° alla fine di giugno!

Credo che non ci si possa rendere conto della vastità della foresta siberiana (la taiga), se non la si attraversa per un po’. E’ immensa; guido per ore (e per i giorni a venire), in mezzo ad essa; ogni tanto spazi aperti, pascoli, coltivazioni (frumento soprattutto), ma poi lei riprende, possente, onnipresente, tentacolare. Il vero polmone del pianeta. Ampi spazi liberi ai bordi della strada (qui lo spazio non è certo un problema) e subito dopo alberi, alberi e ancora alberi.

Dirigo verso Kemerovo, ma non intendo arrivarci oggi, se trovo una buona sistemazione prima. E la sistemazione arriva, nella forma di un tranquillo motel, in bella posizione sulla riva di un piccolo lago. Moto parcheggiata sul retro, ristorante interno, camera pulita, un migliaio di rubli (€ 23): quasi perfetto. Gli impiegati dell’albergo sono tutte donne. Ora che ci penso, direi proprio perfetto.

29.6.2009 - lunedì - giorno 20
Zhuravlevo (RUS) (8.08) [+6] -
Krasnoyarsk (RUS) (20.58) [+6]
km 742
viaggio h 12.50, guida h 9.55


30.6.2009 - martedì - giorno 21
Krasnoyarsk (RUS) (9.06) [+6] -
Tajset (RUS) (20.51) [+7]
km 422
viaggio h 10.45, guida h 6.33

Ad una sosta per il pieno, noto le antiquate colonnine di carburante: c’è solo un cerchio graduato, da 0 a 100, con una lancetta che indica la quantità di litri erogati (senza divisioni decimali, l’intervallo minimo è un litro). Nessuna indicazione del prezzo, che è calcolato direttamente del gestore, quando si va a pagare al solito “gabbiotto”. Infatti quasi tutte le stazioni di servizio in Russia hanno il cassiere protetto in una stanza, chiusa a chiave, con sbarre alle finestre, attraverso le quali si deve pagare in anticipo la quantità di carburante che si vuole acquistare. Solo dopo, il gestore dà l’ok al sistema e la pistola eroga il carburante.

Il sistema (adottato per evitare le rapine) risulta macchinoso e complesso, obbligando nel mio caso a un doppio passaggio alla cassa; infatti prima vado dal gestore per dire che voglio fare il pieno (e a volte non è semplice farglielo capire, perché loro sono abituati a ricevere richieste più semplici, tipo 100 rubli di benzina, oppure 500, 1.000 rubli e così via); in quella occasione gli lascio del denaro sicuramente superiore a quello che spenderò. Poi faccio il pieno; a questo punto prendo nota di quanto ho speso (o dei litri, se, come in questo caso, la colonnina non indica i rubli) e torno alla cassa per ritirare il resto. Generalmente danno anche una ricevuta.

Oltre alla perdita di tempo, questo sistema comporta anche l’aumento fastidioso di monete nelle mie tasche; infatti se p.e. ho lasciato una banconota da 500 rubli (sufficiente per 25 litri di benzina, quindi superiore alla capacità del mio serbatoio che è di 23,8 litri) e poi verso benzina per 401 rubli (io faccio sempre il pieno, non preccupandomi della spesa, ma solo dei litri; inoltre a volte, come scritto, la colonnina non mostra i rubli, ma solo i litri), quando tornerò al cassiere lui dovrà darmi 99 rubli, in gran parte in moneta! Dopo pochi pieni, mi ritrovo quindi appesantito da numerose monete, che non so più dove mettere e mi danno molto fastidio.

Qualche volta provo, quando torno alla cassa per prendere il resto e il cassiere mi comunica la somma spesa, a dargli delle monete per permettergli di fare cifra tonda col resto (nel caso citato ad esempio basterebbe dargli 1 solo rublo e lui mi restituirebbe una semplice banconota da 100 rubli, invece di 99 in monete), ma il cassiere rifiuta, perché è abituato così: il cliente gli dà le banconote, lui digita nel computer la somma ricevuta, il computer sottrae la quantità di carburante versata, calcola automaticamente il resto e stampa la ricevuta che consegna al cliente. Capisco i loro problemi, ma, cavolo, un po’ di flessibilità e buon senso! Ma flessibilità e buon senso spesso non albergano in Russia, soprattutto nei suoi retaggi sovietici più profondi, come questo.

Esasperato dal continuo aumento di monete nelle mie tasche (per un motociclista è molto antipatico, perché non ha una comoda auto con tanti comodi portaoggetti a disposizione, né vestiti ampi dove riporre le monete), una volta sono partito all’attacco: ormai è una questione di principio, voglio vedere se vince il “sistema” oppure il singolo; voglio essere il sassolino che fa inceppare la catena!

