Oggi ho fatto
un giretto in moto, prima di lasciarla per una settimana
(vado a sciare), circa 700 km quasi senza meta (dovevo
sfogarmi altrimenti avrei rischiato la crisi di astinenza).
Dopo aver percorso
un bel pezzo di Basilicata, poiché era ancora
presto, mi sono spinto verso mia solita litoranea salentina,
percorsa tante volte, ma sempre bella.
La pioggia era
finita, la strada in discrete condizioni, arrivato a
Santa Maria di Leuca stacco il cruise control e comincio
a tirare un po’, risalendo verso Otranto.
Mi sembra di essere
appena partito, non sento minimamente le 7 ore e i 600
km già percorsi e affronto le curve con entusiasmo.
Fino a Capo d’Otranto.
Mi avvicino infatti
al punto più orientale d’Italia, un breve
sguardo al telefonino sul manubrio che, come al solito,
si sintonizza sulla rete telefonica greca, e affronto
la curva: la curva più orientale d’Italia,
sulla strada più orientale, nel punto esatto
più a est, di fronte al capo e al faro.
I salentini come
Bazu e Mikello conoscono bene quella curva a sinistra:
la strada piega di oltre 90°, sembra quasi di tornare
indietro, passando dal versante sud a quello nord del
capo.
Una curva dall’asfalto
buono, costante, affrontabile a velocità certo
superiori a quelle del codice.
Scendo in piega,
moderata, ma decisa: sono in quinta, in piena accelerazione,
ormai a metà curva; una curva cieca.
Un auto di fronte
a me! Sta superando un trattore che ovviamente va pianissimo:
il trattore è molto largo e l’auto è
per la maggior parte della sua larghezza oltre la striscia
continua.
Anche la mia moto
è larga: non sono sicuro che ci sia abbastanza
spazio per tutti e tre! Ma, per fortuna, l’auto
è abbastanza lontana, non ho nemmeno la necessità
di frenare e l’auto rientra nella sua corsia.
Mantengo la piega
e continuo ad accelerare, senza variare l’assetto.
Un’altra
auto! Questa proprio non me l’aspettavo! Sta compiendo
la stessa manovra della precedente, ma adesso ormai
non c’è più spazio per completare
il sorpasso.
E non c’è
spazio nemmeno per me per frenare: non in condizioni
di sicurezza, almeno; potrei sbandare e finire fuori
strada, sui sassi e le rocce.
Vedo che l’auto
non fa nulla, non accelera e non frena, nemmeno accosta
verso il trattore; probabilmente il guidatore è
terrorizzato e non sa cosa fare.
Io ormai ho deciso.
E’ un attimo, decido di infilarmi, dovrei farcela.
Raddrizzo impercettibilmente
la moto, non freno, e mi butto nello spazio tra l’auto
e il bordo della carreggiata.
Lo specchietto
sinistro dell’auto sibila sotto lo specchietto
sinistro della moto. Le mie gomme lambiscono la terra.
Sono passato.
Continuo, non mi
fermo. Nella mente si affaccia un pensiero, uno solo:
però, in fondo, quello non sarebbe stato un cattivo
posto per morire. La curva del punto più orientale
d’Italia, lungo la mia “strada del cuore”,
percorsa tante volte.
Mi sorprendo io
stesso del mio pensiero, ma questo è stato.
Comunque, qualunque
sia il punto dove avverrà, quello non era il
mio momento: non ancora.
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