Oggi, nel solito
percorso casa-ufficio, ho sentito freddo.
Non bastava l’ampia
carenatura, né l’aria calda che filtrava
dalle bocchette, e nemmeno le manopole riscaldate.
Il freddo lo sentivo,
anche perché, come mio solito, indossavo il consueto
giubbotto di pelle e i jeans (entrambi non imbottiti).
Ma oggi, quando ho visto il termometro della moto segnare
insolitamente “meno”, il freddo lo sentivo.
La prima reazione
è stata di accelerare, poi, però, con
calma, ho ripreso il controllo e ho cominciato, pian
piano, ad abituarmi.
Mi sono concentrato
sulla guida, sulla moto, sul paesaggio. Ho guardato
i segni del gelo che la notte aveva lasciato sui campi.
E ho cominciato
ad apprezzarlo, il freddo. Ho cominciato ad apprezzare
una delle caratteristiche dell’andare in moto:
avere freddo quando fa freddo e caldo quando fa caldo.
Perché
è anche questo che ci differenzia dagli automobilisti:
noi il clima lo “viviamo”, non ci limitiamo
a vederlo. E non c’è carenatura o abbigliamento
che tenga: quando fa freddo si sente (chi più
chi meno) e quando il sole picchia non c’è
giubbotto traforato che tenga.
Non posso certo
paragonarmi a chi, lì al nord, fa i suoi giri
in questa stagione con meno 17°, ma il principio
è lo stesso.
Copriamoci pure:
giacche, riscaldamenti vari, carenature. Ma apprezziamo,
sempre, il sentire il clima su di noi. In questa società
in cui ci spostiamo da un ambiente climatizzato all’altro
(casa, ufficio, mezzi di trasporto, centri commerciali),
godiamo di questa libertà, di questo “privilegio”.
Domani però
per andare in ufficio mi copro un po’ di più.
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