TUNISIA
Il deserto vicino
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29.3.2008 - sabato - giorno
6
Tamerza (8.08) - Tunisi (19.47)
Km 585, viaggio h 11.39, guida h 8.10
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La seconda notte in tenda in un
oasi trascorre tranquilla.
La mattina, dopo aver fotografato
la mia moto che sembra essersi messa in posa sotto una palma
come il logo della mia rivista preferita,parto
verso nord.
La tappa oggi prevede l'attraversamento
di tutta la parte nordoccidentale della Tunisia, attraverso
la catena montuosa dell'Atlante.
Inizialmente per la verità,
punto verso est, verso Gafsa. Il paesaggio è ancora semidesertico,
ma reso vario delle montagne attraversate.Il
traffico quasi nullo e il buon asfalto permettono di apprezzare
anche la "guidabilità" della strada.
Dopo l'oasi di Gafsa, la strada
piega decisamente verso nord. Da questo punto, ogni km percorso
in quella direzione, il paesaggio diventa sempre meno arido
e i campi coltivati aumentano, grazie alle precipitazioni
maggiori che aiutano l'agricoltura.
Le
strade sarebbero buone, se non fosse che spesso ne trovo
alcune in completo rifacimento, con conseguente abbondanza
di polvere, terra e sassi.Attraverso
diverse città, come Ferianae
Thala,poste
a notevole quota (Thala è a m 1.017)
.
Proprio in quest'ultima città
accade un episodio che poteva avere conseguenze più gravi.
Mi fermo all'ingresso della città per scattare la foto
sopra indicata. Come potete notare dalla foto, la strada
è in discesa. Moto sul cavalletto laterale, manubrio tutto
a destra, marcia bene inserita: tolgo i guanti e scatto.
Poi decido di fare anche una breve ripresa con la videocamera,
che è montata, come al solito, nella custodia
stagna sulla moto (per effettuare riprese in viaggio).
Per prenderla devo quindi aprire lo sportello della custodia,
che però è bloccato dal manubrio della moto (girato tutto a
destra, a causa della discesa), e precisamente dalla leva della
frizione (posta, appunto, sul lato sinistro).
E, in questa circostanza, qual è la cosa più stupida che un
motociclista possa fare? Quella che faccio: per poter aprire
lo sportello, tiro un po' la leva della frizione, con l'ovvia
conseguenza e 5 quintali di moto si spostano qualche cm in
avanti (lungo la discesa) e, prima che mi possa render conto
di quello che sta accadendo, mi ritrovo la moto per terra,
anzi, per la precisione, sul mio piede destro!
Appena resomi conto dell'accaduto
(e dell'enorme stupidaggine commessa), cerco di raddrizzare
la moto, ma non ce la faccio perchè il mio piede
destro è
rimasto sotto, e quindi non riesco a girarmi. Immediatamente
arrivano frotte di ragazzini (che non mancano mai, ad ogni
arrivo in un paese) che cercano di aiutarmi tirando su la
moto. Li blocco con urla e gesti, per evitare che possano
fare danni (sulla Gold Wing, se non prendi l'appiglio giusto
per rialzarla, puoi staccare qualche pezzo della
carrozzeriia, di plastica). Finalmente riesco a girarmi un
po' e, con l'aiuto dei ragazzini cui intanto do precise
disposizioni sui "punti
di presa" sulla moto, raddrizzo la Gold Wing.
A questo punto,
mi guardo in giro e noto che la fotocamera, una volta aperto
lo sportellino (causa della caduta), è scivolata
via dalla custodia e poi ... è sparita! Me l'hanno
rubata.
Immediatamente
chiedo conto della telecamera ai ragazzini, promettendo (non
si dovrebbe fare, ma voglio ritrovarla al più presto)
una ricompensa di 20 dinari (10 €) a chi me la riporta.
Noto che
gli adulti presenti si dimostrano molto contrariati del
furto, e rimproverano aspramente i ragazzini presenti (dei
quali comunque, probabilmente uno solo è il colpevole).
Per farla breve, lascio la
moto lì, con la sorveglianza di due adulti, e vado in giro
per il paese con il gruppo di ragazzini, dei quali uno mi
dice che sa chi è stato. Ad un certo punto incontro il fratello
maggiore di questo che lo rimprovera molto aspramente (praticamente
lo prende a calci) e, da quel che capisco, lo "convince"
a dirmi chi è stato.
Torno quindi alla moto col
gruppo e, dopo pochi minuti, un ragazzino, a testa bassa,
si avvicina, apre la giacca e ... mi restituisce la mia fotocamera.
A quel punto noto però che mancano anche i guanti
(li avevo poggiati sulla moto per scattare la foto); chiedo
in giro anche questi (10 euro li do per tutto o niente);
si mostrano un po' incerti, ma dopo un po' ne salta fuori
... uno! Insisto: che ve ne fate di un solo guanto? E, dopo
altri 5 minuti, arriva anche il secondo guanto.
E' finita bene: tutto si è
risolto in meno di un'ora di perdita di tempo. Ma, a pensarci
bene, non considero nemmeno questo tempo perso. Credo infatti
di aver imparato qualcosa (oltre ovviamente a non tirare
mai la frizione della moto parcheggiata in discesa!).
