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Sei in: MOTO - TUNISIA - DIARIO DI VIAGGIO - GIORNO 5
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TUNISIA
Il deserto vicino

28.3.2008 - venerdì - giorno 5
Ksar Ghilane (7.04) - Tamerza (18.46)
Km 505, viaggio h 11.42, guida h 7.14


La prima notte in tenda nel deserto è passata tranquilla. Non ho pensato a quello che ho letto nelle guide (presenza di serpenti e scorpioni velenosi nelle aree desertiche.

Sono esaltato da questo mio campeggiare nel deserto e sono contento di aver portato con me la tenda anche in questo viaggio, dopo che, in un primo momento, vista l'economicità degli alberghi in Tunisia, avevo pensato di lasciarla a casa. Ma campeggiare in tenda non è solo una questione di costi, è anche una scelta di libertà; è il potersi fermare, ovunque, senza dover dipendere da nessuno. E' il completamento ideale (secondo me) di un viaggio in moto.

Il campeggio è abbastanza frequentato, ma non può certo dirsi affollato; diversi camper, pochissime tende; molti fuoristrada, nessuna moto.

L'unica preoccupazione della notte è stata per la mia cartina da serbatoio, che mi sono accorto di aver perso ieri sera, mentre ero diretto al campeggio. Ricostruendo i miei movimenti e controllando le foto appena scattate, mi ero reso conto che, tolta la cartina per fare benzina, l'avevo lasciato poggiata sul bauletto, perdendola quindi nei due km di pista sabbiosa percorsi per giungere al campeggio.

Il gentilissimo addetto al campeggio mi fa la bellissima sorpresa di riportarmela questa mattina, dopo averla fatta cercare lungo il percorso!

A Ksar Ghilane è interessante da vedere il forte, situato a pochi km (verso il deserto), e raggiungibile con dei fuoristrada con delle guide del posto.

Uscito dal campeggio affronto nuovamente i due km di sabbiaper tornare al villaggioe alla strada.

Oggi la tempesta di sabbia è finita e affronto tranquillamente i 70 km per tornare sulla via principale. Guardo a lungo le dune del deserto accanto a me, lungo la strada ... deserta.Noto anche delle specie di siepi, costruite sulla sommità della dune, forse per proteggere la strada dalla sabbia.

Tornato sulla via principale, dopo aver evitato qualche cammello che, incurante dello scarso traffico, attraversa la strada,dirigo verso Douz, lungo un tratto semidesertico.

Ed infine eccola, l'oasi di Douz, con le sue 300.000 palme produttrici di ottimi datteri.Ma non è ai datteri che penso adesso, bensì alla famosa "porta del deserto"; mancando indicazioni, chiedo in giro e ben preso la trovo, subito alla fine dell'oasi.

E' una porta "sul nulla". La strada finisce davanti ad essa e, affacciatisi dall'altra parte, si è ... "nel Sahara"; direttamente, senza transizione.

Sul "lato deserto", sono presenti delle gradinate, probabilmente per accogliere gli spettatori in occasione di spettacoli.Un gruppo di cammelli a pochi metri.Davanti a me comincia l'immensità del nulla; niente strade oltre questo punto.Guardo davanti a me e penso a quanto ancora ho da esplorare su questa Terra, quanti luoghi che non potrò mai raggiungere, ma che mi accontento di vedere almeno un po'. E penso a quanti posti ancora, per fortuna, possono essere definiti "deserti".

Mi dirigo quindi verso il centro della città,fermandomi nella piazza principale, attorniata da negozi.

Uscito da Douz, punto verso nord; attraverso distese semidesertiche, punteggiate di alcune oasi;a un certo punto vedo una pattuglia di polizia: mi fanno cenno di fermarmi, ma non è per un controllo. Infatti, al mio cenno di mostrare i documenti, se ne disinteressano completamente. Vogliono solo chiacchierare, e ammirare la moto. Anche loro sono in moto. Sono estremamente cordiali e facciamo anche una foto ricordo.

 

Continuo verso nord-ovest e mi avvicino al grande lago salato dello Chott el Jerid. Si tratta di un'ampia superficie (lungo circa 150 km da ovest e est e largo 70), una volta occupata da un lago, adesso quasi completamente secca. Una crosta di sale lo ricopre, interrotta in qualche punto da pozze salmastre.

La strada lo attraversa con un lungo rettilineo di 50 km, leggermente rialzato rispetto alla sua superficie. E' impressionante vedere questa vasta distesa perfettamente piatta, senza nessun segno di vita, per decine di km tutto intorno. A nord, lungo l'orizzonte, cominciano a vedersi le montagne dell'Atlante, presagio della montuosa parte settentrionale della Tunisia che mi accingo ad esplorare, dopo due giorni nelle regioni del sud.

Qualche spartano bar lungo la strada.Quando attraverso regioni così inospitali e prive di risorse, penso a cosa significava viaggiare prima, senza i potenti mezzi della tecnologia odierna; cosa voleva dire percorrere questi territori a piedi, o anche solo a cavallo. Oggi, in pochi minuti o al massimo in qualche ora, posso attraversare un paese; prima, le distanze si misurava in giorni.

Ad un certo punto compaiono delle pozze salmastre, dovute soprattutto alla presenza del terrapieno della strada, che impedisce la circolazione superficiale sotto lo strato di sale.