Vado alla cassa e, invece di dare soltanto la solita banconota da 500 rubli, gli consegno anche una manciata di monete, senza nemmeno contarle davanti a lui (lo avevo fatto prima), così, “a peso”, come a dire: “vuoi che io mi adegui al tuo ridicolo sistema di pagamento, bene, adesso contatelo tu questo mezzo chilo di monete!” Non vi dico la faccia della cassiera (sono generalmente donne). Ma non indugio a guardare la sua faccia, le volto la schiena e vado alla moto: lei per un po’ mi grida qualcosa dietro, la ignoro e impugno la pistola (della benzina). Il carburante non arriva: evidentemente la cassiera ancora non ha dato il via, forse sta ancora contando le monete, forse non accetta il mio modo di fare. Comincia a formarsi fila dietro di me: resto immobile, sguardo deciso verso la cassiera che, dietro le sbarre, vedo si agita un po’. Non mi muovo, se vuole venga lei qui, a spiegare le sue ragioni (ma è difficile, per motivi di sicurezza, che lasci la sua “gabbia”). Alla fine la benzina arriva e faccio il pieno. Vado alla cassa e finalmente questa volta torno alla moto con meno monete di quante ne avevo inizialmente, perché la somma “dispari” ovviamente la cassiera la deve prelevare dalle monete che le ho dato prima. Il suo sguardo ha stampato un “non farti più vedere qui”; rispondo con un altrettanto chiara espressione da “non ci tengo proprio, io vado per la mia strada”.

Bene, adesso che mi sono tolto questo sassolino, ora che ho dimostrato al sistema che, se si vuole, è il sistema che si deve adeguare alle esigenze del singolo e non viceversa, posso continuare. Non mi interessa fare la guerra a tutti i benzinai di Russia, per il resto del viaggio posso sopportare il loro antiquato sistema di pagamento, le loro numerose monete di resto; le sbolognerò alla prima occasione utile.

Uscito da Kansk, affronto il tratto peggiore della strada in Russia: 115 km tra Kansk e Tajset di sterrato, quasi continuo (c’è qualche breve tratto asfaltato, ma talmente rovinato e pieno di buche da far quasi rimpiangere lo sterrato); scalo le marce, rallento e, con calma ed attenzione, lo affronto (4 h 10’, alla media di 27 km/h, comprese le soste per “prendere fiato”). E’ un tratto in cui la strada asfaltata non l’hanno mai costruita e quindi la via è rimasta così, a fondo naturale. Ci sono dei lavori in corso e qualche tratto sembra quasi pronto, quindi forse, tra qualche anno, anche questa parte sarà percorribile sul comodo asfalto, ma, per ora …

La strada è davvero impegnativa: terra in abbondanza, che la pioggia ha trasformato in fango; infatti oggi ha piovuto e ogni tanto riprende ancora a piovere, complicando la già non semplice situazione. Buche ovunque, piene d’acqua e quindi ancora più pericolose: non vedo il fondo delle torbide pozze. Dove la terra sembra compatta, spesso è invece scivolosa come sapone e devo procedere con mille cautele, impugnando fermamente lo sterzo, ma spostandolo con molta delicatezza e dosando con attenzione gas e freni (questi ultimi solo quando proprio indispensabile).

Arrivo infine a un passaggio (in un villaggio, dove spesso la strada peggiora ancora) che sembra quasi insuperabile, per la quantità di terra fresca e soprattutto per i profondi solchi scavati dalle auto e dai numerosi TIR. Mi fermo, abbasso il cavalletto e, incurante del traffico (perché c’è pure quello, essendo l’unica strada della regione) che fluisce in modo disordinato intorno a me (a sinistra e a destra indifferentemente), mi guardo intorno. Sembra che ci sia un varco forse percorribile dalla mia moto, sul lato sinistro della carreggiata, dove però stanno transitando dei TIR: non c’è problema, mi dico, adesso passo di lì. Metto la freccia e punto deciso a sinistra, in rotta di collisione col primo TIR; lampeggio; lui risponde al lampeggio. Ci avviciniamo; ormai siamo a pochi metri, in perfetta rotta di collisione e ognuno prosegue per la sua strada. Bene, adesso! Mi fermo, abbasso il cavalletto e spengo il motore; resto in sella e saluto il camionista di fronte. Non servono parole, il messaggio è chiaro: questo è l’unico posto di questo schifo di strada dove posso passare, io di qua non mi sposto; scegliti un’altra traiettoria, tu puoi. Il russo esita un po’, poi vedo che fa manovra e sposta il bestione sull’altro lato della strada, contromano come me. Saluto e ringrazio con la mano; gli altri TIR lo seguono.

Adesso tocca me; avvio la moto e, dolcemente, riparto; prima, seconda, gas: la moto scodinzola, protesta, morde il terreno per quanto può con le sue stradalissime gomme, cerco di tenerla il più dritta possibile, contrasto col mio peso le sbandate, non tocco i freni e finalmente supero questo tratto micidiale.

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