E’ arrivata.
Oggi, giungendo in ufficio, ho
trovato acqua (come negli ultimi 10 giorni) e un forte
vento di scirocco.
Prudenzialmente, parcheggiata la
moto, ho abbassato il parabrezza e non ho messo il telo
coprimoto, per offrire meno resistenza al vento.
E la giornata, infatti, era brutta
davvero. Il cielo era completamente coperto dalle nubi:
grosse, scure e minacciose.
Poi, nella mattinata, il cambio,
improvviso, radicale: il vento salta di 180° e passa
dallo scirocco (sud-est) al maestrale (nord-ovest).
Adesso vedo le barche dalla finestra,
ormeggiate in porto, che mentre prima offrivano un fianco
al vento, adesso lo ricevono in pieno sul fianco opposto.
E vedo la mia moto, parcheggiata
sotto, tremare un po’, ricevendo il vento quasi
completamente sul fianco destro, saldamente appoggiata
al cavalletto laterale.
I lampioni oscillano, i manifesti
si strappano, le impalcature montate per la sfilata
dei carri di carnevale (che avrebbe dovuto tenersi oggi
e che, ovviamente, non si terrà) vibrano.
Arriva infine anche l’acqua,
violenta, sferzante, implacabile. Sbatte sulle ampie
vetrate della mia stanza e riduce di molto la visibilità.
Io sono al sicuro, dentro l’ufficio,
protetto da vetro e cemento; al riparo dal vento, difeso
dall’acqua, riparato dal freddo.
Eppure, mi pervade una strana sensazione.
Penso a lei, lì sotto, sola, in attesa. E penso
a come sarebbe, adesso, cavalcarla nella tempesta, affrontare
gli elementi scatenati; sfidare il vento, fendere l’acqua.
Stasera sarà “divertente”
rientrare a casa in moto.
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