Mi sono infatti reso conto
(almeno questa è la mia impressione) che, a parte che, comunque,
un furto del genere può avvenire un qualunque paese del mondo
(una telecamera caduta da una moto è una tentazione molto
forte per un ragazzino), gli adulti di quel paese erano davvero
rimasti male per il furto da me subito, e si sono dati da
fare perchè recuperassi la mia telecamera, redarguendo severamente
i ragazzini. Questa impressione è stato confermata (per quanto
possa essere in un viaggio di pochi giorni) dal resto della
mia esperienza in Tunisia, dove ho trovato sempre grande
disponibilità da parte della gente del posto, e non mi sono
mai sentito "in pericolo".
Comunque, in viaggio, dovunque,
vale sempre il consiglio di non lasciare mai valori incustoditi.
Risalito in moto, continuo
verso nord. La prossima sosta è la Table de Jugurta,
una spettacolare montagna (m 1.271) dalla sommità piatta,
che prende il nome da un re della Numidia del II sec. a.C.,
sconfitto dai Romani.
Per raggiungerla devo compiere
una deviazione di 30 km dalla strada principale, ma ve vale
assolutamente la pena.
A proposito della deviazione,
anche qui mi rendo conto che alcune zone della Tunisia presentano
qualche cautela da adottare in più. La deviazione
verso le Table de Jugurta porta a pochi km dalla frontiera
con l'Algeria, frontiera che anche qui è poco più di
un segno sulla carta, senza vere barriere naturali. Al momento
in cui giungo all'incrocio dove abbandono la strada principale,
noto la solita pattuglia della polizia (presente in molti
incroci) che però in questo
caso prende buona nota del mio passaggio (senza nemmeno fermarmi).
All'arrivo al paese, un altro poliziotto controllerà la
mia presenza e la riferirà ai colleghi al momento
in cui ripartirò da lì per tornare alla via
principale: un turista entrato, uno uscito. Come per dire: "non
ne abbiamo perso nessuno".
Ricordo infatti che, pochi giorni fa, in queste zone una
coppia di turisti inglesi (in auto fuoristrada) è stata
rapita da terroristi di Al Qaida, infiltratisi dall'Algeria.
Sono ancora a diversi km dalla
Table de Jugurta, ma già si vede, inconfondibile,
con quell'ampio pianoro sulla sommità.Arrivo
infine al paese che sorge alla base della montagna, Kalaat
Es Senan.Da
qui comincia la salita, prima asfaltata,poi
sterrata.Il
panorama è spettacolare: lo sguardo spazia libero
fino alla vicina Algeria e sulle montagne vicine tutto intorno.
Devo però pensare anche alla strada e alle limitazioni
intrinseche della mia moto: aver fatto pochi mesi fa lo sterrato
dell'interno dell'Islanda non mi autorizza a continuare
impunemente, su una strada che diventa sempre più dissestata.
Fermata la moto, continuo
qualche metro a piedi per vedere com'è la situazione
dietro il prossimo tornante: non buona, ma posso ancora continuare,
almeno un po'. Un amico in Italia mi ha detto che posso arrivare
in moto fino in cima, ma preferisco controllare certe informazioni,
anche perchè lui ha un enduro, io no di certo. I locali
mi danno indicazioni contrastanti, decido quindi di continuare
finchè quello che vedo mi dà un minimo di sicurezza. Ormai
sono a pochi metri dalla cima, ma
la strada diventa davvero impossibile e, in caso di caduta,
data la notevole pendenza, rischierei davvero di provocare
seri danni alla moto, oltre che di farmi male. Mi fermo qui.
Incontro un gruppetto di ragazzi
che stanno scendendo, che mi confermano che dopo la strada
peggiora ancora. Quota 1.050, circa 200 metri sotto la cima.
Ma è comunque un posto spettacolare.
Inevitabile foto di gruppo
con i ragazzi.
Girata la moto (non senza
difficoltà, vista la precaria posizione), comincio
la discesa, prudentemente,fino
a tornare al sicuro asfaltoe
al paese di Kalaat
Es Senan.
Qui mi ristoro, festeggiando
lo scampato pericolo dello sterrato con un buon pranzo (per
i soliti pochi euro): nei minuti in cui sono fermo a mangiare
una piccola folla si raduna intorno alla moto, che è bersaglio
di continue foto (i telefonini con fotocamera integrata
sono arrivati anche qui, e diversi ragazzi li sfoggiano).Ricevo
anche la visita del poliziotto del paese, che discretamente
si assicura che tutto proceda bene, comunica la mia partenza
ai colleghi incontrati prima sulla strada principale e mi
scorta (lui su un motorino, quindi rallento per non lasciarlo
indietro) fuori dal paese.
La strada continua veloce
verso nord, attraverso un paesaggio ormai decisamente più
verde, ricco di campi coltivati.
Passo da El Kef,vicino
all'antica città romana di Dougga e
infine, dopo Tesour, imbocco l'autostrada (gratuita) verso
Tunisi, gradita perchè ormai si è fatto tardi
e il sole sta per tramontare.
A Tunisi ho qualche difficoltà
a trovare la strada per il porto (La Goletta, la segnaletica
non è il massimo della precisione), ma, dopo qualche giro
vizioso, ci arrivo e mi presento all'imbarco con un buon
anticipo.
Stavolta nessuna sorpresa:
la nave c'è e quindi domattina sarò in Italia. Nell'attesa
del traghetto, trovo molti fuoristrada (auto e moto) che
rientrano in Italia.
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