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Oggi, nel solito percorso casa-ufficio, ho sentito freddo.

Non bastava l’ampia carenatura, né l’aria calda che filtrava dalle bocchette, e nemmeno le manopole riscaldate.

Il freddo lo sentivo, anche perché, come mio solito, indossavo il consueto giubbotto di pelle e i jeans (entrambi non imbottiti). Ma oggi, quando ho visto il termometro della moto segnare insolitamente “meno”, il freddo lo sentivo.

La prima reazione è stata di accelerare, poi, però, con calma, ho ripreso il controllo e ho cominciato, pian piano, ad abituarmi.

Mi sono concentrato sulla guida, sulla moto, sul paesaggio. Ho guardato i segni del gelo che la notte aveva lasciato sui campi.

E ho cominciato ad apprezzarlo, il freddo. Ho cominciato ad apprezzare una delle caratteristiche dell’andare in moto: avere freddo quando fa freddo e caldo quando fa caldo.

Perché è anche questo che ci differenzia dagli automobilisti: noi il clima lo “viviamo”, non ci limitiamo a vederlo. E non c’è carenatura o abbigliamento che tenga: quando fa freddo si sente (chi più chi meno) e quando il sole picchia non c’è giubbotto traforato che tenga.

Non posso certo paragonarmi a chi, lì al nord, fa i suoi giri in questa stagione con meno 17°, ma il principio è lo stesso.

Copriamoci pure: giacche, riscaldamenti vari, carenature. Ma apprezziamo, sempre, il sentire il clima su di noi. In questa società in cui ci spostiamo da un ambiente climatizzato all’altro (casa, ufficio, mezzi di trasporto, centri commerciali), godiamo di questa libertà, di questo “privilegio”.

Domani però per andare in ufficio mi copro un po’ di più.

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                                     dal 12.2.2007