Finito lo Chott el Jerid, riprendono le oasi.Arrivo quindi a Tozeur.

Interessanti a Tozeur i muri degli edifici (dalla moschea alla semplice abitazione) sui quali i mattoni sporgenti disegnano come dei merletti.

A ovest di Tozeur c'è Nefta: vale certamente la deviazione, per la sua eccezionale oasi, davvero unica. Infatti è posta sotto il livello del terreno circostante (catino della Corbeille) e quindi è possibile ammirarla all'interno della città, dall'alto.

Arrivato a Neftaentro in città e cerco il passaggio verso l'oasi; non chiedo indicazioni e tiro un po' a indovinare, puntando dritto verso sud. Mi ritrovo così, nel centro storico della città, in mezzo a vie sempre più strette, al punto che, ormai, non posso più fisicamente girare la moto e tornare indietro.Per fortuna dopo un po' arrivo ad uno slargo, da dove posso ammirare il catino della Corbeille, con l'oasi.Bellissimo. L'oasi si estende alcuni km oltre la città ed è l'ultima prima del confine con l'Algeria: è bello girare per le sue tranquille vie.

Girata la moto, mi rituffo nelle viuzze del centro, e riesco a venirne fuori.

Dopo Nefta dovrei tornare verso Tozeur e poi a nord, verso le montagne dell'Atlante. Ma non voglio ancora lasciare le regione dell'arido sud e inoltre mi attira l'idea di dirigermi verso l'estremo ovest, vicino alla proibita Algeria. Poche settimane fa in queste zone sono stati rapiti alcuni turisti inglesi col loro fuoristrada. E infatti questa zona è considerata pericolosa, a causa delle infiltrazioni dei terroristi islamici dall'Algeria, che è oltre un vicino confine segnato solo sulla carta, ma in pratica, deserto.

Decido quindi di dirigermi verso il confine; noto che in questa zona i controlli di polizia diventano ben più stringenti che nel resto del paese. Subito dopo Nefta un posto di blocco mi ferma e mi controlla (seriamente) i documenti. Mi chiedono dove sono diretto e io rispondo che vado a ovest, verso il confine, finchè possibile: poi tornerò indietro. Non so se hanno capito, ma comunque mi fanno passare.

La strada per il confine attraversa un territorio ai limiti del deserto. Dopo l'oasi di Neftala sabbia la fa da padrona.A Hezoua (uno di quei posti in cui mi pongo la domanda: ma la gente qui di cosa vive?)raggiungo il posto di frontiera con l'Algeria. Arrivato alla sbarra di confine, dietrofront.Ma ci sarà un giorno in cui si potranno superare senza problemi tutte queste frontiere?

Tornando verso Nefta, noto, ai lati della strada, delle siepi o recinzioni: serviranno a proteggere dalla sabbia del deserto o come recinti per cammelli?

Ripassato da Tozeur,dirigo verso nord, verso le montagne. Sulla strada mi imbatto in un'altra tempesta di sabbia,superata comunque senza grossi problemi. Sono gli ultimi "attacchi" del deserto: ormai sono vicino alle montagne e ben presto arrivo alle prime "oasi di montagna" (Chebika). La strada quindi comincia a salire, in un paesaggio ancora desertico.

Poco a sud di Tamerza, un'oasi particolare; al suo interno, infatti, c'è una cascata.E' davvero piena di sorprese l'area desertica della Tunisia, con le sue numerose oasi e ora questa, con al suo interno addirittura una cascata!

Nell'oasi di Tamerza c'è un campeggio; dopo averlo trovato, visto che ancora mancano tre quarti d'ora al tramonto, decido di andare nella vicina Mides, dove c'è un'altra oasi di montagna e (forse) un campeggio. Se non lo troverò potrò sempre tornare qui per passare la notte.

Nella luce del sole ormai basso, salgo tra le montagne al confine con l'Algeria: non c'è nessuno, la strada è tutta per me.Ma anche qui (come più a sud stamattina), i controlli della polizia si fanno più stringenti. Ad un incrocio, infatti, mi fermano ad un posto di blocco e controllano con attenzione i documenti. Sono sempre molto gentili; capisco che lo fanno per controllare eventuali infiltrazioni di terroristi islamici dall'Algeria, mai vicina come adesso. Infatti sono ad appena un km dal confine, confine che, qui, in pratica non esiste, essendo solo montagne e deserto, quindi facilmente "permeabile".

Saluto i poliziotti ed entro a Mides, con la sua oasi di montagna.Nella piazza accanto all'oasi una persona si offre di accompagnarmi per visitare i dintorni, ma è troppo tardi ormai, col sole che sta per tramontare.Scopro che il campeggio è stato chiuso l'anno scorso, a causa della scarsità di turisti.

Peccato: è un bel posto per passare la notte, in quest'oasi tra le montagne. Vuol dire che tornerò a Tamerza.

Il sole infuoca le montagne mentre scendo a Tamerza, affrettandomi per giungervi prima del buio ormai imminente.

A Tamerza il campeggio è il più piccolo che abbia mai visto: praticamente il giardino di un'abitazione! Mi accolgono comunque con cortesia e curiosità.Viste le scarse risorse del posto (nonostante l'insegna Camping-Restaurant-Cafè), mi cucino da solo.

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